giovedì, Novembre 21, 2024
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“Arte culi ‘n aria”, dal “ricettario biografia” di Umberto Riva l’ottava ricetta vicentina: ‘l formaio (coi bai o ‘a poenta), una passeggiata ecologica

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Arte culi 'n aria
Arte culi ‘n aria

“Arte culi ‘n aria“ è il titolo di una serie di.. articuli così come li ha scritti (l’ultima pubblicazione di quello che ripubblichiamo oggi è del 2 novembre 2019, ndr) Umberto Riva per te che nel piacere della tavola, vedi qualcosa di più: gli articoli sono raccolti insieme alla “biografia” tutta particolare del “maestro” vicentino Umberto Riva nel libro “Arte culi ‘n aria”, le cui ultime copie sono acquistabili anche comodamente nel nostro shop di e-commerce o su Amazon31

Prima di “gustarti” la nuova ricetta fuori dal normale di Umberto Riva (il “formaio”) rileggi la Prefazione e il glossario di arte culi ‘n ariauna nuova serie di.. articuli così come li ha scritti il “nostro” Umberto per te che nel piacere della tavola vedi qualcosa di più

“El nono Toni disea, ‘l formaio xe bon se ‘l camina da solo”.
Quando lavorava al Monte di Pietà, era impiegato, partiva da casa, anche se non era lontana, con la “teceta de fero smaltà col covercio e ‘l magnare par mesogiorno”. Quando capitava il formaggio, il che era quasi normale, era felice soprattutto se “xera formaio verde”. Il gorgonzola era accompagnato, nel contenitore, da fette di polenta, importanti perché sarebbero divenute strumenti di guerra.
Il formaggio verde allo stato di immobilità era per se stesso puzzolente, se poi si pensa che il nonno metteva la “teceta de fero smaltà col covercio” sulla finestra verso la Piazza dei Signori, al sole, l’immobilità del formaggio diveniva frenetico movimento e la puzza rasentava una conclamata insopportabilità.
Con l’apertura “de ‘a teceta de fero smaltà” si apriva la caccia ai “bai”. Ecco l’arma! le fette di polenta.
Le gioie erano due, la caccia ed il sapore.
A voce degli intenditori, il formaggio così é buono anche se ad essere più buoni sono i “bai”. Potrebbe essere un esibizionismo, oppure una cineseria, ma, forse é proprio così come dicono “quei che se ne intende”.
“El formaio coi bai” fece parte di un mondo che ancora é presente e non solo come ricordo. “El sior Bortolo, el mario de ‘a siora Vitoria” la pensava proprio così, ma il signor Bortolo é morto da tempo, ma “Nani strase deto anca verniseta” perché lucida mobili antichi “el mario de la Sandra frutarola”, é qui e dice:
“el formaio xe bon se el camina da solo”
in barba alle normative europee.

C’era poi “’l vezena vecio, queo co ‘a lagrima”.
Non ricordo fosse formaggio “pal nono Toni”, ricordo che ne parlava. “El non Toni xe morto che mi gnanca ‘ndavo a scola”.
Veniva servito assieme alla verdura fresca e irrinunciabilmente, “co ‘a poenta brustoà”.
Non poteva essere una semplice “poenta brustoà”, era una “poenta brustoà” speciale.
Normalmente il piano prescelto per il brustolamento, era quello della “stua” (cucina economica). Doveva essere caldissimo, estremamente caldo. La polenta abbrustoliva senza attaccare. Quando la buttavi sulla piasta di ghisa “de ‘a stua” subito la “sfritegava”, poi si gonfiava come un crostolo. Sulla polenta restavano i segni scuri dei cerchi della cucina economica, ma questo era bello da vedere, non era importante per il sapore, era la cornice di un bel quadro.

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