La rassegna “Venerdì: storia. Incontri sul filo della memoria” torna a Bassano del Grappa con un programma ricco di eventi dedicati a momenti significativi della nostra storia. Promossa dalla Biblioteca Civica in collaborazione con diverse associazioni locali, tra cui A.N.P.I., A.V.L., 26 Settembre e ISTREVI, la rassegna si propone di stimolare la riflessione storica e il dibattito tra i cittadini, con un occhio particolare ai giovani.
Ideata nel 2012, la rassegna ha visto oltre duecento appuntamenti e ha registrato più di dodicimila presenze nel corso degli anni, rendendola un punto di riferimento culturale per la comunità. Il Sindaco di Bassano Nicola Ignazio Finco ha sottolineato l’importanza di due eventi chiave del Novecento nel calendario di quest’anno: la Giornata della Memoria e il Giorno del Ricordo, insieme agli ottant’anni dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e l’80° anniversario della Liberazione. Questi temi saranno approfonditi da relatori di altissimo livello, a testimonianza dell’impegno profuso nella programmazione.
L’Assessore alla Cultura, Giada Pontarollo, ha espresso un ringraziamento speciale agli storici e associazioni coinvolti, evidenziando l’intenzione di ampliare il gruppo di relatori per arricchire ulteriormente la rassegna.
Il ciclo di incontri prenderà il via il 24 gennaio, a ridosso della Giornata della Memoria, con un intervento di Chiara Saonara, storica dell’Istituto Veneto per la Storia della Resistenza. La relatrice esplorerà il tema dei “giusti”, coloro che si opposero allo sterminio durante la Shoah, con riferimenti anche a esempi locali.
Il 31 gennaio, il professor Francesco Tessarolo si concentrerà sulla questione arabo-israeliana, analizzando gli sviluppi dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino ai giorni nostri, in un intervento intitolato “Il settimo milione”.
Il 7 febbraio, in occasione del Giorno del Ricordo, Gloria Nemec, storica specializzata nei fatti giuliano-dalmati, parlerà dell’esodo dall’Istria e della minoranza italiana rimasta nei territori ceduti, offrendo un’analisi delle memorie collettive legate a questi eventi.
Il 14 febbraio, Marco Mondini, docente all’Università di Padova, affronterà le sfide moderne della cittadinanza e del militarismo in un contesto globale instabile, con un intervento dal titolo “Cittadini e soldati. Il passato e la minaccia del nuovo disordine mondiale”.
Il 21 febbraio, il focus si sposterà sugli ottant’anni dell’ONU, con una conferenza del professor Giuseppe Nesi, esperto di diritto internazionale, che discuterà i successi e le crisi dell’organizzazione, analizzando come sia riuscita a mantenere un certo equilibrio nel mondo post-bellico.
Il 28 febbraio, il professor Aldo Ferrari porterà l’attenzione su un capitolo della storia meno recente, ma ancora attuale: il genocidio armeno. Il suo intervento, “Armenia. Un genocidio infinito?”, esplorerà le atrocità commesse durante la Prima Guerra Mondiale e le implicazioni del nazionalismo turco.
Il 7 marzo, la rassegna si concentrerà sulla transizione energetica, in un incontro che segna il centenario dell’arrivo delle Smalterie a Bassano. Interverranno esperti del settore per discutere le sfide energetiche del passato e del presente.
Infine, il 14 marzo, per commemorare gli ottant’anni dalla Liberazione, lo storico Gastone Breccia parlerà dell’ultimo inverno di guerra in Italia, fornendo uno sguardo approfondito su un periodo cruciale che ha segnato la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Tutti gli incontri si terranno nella Sala Chilesotti a partire dalle 17:30 e saranno aperti al pubblico fino a esaurimento posti. Sarà possibile seguire gli eventi in diretta streaming sui canali social della biblioteca, e le registrazioni saranno disponibili su YouTube. Gli studenti potranno ricevere un attestato di partecipazione, utile per il credito formativo.
Per ulteriori informazioni, è possibile contattare la biblioteca al numero 0424 519920 o via email all’indirizzo [email protected]. La rassegna si conferma dunque un’importante occasione per riflettere sulla memoria storica e favorire il dibattito culturale nella comunità bassanese.
C’è anche Vicenza tra i 755 Comuni italiani che hanno ricevuto il prestigioso riconoscimento di “Città che legge” per il triennio 2024-2025-2026. Questo titolo, conferito dal Centro per il libro e la lettura (Cepell) del Ministero della Cultura, rappresenta un importante attestato per le comunità che promuovono la lettura come strumento di crescita socio-culturale e di sviluppo del pensiero critico.
Il riconoscimento è il risultato di un lavoro sinergico tra l’assessorato alla cultura del Comune di Vicenza e l’Istituzione Biblioteca civica Bertoliana, che hanno elaborato il “Patto per la lettura di Vicenza”. Questo documento, realizzato tra novembre e dicembre, ha raccolto l’adesione di oltre 30 realtà locali, permettendo così alla città di presentarsi con successo come candidata al titolo.
Alberto Galla, presidente della Bertoliana, ha sottolineato l’importanza di questo risultato. «Un segnale straordinario da parte di un territorio ricco di proposte culturali e attivo nella promozione della lettura. Il patto – ha aggiunto – resta aperto per tutti coloro che ne condividono gli intenti e siano disponibili a collaborare alle attività di promozione della lettura. Pensiamo in primis alle scuole, ma anche a istituzioni e biblioteche pubbliche e private, reti territoriali, librerie, case editrici, associazioni ed enti culturali e del terzo settore, imprese, gruppi informali di cittadini».
L’assessore alla cultura Ilaria Fantin ha aggiunto: «I sostenitori del patto per la lettura di Vicenza potranno in parte coincidere con le realtà che compongono il Forum Cultura, che abbiamo istituito poco più di un anno fa con l’Accademia Olimpica, per la condivisione delle proposte da parte di enti, associazioni e istituzioni culturali in generale. Il patto però si focalizza sulla lettura e la collaborazione con il Forum Cultura non potrà che aumentarne l’efficacia».
Tra gli obiettivi del patto ci sono l’ampliamento della base sociale dei lettori, fin dalla prima infanzia, e l’inclusione di coloro che leggono sporadicamente. A tal fine, Vicenza intende organizzare festival, gruppi di lettura, incontri con autori, eventi di scambio di libri e letture ad alta voce in contesti come ospedali e carceri. Inoltre, si prevede di identificare nuovi spazi fisici per la formazione e la consultazione, utili per orientare i cittadini nell’attuale società dell’informazione.
Il Patto ha una durata triennale e prevede la collaborazione attiva delle realtà aderenti con l’amministrazione comunale e la Bertoliana nelle diverse iniziative. Le organizzazioni interessate a partecipare possono farlo inviando un’email a [email protected], per condividere informazioni, attività e modalità comunicative in un’ottica di cooperazione e promozione della lettura.
(Articolo di Federica Zanini sul libro di Massimo Parolin da VicenzaPiù Viva n. 294, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Il neo scrittore Massimo Parolin allora bocia con la ragazza sul cinquantino ma col gomito mai alzato parla ai suoi amici boomer(s) e a chi vorrà conoscere la Vicenza di quegli anni : “Damiana mi lasciò la mano, ancora la cerco”.
Dopo la calda accoglienza da padrone di casa di Massimiliano Zaramella, presidente del consiglio comunale di Vicenza, che ne aveva fatto le veci in sua attesa, il sindaco Possamai, che gli anni dei boomer non li ha vissuti, parla nei suoi saluti di «belle pagine della storia di Vicenza. Ci voleva il comandante della Polizia Locale per riempire così Sala Stucchi». È stata questa l’introduzione del sindaco Possamai alla presentazione del libro di Massimo Parolin Quella strada per il lago 1980-2023. Storia vicentina di amore e demoni al tempo dei boomers, ospitata martedì 3 dicembre pomeriggio nella sala più prestigiosa di Palazzo Trissino.
In Sala Stucchi
«Ed è giusto che sia così, perché tra queste pareti è passata davvero tanta vita ed è di vita, della vita a Vicenza negli anni ‘80 che parla il libro». Nelle pagine, infatti, rivive un mondo ormai lontano, dove si viveva e ci si divertiva con poco: i ritrovi, il motorino, il cinema e le domeniche pomeriggio in discoteca, dove bruciare in un sol giorno la paghetta settimanale di 4-5.000 lire tra ingresso e consumazione, sigarette e multe per il trasporto di… una passeggera, nel caso si incappasse nei temuti vigili urbani. E oggi, ironia o dono della sorte, l’autore è stimato comandante a Vicenza con la saggezza e l’equilibrio nati dalle esperienze giovanili che tutti hanno ma che, per lui multato per amore sul “cinquantino”, come ha sottolineato Matteazzi, non hanno mai compreso neanche minimamente (un difetto per un veneto?) l’alzare il gomito.
Il volume, che consta di un romanzo e di racconti (e l’autore invita a invertire l’ordine nella lettura: prima i 14 aneddoti per conoscere i personaggi e i tempi, poi la storia), è fatto di pagine che scongiurano eccessi di nostalgia con uno stile spiritoso, ma che a un certo punto cede alle ombre del noir, anzi del gotico.
«Ho sempre avuto una passione per il gotico, l’horror. I miei miti, che non mi sogno di emulare, sono Edgar Allan Poe, Bram Stoker e Stephen King.
Dopo un inizio sommesso, leggero e spensierato, dove si parla di amore e di amicizia, ecco che viro improvvisamente al misterioso e all’esoterico».
Presentazione del libro di Parolin
Gli amici, le ragazze, LA ragazza (chi è Damiana che gli ‘lascerà la mano’?), i motorini incolonnati lungo la Riviera Berica puntati verso il lago di Fimon (evocato in copertina da una foto di Tommaso Cevese), quel senso di libertà…poi una scomparsa nel nulla, le ricerche, la paura, l’incognito, gli anni (ben oltre 40) che passano e le domande che restano. Dalla realtà alla fantasia, dall’autobiografico al sovrannaturale. Tutto in un attimo, perché il libro si legge tutto d’un fiato.
A incalzare l’autore del romanzo, edito dalla romana ma con solide radici locali Editoriale Elas, delle cui collane è curatore, ‘onorato e volontario’, ci ha tenuto a precisarlo il direttore delle nostre testate Vicenza-Più Viva e Vipiu.it, è stata la sempre ‘nostra’ Giulia Matteazzi, disinvolta e ben calata nel suo ruolo di non-boomer per-poco. Alla domanda Come un vigile si scopre scrittore? Massimo Parolin ha spiegato: «A 61 anni non pratico più sport, ma con il lavoro che faccio ho bisogno di una via di fuga dai problemi sulla sicurezza che mi trovo ad affrontare ogni giorno.
Evadere, rasserenarmi sono una via verso l’equilibrio indispensabile a trovare la soluzione a quegli stessi problemi. È stato poi naturale orientarmi verso quello che è un vizio di famiglia…». Il fratello Luciano Parolin era infatti noto come la memoria storica di Vicenza. Senza pretese, ‘con stile umile e povero talento’, Massimo restituisce anche lui, a suo modo, un pezzetto della Vicenza che fu, quella dei Boomers, volutamente scritto con la ‘S’ finale, come direbbe la gente comune, di quel mondo semplice che racconta e di cui ha fatto parte. E che restituisce anche puntualmente nella sua brillante rubrica su VicenzaPiù mensile sui Boomer(s).
Libro di Massimo Parolin
A intervallare il dialogo Parolin-Matteazzi, la lettura da parte di Letizia Tonello di alcuni brevi passaggi del libro. Come quello in cui si descrivono gli amici – schierati tutti in prima fila alla presentazione, compreso il mitico dj Lele -, dal confessore speciale dalle sentenze scomode, ma giuste, al ragazzo della porta accanto che monopolizzava l’interesse delle ragazze, dal figlio del campanaro che lavorava duro in officina senza lamentarsi mai e regalava barzellette irripetibili, fino a tanti altri. «È anche per loro questa mia memoria delle avventure e dei tempi vissuti insieme. Il mio è un libro d’amore e d’amicizia, che è la mia autobiografia e contemporaneamente la biografia di chi ha vissuto con me i famosi e famigerati anni ‘80».
Chiamati in causa non solo tra le pagine, ma anche alla stessa presentazione del libro, tra l’imbarazzato e il lusingato, gli amici di Parolin sono avvisati: il prossimo libro sarà solo sull’amicizia, quella vera, “quella che i greci chiamano philìa – tiene a specificare il comandante Massimo richiamandosi a Roberto Vecchioni – ovvero la più alta forma di amore, disinteressata perché basata sull’affinità spirituale”.
E di amici, vecchi e nuovi martedì sera a fine presentazione, il comandante
ne ha salutato e abbracciato tanti e tante, come si vede anche dalla piccola galleria fotografica che pubblichiamo, e altri ne abbraccerà fisicamente in varie presentazioni (la prima al bar Minerva, giovedì 12 dicembre alle 18 insieme a questo numero di VicenzaPiù Viva, la successiva il 27 dicembre alla stessa ora alla Libreria Galla e poi…) o virtualmente mentre, esotericamente, starà accanto ai lettori della sua opera prima.
(Articolo di Federica Zanini da VicenzaPiù Viva n. 294, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Lui, rosso, fece finanziare dall’altro Gianni, Agnelli, una baita a Bardonecchia, ma a Venezia non gli fecero incontrare Madonna: voleva farle comprare la settecentesca Villa Rubini di San Pietro Intrigogna per finanziare l’Ipab di Vicenza. Dietro il suo garbo di piemontese, arrivato a Vicenza per amore, cova ancora lo stesso fervore di esserci e fare dove più serve: tra la gente.
Quando stringo la mano a Giovanni Rolando, per gli amici semplicemente Gianni – proprio come un noto ed elegante personaggio dell’alta borghesia di Torino, città da cui proviene, e di cui parleremo più avanti- e mi siedo con lui al tavolino di un bar del centro, non è decisamente giornata da caffè per me. Per motivi personali ho bisogno piuttosto di un calmante e mai avrei pensato di trovarlo proprio nell’amabile chiacchierata con Rolando: il suo garbo, la sua calma, la cortesia e la sua subito evidente umanità sono immediatamente un balsamo per me.
Gianni Rolando
Incitato a raccontarmi di sé e della sua lunga carriera non solo politica, questo personaggio noto a Vicenza per il tanto che ha fatto per la città, ma soprattutto per la sua modestia e il suo (apparente?) non-presenzialismo («bisogna esserci, non mettersi in mostra») premette subito che non vuole suonare nostalgico. La nostalgia però prende me, per quella generazione che mi ha cresciuta e mi ha nutrita con valori che vanno scomparendo… Quei signori che ci si nasce, non si diventa.
Giovanni Rolando è un ‘superstite’ di un antico codice morale, che lo ha guidato lungo l’intera, pienissima sua vita. Una vita che comincia in Piemonte, a Torino, e che Rolando fin da giovanissimo farà intensa, concreta. Tra le borse cariche di fogli, appunti, libri e ricordi adagiate sulla poltroncina del bar non scorgo nessun cappello con la penna nera, eppure la sua integrità e la sua concretezza mi richiamano subito alla mente quella che è la definizione più densa e vera dei miei amati Alpini: uomini del fare, non del dire. Adesso, qui con me, per Giovanni è tempo del dire, del raccontare, ma la sua carriera di azione, all’età di 78 anni (è nato a Carignano, in provincia di Torino, il 16 maggio del 1946) portati con naturalezza e soprattutto consapevolezza, non è affatto finita, né accenna a rallentare.
Finiti gli studi, ancora sotto la Mole Antonelliana, e subito dopo aver conquistato un trofeo di basket, il suo sport preferito che oggi continua ad amare da tifoso biancorosso sempre sugli spalti, inizia subito a lavorare, o meglio a incarnare quella che lui chiama l’etica del lavoro, concetto forse troppo profondo per il nostro oggi, che lo accompagnerà per sempre e in cui crederà sempre.
È un lottatore Rolando, gentile ma determinato. Lotta per tutto, per tutti, in nome soprattutto di dignità e giustizia, perché gli ideali non si limitino a esser tali, ma si traducano nel cambiamento. E non si arrende, mai. Mossi i primi passi in politica sotto la bandiera rossa -il colore, ricordiamolo, della passione- del PCI, vive, a 38 anni appena compiuti, come un lutto la tragica fine di Berlinguer (l’11 giugno del 1984 a Padova) e il conseguente, graduale declino del partito, ma per lui il vessillo sventola ancora. Il suo personale, intenso slogan recita proprio “Eppure il vento soffia ancora”. Eppur si muove, diceva Galileo Galilei… eppur li possiamo smuovere sarebbe il giusto adattamento a Rolando.
Giovanni Rolando
Intanto, però, era stato l’amore a muovere lui da Torino a Vicenza. Unica conditio sine qua non per seguire in terra berica quella che oggi è sua moglie è, ancora una volta, il lavoro. Trentenne volenteroso, sveglio e competente, lo trova subito. Anzi, appena assunto (parliamo di 3 giorni dopo, solo 3!) trova subito anche di meglio e il promettente tecnico progettista di apparecchiature elettroniche, emigrato da quella piazza torinese che è storicamente meta di grandi migrazioni operaie, diventa pendolare sulla tratta Vicenza – Montecchio Maggiore, «quando ancora c’era il trenino per Valdagno». Alle 8.10 ogni mattina timbra il cartellino su quello che non sapeva ancora sarebbe stato molto più di un posto di lavoro, ovvero il trampolino verso quella vita di dedizione alla causa che ancora lo vede impegnato.
Nell’azienda per cui lavora, in cui non c’è l’ombra di un sindacato, accadono cose non proprio etiche. Con alcuni colleghi Giovanni va in delegazione dal ‘padrone’, che risponde, cito Rolando, ‘NIET’.
La miccia è accesa: Gianni promuove una prima organizzazione sindacale interna, quindi viene eletto nel Consiglio di fabbrica.
Tutto questo senza mai smettere di fare quello che fanno quelli che rappresenta: lavorare. Da lì il passo è breve. Qualcuno gli chiede: perché non entrare attivamente nel partito? Il fidanzamento è brevissimo, il matrimonio con il PCI lunghissimo e all’insegna dell’assoluta fedeltà.
Rolando
Lei è un politico vecchio stampo, diciamolo all’inglese old style, perché io ci vedo tanto stile. Come giudica la politica di oggi?
«Il mondo è cambiato e non è un modo di dire. Ai miei tempi il partito era legato a doppio nodo alla società, i politici avevano il polso di come andavano le cose, di che cosa c’era bisogno, erano parte di quel bisogno, lo vivevano in prima persona. Sotto elezioni non si facevano le costose, appariscenti campagne elettorali di oggi. Noi avevamo la Festa dell’Unità per finanziarci. Con 107 iscritti, nella mia sezione Antonio Gramsci di Montecchio Maggiore cominciavamo a Natale a organizzare per bene quelle due settimane di condivisione, festa e sostegno e sono orgoglioso del fatto che in soli 4 anni riuscimmo a finanziarci una sede tutta nostra, nella nuova piazza Carli. Ho avuto splendidi compagni, di partito e di viaggio, con cui si condividevano ideali ma anche principi, come il rispetto della pluralità. C’era partecipazione, sentimento. Alla morte di Berlinguer ho visto la gente piangere.
Quel mondo non c’è più. La democrazia liberale, non solo da noi, è in crisi. La destra-destra si è saldata con il capitalismo ipertecnologico, tutto ruota intorno ai soldi, mentre bisogna capire che le condizioni di partenza dovrebbero essere uguali per tutti».
Ma, come premesso, Rolando non è un nostalgico. Dopo tanta acqua, tante lotte e tante cariche politiche prestigiose sotto i ponti, a muoverlo è ancora la stessa passione, a nutrirlo la stessa capacità di emozionarsi, a renderlo a chi simpatico a chi scomodo la stessa determinazione. Lo scorso anno ha fatto notizia la sua decisione di abbandonare le cariche ufficiali (ndr, allora era consigliere comunale, dopo essere stato anche consigliere regionale), ma il suo non è stato affatto un addio.
Il vero politico non va mai davvero in pensione, l’attivismo continua, anzi insiste lontano dai riflettori. Al momento, a vederlo schierato, con l’arma invincibile della consapevolezza e con una cartuccera carica di perseveranza, sono due trincee in particolare: la campagna non solo ambientalista per la conclusione della Bretella dell’Albera e l’impegno per gli anziani.
Si dice che Vicenza non è città per giovani. Polemiche a parte, come stanno i non più giovani?
«Non bene, non come dovrebbero. Il 25% dei vicentini è over 65, dato destinato a salire per quella che io chiamo la glaciazione demografica. Sono stato presidente dell’Ipab e conosco la situazione delle case di riposo a Vicenza e nel Veneto. Ancora mi sto battendo perché si superino gli ostacoli legali e burocratici che hanno fin qui fermato il progetto di una nuova RSA da 120 posti letto in zona Laghetto. Proprio di recente ho portato la mia relazione in Commissione. Quanto ai finanziamenti, personalmente non li colloco alla voce impedimento. Sono sempre stato e resto del parere che i soldi, se si vuole, si trovano».
Dice, e fa, sul serio Rolando.
Ancora ragazzo, ancora in Piemonte frequentava l’oratorio, le Acli ecc. sotto la guida del giovane don Paolo. Questi aveva trovato, per ospitare le vacanze in montagna dei ragazzi, una baita in Alta Val di Susa, dalle parti di Bardonecchia, ma era da ristrutturare e mancavano i fondi. Gianni, quasi fosse una battuta, disse allora «Andiamo da Gianni!». L’altro Gianni, Agnelli. Detto, fatto. Nell’ufficio all’ultimo piano di corso Marconi 10, li accoglie Tota Maria, come era nota la segretaria personale dell’Avvocato.
Non fanno a tempo a perorare la causa, che sulla soglia si affaccia Agnelli in persona. «Cosa iè?», chiede. Quanto serve? I due prodi non lo sanno, non hanno fatto ancora una stima. «Maria, quel che serve, diamo». La Maison des Chamoix è ancora lì e serve ancora allo stesso scopo, per i ragazzi.
La famiglia Rolando ogni estate va a farle un saluto…
Non gli è andata altrettanto bene, ma l’importante è provarci, quando, molto più di recente, ha saputo dai giornali che la rockstar Madonna cercava casa in Veneto, meglio ancora a Vicenza, e pro-RSA si è fiondato all’Hotel Bauer di Venezia, dove alloggiava, per proporle di acquistare la settecentesca Villa Rubini, patrimonio dell’Ipab.
Non l’hanno nemmeno lasciato avvicinare…
Il nobile (d’animo) Rolando invece ha permesso a me di avvicinarlo. Non gli ho venduto nulla, anzi ho portato a casa molto, gratis. Tra cui il privilegio di chiamarlo, ormai, anch’io Gianni.
VENEZIA (ITALPRESS) – “Sull’autonomia differenziata è arrivato il momento del dialogo. Dobbiamo smettere di guardare al futuro con le divisioni del passato e concentrarci sui contributi che possiamo offrire insieme per una riforma in grado di rendere il Paese più efficiente e vicino ai cittadini. Dopo anni di attesa, questa è l’opportunità per avviare una stagione di grandi riforme”. Lo ha dichiarato il Presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, tornando sulla decisione della Corte Costituzionale di non ammettere il referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata.
“Il Veneto si è opposto dinanzi alla Consulta all’ammissibilità del referendum, ottenendo un riconoscimento delle proprie ragioni – ha spiegato Zaia -. Come avremmo rispettato un giudizio contrario, oggi ci aspettiamo che il pronunciamento della Corte rappresenti un’occasione per superare la contrapposizione ad oltranza e abbracciare un approccio costruttivo”. Il governatore veneto ha poi aggiunto: “Con soddisfazione abbiamo rilevato che, nella nota emessa dalla Corte, emergono elementi di accoglimento delle osservazioni contenute nella memoria presentata dalla Regione del Veneto. Le due recenti sentenze sull’autonomia confermano l’autorevolezza della Consulta, espressione di grande competenza e imparzialità. Proprio da questa imparzialità dobbiamo ripartire per lavorare insieme alla realizzazione dell’autonomia, così come prevista dalla Costituzione e adeguata alle indicazioni fornite dalla Corte”.
Infine, il Presidente Zaia ha ringraziato tutti coloro che stanno operando con discrezione e rigore per dare forma a questa riforma, a livello regionale e nazionale: “Ho chiesto che i risultati di questo lavoro vengano messi a disposizione di tutte le Regioni d’Italia. Il Veneto ribadisce la piena disponibilità a essere un punto di riferimento per un Paese che, grazie all’autonomia, potrà rafforzare anche il proprio senso di unità”.
VENEZIA (ITALPRESS) – “La presenza del lupo in Veneto anche in zone abitate è sempre più frequente, in particolare in queste settimane si susseguono nuovi avvistamenti in varie zone del Veneto e in Polesine dove risultano presenti due branchi lungo l’asta del fiume Po. Per questo è fondamentale che i cittadini mettano in atto comportamenti corretti nel caso di incontri con il lupo. A questo fine, come Regione, in collaborazione con i Carabinieri Forestali, abbiamo predisposto un opuscolo informativo che di recente è stato diffuso ai sindaci del Veneto. Si raccomanda di non abbandonare rifiuti e cibo vicino alle case, di non offrire cibo al lupo per non insegnare all’animale ad associare la presenza delle persone alla disponibilità di cibo facile, di proteggere gli animali domestici. Nel caso di incontro con un lupo che mostra un comportamento confidente l’invito è quello di chiamare le autorità al 112”. L’assessore regionale al Territorio e alla Caccia, Cristiano Corazzari, interviene con queste parole alla notizia dei diversi avvistamenti del lupo avvenuti in questi giorni. La Regione del Veneto ha inviato a tutti i sindaci dei comuni del territorio regionale una brochure informativa contenente i corretti comportamenti da mettere in pratica nel caso di incontri con il lupo, con la richiesta di darne massima diffusione ai cittadini. “Il lupo sta tornando con insistenza fin nei centri urbani in cerca di cibo, è una presenza a cui non siamo abituati e che preoccupa – prosegue l’assessore-. La Regione ha rinnovato anche per quest’anno l’impegno in attività di monitoraggio per studiarne numeri e comportamenti, e dalle prime indicazioni emerge che la specie è in espansione anche nelle pianure. Per contenere la sua discesa verso i centri urbani è importante la collaborazione di tutti i cittadini. E per questo lancio un appello a mettere in pratica comportamenti corretti indicati dagli esperti, al fine di contrastare con più forza pericolosi atteggiamenti confidenti che portano il lupo nelle zone abitate e vicino alle case”.
ROMA (ITALPRESS) – “L’intesa tra il Ministero dell’Istruzione e del Merito e la Fondazione Cecchettin può essere una svolta nel difficile cammino per l’affermazione tra i giovani della cultura del rispetto reciproco, della gestione matura e non violenta delle difficoltà di rapporto nella sfera sentimentale, scolastica, famigliare, delle conoscenze e amicizie. Giovani più consapevoli saranno ragazzi più maturi e uomini e donne più equilibrati e sereni. Bravi Gino Cecchettin e il Ministro Valditara. E’ stata costruita un’alleanza solida e foriera di ottimi risultati”. E’ favorevole l’opinione del Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, al Protocollo d’intesa contro la violenza sulle donne, dal titolo “Educare al rispetto: azioni condivise per prevenire ogni forma di violenza sulle donne attraverso il contrasto a stereotipi e discriminazioni di genere” siglato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dalla Fondazione voluta dal padre di Giulia Cecchettin, dopo il tragico assassinio della ragazza da parte del fidanzato, reo confesso. “La precisione, l’ampiezza e la concretezza del protocollo – aggiunge Zaia – sono un bell’esempio di una alleanza caratterizzata da fatti e azioni mai vista prima, quando purtroppo spesso ci si fermava alle parole. Sono certo che Giulia, da lassù, starà applaudendo, lei così come le tante ragazze e donne vittime della stessa barbarie. Un papà e le Istituzioni hanno unito le forze e le azioni che metteranno in atto promettono di essere foriere di una svolta. Le coscienze e i cuori del Veneto e dei Veneti – conclude – sono stati straziati dalla vicenda di Giulia, il cui ricordo non dovrà mai scemare. Per quanto mi riguarda garantisco fin d’ora, se i firmatari lo riterranno utile, l’impegno della Regione Veneto a supportare nei modi possibili questo cammino di civiltà”.
VENEZIA (ITALPRESS) – “Contiene precisi elementi che richiamano il territorio, i cartelli delle stazioni ferroviarie e il mondo ciclistico il logo della Treviso Ostiglia, una ciclovia strategica per il Veneto che, unita ai cinque itinerari di interesse nazionale che attraversano la nostra Regione, compone una delle reti ciclabili più importanti d’Italia. Proprio su questo percorso, in corso di completamento da parte della Regione attraverso Veneto Strade, la Giunta ha approvato il logo, ideato dalla Federazione dei Comuni del Camposampierese, gestore della ciclovia. Un simbolo grafico che, vista la valenza strategica attribuita alla ciclabile, ricavata sul sedime di una linea ferroviaria dismessa, sul territorio di quattro province, Treviso, Padova, Vicenza e Verona, compreso il Parco Regionale del Sile, sarà utilizzato da tutti i Comuni presenti lungo i 118 chilometri del tracciato, per una valorizzazione e promozione unitaria della ciclovia che diventerà, così, immediatamente riconoscibile a cittadini, cicloturisti e amanti delle due ruote” Lo ha detto la Vicepresidente della Regione del Veneto e Assessore alle Infrastrutture, trasporti e lavori pubblici, Elisa De Berti, con riferimento al provvedimento approvato dalla Giunta e contenente disposizioni per l’utilizzo del logo sull’intero tracciato veneto della Treviso Ostiglia. “Il monogramma del logo, composto da T ed O, rappresenta le iniziali di Treviso e Ostiglia – ha spiegato la Vicepresidente – ma, al tempo stesso, anche un manubrio frontale (T) e una ruota (O). La forma risultante richiama lo stile degli scudetti delle biciclette vintage mentre i colori blue royal e bianco ricordano i cartelli delle stazioni ferroviarie e della segnaletica stradale. Il logo caratterizzerà l’identità della ciclovia e sarà utilizzato per veicolare un’immagine unica e distintiva del percorso”. “Ad oggi – conclude la Vicepresidente – sono stati realizzati circa 89 chilometri del tracciato che da Treviso porta fino al confine con la Lombardia. Una volta conclusi gli ultimi 29 chilometri, i cui lavori sono stati già avviati, del tratto che collega Cologna Veneta a Casaleone, si completerà il tracciato di un asse strategico per la mobilità dolce in Veneto. La ciclabile è ben collegata con altri percorsi, come la GiraSile, la Riviera Berica, l’Anello dei Colli Euganei e la ciclovia del Brenta, oltre che con i grandi itinerari Dolomiti-Venezia, Lago di Garda-Venezia e AIDA. La Treviso Ostiglia fa parte, inoltre, del più ampio progetto della Regione Green Tour – Verde in movimento che, attraverso 600 chilometri di piste ciclopedonali, vie navigabili ed ippovie, promuove l’importanza della mobilità sostenibile e dei corretti stili di vita”. “La Ciclovia Treviso-Ostiglia è un gioiello del cicloturismo in Veneto – ha aggiunto l’Assessore al Turismo, Federico Caner -: un percorso storico trasformato in una pista ciclabile unica nel suo genere, immersa nella natura, che diventerà il percorso più lungo d’Italia recuperato da una ex ferrovia. Questa ciclabile rappresenta un esempio virtuoso di mobilità sostenibile, connessa ad altre grandi ciclovie e servizi dedicati al turismo lento. Il Veneto, con il riconoscimento di questo logo di promozione, continua ad investire nel cicloturismo come asset strategico per un’offerta turistica diversificata, eco-sostenibile e rispettosa del paesaggio rurale. Il brand studiato per promuovere in modo distintivo il tracciato non solo rafforza il legame tra sport e turismo ma ha anche l’obiettivo di generare un impatto positivo e duraturo su economia e territorio, contribuendo al rafforzamento dell’identità locale e alla creazione di valore”.
Lunedì 27 gennaio – Giornata della Memoria 2025 – la Società del Quartetto dedica a questa ricorrenza internazionale il concerto con il Quartetto Klimt in programma al Teatro Comunale di Vicenza con inizio alle ore 20,45.
Formato dal violinista Duccio Ceccanti, dalla violista Margherita Di Giovanni, dal violoncellista Jacopo Di Tonno e dal pianista Matteo Fossi, il Klimt si è costituito nel 1995 presso la Scuola di Musica di Fiesole e da allora è ospite assiduo di importanti stagioni concertistiche e festival in tutta Italia, ma anche in Germania, Francia, Spagna e a New York.
Perfezionatasi con il Trio di Milano e con il pianista Pier Narciso Masi, la formazione si è fatta notare da Yuri Bashmet e ha fatto tesoro degli insegnamenti di maestri come Carlo Maria Giulini, Natalia Gutman, Krisztof Penderecki e Maurizio Pollini. Grazie anche al sostegno di questi rinomati artisti il Quartetto Klimt ha partecipato ai Festival di Ravenna e di Ravello, al Lingotto Musica di Torino, al Bologna Festival, alla Biennale di Venezia e al Festival Mozart di Rovereto ottenendo ovunque consensi di pubblico e di critica.
Oltre che nelle sale da concerto il Klimt è stato protagonista di numerose dirette della Rai e di pregevoli incisioni discografiche fra le quali i due Quartetti di Schumann (Amadeus, 2010), i Quartetti di Dvořák (Amadeus, 2012), “Piano, violin, viola and cello” di Morton Feldman (Stradivarius, 2014) e l’integrale dei Quartetti di Mendelssohn (Brilliant Classics, 2020).
Da sempre attento alla divulgazione della musica contemporanea, il Quartetto Klimt è dedicatario di brani di compositori come Solbiati, Antonioni, D’Amico, Vandor, Cardini e Gaslini.
Il programma proposto lunedì sera al pubblico della Società del Quartetto prende in esame tre autori attivi fra Otto e Novecento. Nella prima parte sarà eseguito il Quartettsatz in La minore di Gustav Mahler, lavoro giovanile del 1876 che l’autore lasciò incompiuto dopo aver completato il primo movimento e abbozzato poche battute del secondo. Nel 1988 il compositore russo Al’fred Šnitke, nel pieno della maturità artistica, percepì una particolare affinità con il lavoro monco di Mahler e ne formulò una personale prosecuzione con un Allegro in La minore per quartetto, scritto secondo i canoni del suo “polistilismo”.
Nella seconda parte del concerto c’è spazio per il Quatuor pour la fin du temps che Olivier Messiaen scrisse ed eseguì per la prima volta in un campo di prigionia nazista in Slesia il 15 gennaio del 1941 davanti ad una platea di disperati, tanto silenziosa quanto emotivamente coinvolta. Anche se il brano non contiene alcun riferimento esplicito alle barbarie della guerra, le circostanze della sua genesi e quella prima esecuzione “in cattività” e con sgangherati strumenti di fortuna (violino, clarinetto, violoncello e pianoforte) lo hanno fatto diventare una sorta di inno della Giornata della Memoria. L’ampia partitura in otto movimenti trae ispirazione da un tema teologico: il X libro dell’Apocalisse di Giovanni, pagina che contiene anche “luci grandi e meravigliose, seguite da silenzi solenni”.
Per l’esecuzione del capolavoro di Messiaen il Quartetto Klimt si avvarrà dell’amichevole e prestigiosa partecipazione di Calogero Palermo, già Primo clarinetto della Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam e oggi impegnato nello stesso ruolo all’Orchestra della Tonhalle di Zurigo.
Il concerto inizia alle 20:45. Biglietti ancora disponibili alla Sede della Società del Quartetto (Vicolo Cieco Retrone 24, [email protected], tel. 0444543729), alla biglietteria del Teatro Comunale (Viale Mazzini 39 tel. 0444324442) e online sul sito www.tcvi.it.
(Articolo sulla diocesi di Vicenza di Suor Naike Monique Borgo e don Alessio Graziani da VicenzaPiù Viva n. 294, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Organizzata in 14 vicariati e 90 unità pastorali conta su 370 presbiteri diocesani, tra cui missionari in Brasile, Mozambico e Thailandia, e annovera oltre 1180 religiosi e religiose in comunità oltre a monasteri di clausura a Vicenza, Creazzo e Bassano.
La Chiesa Cattolica raccoglie e sostiene nel mondo gli uomini e le donne credenti in Gesù
Cristo e che si riconoscono nella guida del Papa, il vescovo di Roma, successore di Pietro. Per poter essere più vicini territorialmente alle diverse realtà della Chiesa, ma non soltanto, nel corso del tempo, sono state create le diocesi, comunità cristiane delimitate territorialmente ed affidate alla guida di un Vescovo. L’episcopo è un presbitero, che la tradizione riconosce come successore degli apostoli, scelto per fede salda, buona reputazione età anagrafica (almeno 35 anni), di ordinazione (prete da almeno 5 anni) e con studi approfonditi.
Ai vescovi viene chiesto di accompagnare dal punto di vista pastorale e sacramentale la vita della Chiesa loro affidata, di assicurare la buona gestione di beni ecclesiastici
e di mantenere il legame di comunione con la sede di Roma.
La diocesi di Vicenza è la porzione di Chiesa affidata dall’11 dicembre 2022 a mons. Giuliano Brugnotto, che è l’80° vescovo della storia della diocesi berica. La chiesa vicentina fa parte della regione ecclesiastica del Triveneto insieme ad altre 14 diocesi.
La regione ecclesiastica permette alle diocesi di un territorio di collaborare sinergicamente, sostenendo progetti comuni, confrontandosi nelle questioni più complesse, oltre che aiutando i vescovi ed i loro collaboratori nell’annuncio della fede cristiana, primo vero “compito” della Chiesa.
Diocesi Vicenza
Le origini cristiane di Vicenza vanno ricollegate alla città di Aquileia. Nei primissimi secoli si
contavano solo piccoli nuclei di cristiani nel territorio berico. Gli scavi archeologici sotto la Cattedrale di Santa Maria Annunciata hanno confermato l’antichità della sede episcopale, mettendo in luce i resti di una domus ecclesiae databile alla fine del III secolo.
Dopo la ricostruzione postbellica, è accessibile l’Area Archeologica di circa 750 mq sottostante la Cattedrale.
Lo spazio documenta edifici di culto antichi, dall’epoca paleocristiana a quella romanica. Oltre a ciò, è attestata la presenza di costruzioni pertinenti l’edilizia privata della città romana con tracce di una grande domus che si inserisce nel contesto del quartiere residenziale della Vicetia romana di cui faceva parte anche il criptoportico visitabile in piazza Duomo.
L’esteso territorio della diocesi berica (2.200 mq nella provincia di Vicenza con alcune estensioni nelle province di Padova e Verona), il numero di abitanti (840 mila ), di parrocchie (355), di vicariati (14) e di sacerdoti diocesani (370) ne fanno una tra le dieci maggiori diocesi italiane.
Il territorio è prevalentemente pianeggiante, con alcune zone collinari (i monti Berici) e alcune comunità montane sulle prealpi venete.
La provincia, densamente abitata e industrializzata, è caratterizzata dalla presenza di alcuni centri di maggiore importanza come Arzignano, Bassano del Grappa, Lonigo, Schio e Valdagno. Tenendo conto della morfologia del territorio, della densità abitativa e della concentrazione di attività economiche, le realtà ecclesiali si adoperano per creare reti di collaborazione con le istituzioni locali per promuovere attività in favore delle persone più o meno svantaggiate.
Diocesi Vicenza
Le peculiarità locali rendono anche l’annuncio del Vangelo più sensibile ad un aspetto o ad un altro. oppure permettono esperienze che altrove non sarebbero possibili.
Dei 370 presbiteri diocesani, 346 sono residenti in diocesi, gli altri sono residenti altrove per particolari missioni loro richieste: per esempio è così per i fidei donum, cioè i missionari donati per un tempo ad una diocesi più giovane, come sono quelle di Roraima in Brasile, di Beira in Mozambico e di Lamphun in Thailandia, dove sono presenti e operano preti diocesani vicentini.
Tra i presbiteri residenti in diocesi, quelli che possono dedicarsi a tempo pieno all’apostolato sono all’incirca 200: oltre a considerare il calo visibile di seminaristi che si preparano a diventare preti, bisogna tener conto del fatto che l’età anagrafica e la salute incidono sempre più, esattamente come accade per l’intera popolazione italiana.
Anche per la presenza numerica sempre più esigua di preti, ma soprattutto per allinearsi con i numerosi inviti di Papa Francesco alla promozione dei diversi ministeri laicali, da alcuni anni la presenza della Chiesa sul territorio è stata ripensata con la costituzione di 14 vicariati e soprattutto con il raggruppamento delle parrocchie in 90 unità pastorali accompagnate dalla costituzione di piccole fraternità presbiterali e di gruppi ministeriali formati da laici corresponsabili nella cura pastorale.
Parallelamente la diocesi ha avviato un processo di riforma della Curia Vescovile organizzata oggi attorno a 5 ambiti: servizi generali, celebrazione e spiritualità, annuncio, prossimità, sociale e culturale. A questi ambiti afferiscono i diversi uffici diocesani che sono a disposizione di tutte le realtà ecclesiali, ma non solo, e che permettono la sinergia con numerose persone ed istituzioni, non solo religiose.
Diocesi Vicenza
Tra i servizi generali vi sono ad esempio la segreteria generale, la cancelleria, l’economato, l’ufficio amministrativo… Nell’ambito dell’annuncio afferiscono la pastorale giovanile, la pastorale vocazionale, la catechesi, la pastorale familiare…
L’ufficio liturgico, la formazione permanente del clero, l’ufficio per la vita consacrata sono, invece, alcuni degli uffici dell’ambito celebrazione e spiritualità. Caritas, pastorale dei migranti, ufficio missionario e pastorale della salute sono l’ambito della prossimità. Sociale e cultura è l’ambito che spazia dall’ufficio per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso alla pastorale sociale e del lavoro, comprendendo tra gli altri anche l’ufficio per l’insegnamento della religione cattolica e quello per la cultura.
Ai cinque ambiti di curia si ispira la struttura interna delle parrocchie e delle unità pastorali, così da avere rappresentanti e sensibilità diverse anche all’interno dei consigli pastorali parrocchiali.
Da alcuni anni, il grande edificio del Seminario Vescovile, funzionante ma notevolmente ridotto nei numeri, è stato trasformato in Centro diocesano e intitolato al vescovo di origine trevigiane Arnoldo Onisto che resse la diocesi dal 1971 al 1988. Qui sono stati spostati tutti gli uffici di curia.
La diocesi di Vicenza è stata la prima in Italia a ripristinare – dopo il Concilio Vaticano II – il diaconato permanente (ad oggi sono 44 i diaconi e altri sono in formazione).
Significativa resta la presenza degli ordini religiosi sia maschili (14 famiglie con 22 comunità per un totale di 180 religiosi) sia femminili (30 famiglie con 82 comunità per un totale di oltre 1.000 religiose) e dei monasteri di clausura (Carmelitane a Vicenza, Sacramentine a Bassano del Grappa e Clarisse dell’Immacolata a Creazzo).