(Articolo di Fabio Gasparini sul libro “Nobiltà di Vicenza” da Vicenza in Centro n. 2-2025, periodico dell’associazione Vicenza in Centro aps).
Come appariva Vicenza al viaggiatore che la visitasse agli inizi del 1500, prima cioè che Palladio vi edificasse i meravigliosi palazzi che la identificano? A questa domanda risponde il racconto di un nobile marchigiano, Dragonzino da Fano che fu a Vicenza nel 1521 e 1524, ospite dei suoi amici Thiene, Porto e Valmarana.
Egli scrisse un libro in versi intitolato “Nobiltà di Vicenza” edito in Venezia nel 1525; la sua copertina mostra una visione precisa della città dal lato di Porta Castello, evidenziando la Porta Feliciana (ora visibile sul fondo del Supermercato Despar), le alte mura, la facciata del Duomo, la torre Bissara ed il gran tetto carenato della Basilica. Esiste una sola copia al mondo della originaria stampa veneziana del libro, presso il British Museum di Londra. Neri Pozza ha pubblicato nel 1981 una nuova accurata edizione del libro, completata da un ampio commento del prof. Barbieri. La attenzione e ammirazione del Dragonzino sono rivolte agli splendidi affreschi, ricchi di colori e dorature, dei palazzi nobiliari, alle opere pittoriche nelle maggiori chiese. Scrive infatti: ……vidi ampie strade e genti pellegrine /li superbi palazzi istoriati/con fondamenti a punte adamantine …… e ancora …..Vidi un
palazzo pregiato / tutto coperto d’oro e di pittura …… Il prof. Barbieri commenta e precisa i versi del Dragonzino ricordando che egli ammirò certamente il palazzo di Cà Impenta entrando in città da Padova, poi palazzo Regaù, Angaran, Garzadori, palazzo Da Schio in Corso e la lunga facciata del Monte di Pietà affrescata con perdute pitture di vari artisti. Ebbe modo di ammirare entrambi i capolavori di Bellini allora in città: oltre al Battesimo a S. Corona c’era nella seconda cappella a sinistra del Duomo la magnifica Trasfigurazione, da fine 1600 emigrata a Napoli. Dragonzino citò i ricchi stemmi gentilizi sui palazzi, ma ignorò i superbi Leoni di S. Marco in piazza, malvisti dai suoi amici nobili vicentini intimamente filoimperiali.
Negli anni della visita di Dragonzino Vicenza era una città gotica istoriata e colorata; Andrea Della Gondola non era ancora Palladio, ma un ragazzetto garzone nella bottega di Pedemuro.