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Fiorenza Vendramin Sale, storia di una donna

Nella Vicenza dell’800 fece scandalo tra i benpensanti il comportamento di Fiorenza Vendramin, che non solo non celava le sue idee rivoluzionarie, ma all’arrivo dei francesi, lasciò l’autoritario e retrivo ambiente familiare. Sposa forzata del marchese vicentino Filippo Luigi Sale Manfredi Repeta, “pastorella” d’Arcadia con il nome di Andosine Erigenia, socia dell’Accademia dei Riposti di Cologna Veneta, divenne amante di un ufficiale delle truppe in servizio nella città, abbandonando il marito e andando a vivere con lui.

Fiorenza Vendramin Sale
UN ritratto di Fiorenza Vendramin Sale

Il contesto storico-sociale

Lo sfondo nel quale dobbiamo collocare le vicende di Fiorenza Vendramin Sale è quello di una società nella quale le donne avevano conquistato una posizione importante in campo culturale, tanto da far attribuire al Settecento l’appellativo di “secolo delle donne”. In ogni campo della produzione culturale erano presenti significative figure femminili: nel giornalismo, nella poesia, nel teatro, nella musica, nella pittura, perfino nelle scienze e nella matematica, dalla giornalista Elisabetta Caminer Turra, direttrice del “Giornale Enciclopedico”, alla pittrice Rosalba Carriera, alla scrittrice Gioseffa Cornoldi Caminer, redattrice de “La donna galante ed erudita”, a Luisa Bergalli, moglie di Gasparo Gozzi, autrice de “L’almanacco in difesa delle donne”, alle poetesse Silvia Curtoni Verza e Isabella Teotochi Albrizzi – la “bella Temira” apprezzata anche da Giacomo Leopardi – a Giustina Renier Michiel, che si dilettava di scienza e filosofia.

Si trattava di donne poliglotte, impegnate spesso in attività di traduzione di opere letterarie europee, come la Michiel, che traduce Shakespeare, o Elisabetta Caminer, che fa conoscere Madame De Genlis. Il loro ruolo è importante soprattutto sul piano della mediazione culturale, in virtù della funzione esercitata dai salotti, luoghi precipui della socialità settecentesca gestiti appunto dalle salonnierès, particolarmente importanti nel contesto europeo anche per la moda dei viaggi letterari, per il fascino che continua ad esercitare l’Italia, per il ruolo internazionale giocato da Venezia, per le caratteristiche sovranazionali delle élites culturali.

L’incalzare degli eventi politici, le rapide trasformazioni messe in moto da Napoleone le coinvolgono in modo diretto, sollecitandole ad una partecipazione intensa, condivisa con gli amici, i parenti, gli sposi. Il sostegno al nuovo corso democratico è espresso in modi e forme diverse: dalla partecipazione alle feste e alle manifestazioni rivoluzionarie, all’adozione di una nuova moda e di un nuovo stile di vita; dalla rottura di legami familiari, alla scrittura di testi e appelli rivoluzionari, segnali tutti di quella aspirazione alla libertà personale che si era manifestata già negli ultimi decenni del secolo, con l’insofferenza verso il potere patriarcale, con aspirazioni di libertà nelle scelte matrimoniali, con un aumento delle richieste di divorzio.

Un velo di oblìo ricopre la storia di questa donna, le sue egloghe, le sue memorie, i suoi drammi. Il ricordo di lei si è in parte perso, sia per il naturale passare del tempo, sia per la intenzionale volontà dell’uomo di disperdere ciò che si ritiene contaminato dal peccato. Ma non era facile, però, che la polvere cancellasse del tutto il nome di Fiorenza Vendramin. La sua breve esistenza fu caratterizzata da un’ansia di ribellione che determinò tutta la sua vita burrascosa. Proveniente da una illustre, ma decadente casata veneziana, era andata in sposa per opportunità familiari al ricco marchese vicentino Luigi Sale, grazie ad una mediazione di Carlo Cordellina, vecchio amico di famiglia e famoso avvocato del foro veneziano.

Fiorenza si adattò alla nuova situazione che all’inizio probabilmente l’attrasse: brillante per la bellezza, lo spirito e la cultura, diventando la marchesa Sale, divenne anche regina di Palazzo Repeta, la sua principesca dimora, della città, della moda. La nipote Luigia, ne fa una descrizione da una piccola miniatura conservata in famiglia: “i capelli neri della marchesa Fiorenza, in magnifica copia di innumerevoli anella venian su in natura, sostenuti mollemente da una zona o benda celeste, secondo costumavano alla Tito. Un piccolo sciallo o fazzoletto da spalle, ingroppato per di dietro, dissimulava, senza alterarne la grazia, il corpicciolo svelto ed eretto, quale arbusto che si dilata in corimbo”.

Nel 1794 Fiorenza partorì una femmina e questo fu un evento che segnò probabilmente i rapporti con il marito ed i suoceri che pretendevano un maschio. La vecchia marchesa non volle vedere la creatura per cinquanta giorni e il vecchio marchese vietò ai familiari di pronunciare in sua presenza il nome della neonata e quindi di ricordare “l’avvenimento ch’era succeduto pochi giorni prima a funestare la sua nobilissima casa”.

Perfino i servitori di casa accolsero malamente la notizia della nascita della bambina: infatti per l’arrivo di un maschio ognuno di loro avrebbe ricevuto, come da usanza, uno zecchino d’oro, mentre per quello di una femmina un ducato veneto d’argento. Fiorenza comprese ben presto “tutta l’enormità del sacrificio che avevano voluto da lei”, cioè di sposare un uomo che non amava e che voleva da lei soprattutto la garanzia di dare un seguito al nobile casato, ma non si abbandonò né all’avvilimento né alla disperazione. Dopo alcuni mesi trascorsi studiando ritirata nel suo appartamento e accontentandosi della compagnia di alcuni “vegliardi” ben visti alla famiglia, accettò per un paio d’anni il cavalier servente, secondo i desideri del marito e dei suoceri, un giovane nobile della mediocre famiglia degli Arrigoni.

Cominciò a studiare pittura, riprese l’attività della poesia e della traduzione dal francese di autori come Voltaire e Montesquieu. Colti personaggi vicentini divennero frequentatori del suo salotto e delle sue conversazioni: Giambattista Velo, Lodovico Carcano Volpe, Alessandro Trissino, Francesco Testa. Le fu attribuita una serie infinita di amanti, l’ultimo dei quali, con l’arrivo dei francesi, fu appunto il capitano Lasalle.

Tutta Vicenza ne parlava, ma Fiorenza, “avida” di celebrità cercava le occasioni per far parlar di sé in una città che non chiedeva altro. “Dirò che sempre inquieta, porto le mie idee al di là dei confini che la ragione, la morale, l’onestà, la riflessione le pongono d’ordinario” spiegherà Fiorenza nelle sue memorie “A volte la sola idea di fare una cosa che tutto il mondo condannerebbe, mi dà una forza e un indirizzo particolare per pervenire allo scopo.

È a causa dei divieti che il mio animo prende slancio”. La nobiltà vicentina, molto conservatrice, non poteva sopportare, per esempio, che gli appartenenti ai suoi ranghi sedessero sulle panche delle osterie. Ma con l’arrivo dell’armata francese tutti i giovani aristocratici, sapendo quanto questo potesse dispiacere ai vecchi, si riversarono nel- le taverne, nelle “casanze” che erano stanze riservate all’interno delle taverne stesse. Una sera volle andarvi pure Fiorenza, nonostante gli amici tentassero di dissuaderla, anzi per dispetto e perché la cosa avesse ancor più pubblicità, con il carbone scrisse sul muro dell’osteria: “La marchesa, e quattro amici furono a cena qui in Casanza ben sarebbero felici se a dispetto dell’usanza non andasser per la bocca di qualche lingua sciocca”.

“Caro lettore” commenta la nipote Luigia “tu li vedi i buoni borghesi di Vicenza incontrarsi agli angoli delle vie, arrestarsi, ghermirsi l’un l’altro il polso, mormorando con un misto di sorpresa e di convinzione: – A gavìo sentìo? …la marchesa è sta in Casanza … – E, fatto un moto pauroso, scantonare rapidi a testa bassa come a dire: – che tempi!”. Nel novembre del 1797 l’armata francese partì, cessarono le istituzioni democratiche “e tutto lo splendore di quella vita affascinante, guerriera, potentissima e creatrice”.

La famiglia Sale “umiliata” dalle eccentricità di Fiorenza, con l’arrivo degli austriaci che avrebbero riportato “l’ordine civile e religioso”, pensava già a por fine a quel comportamento e anche a vendicarsi “perché il marchese non era poi così dolce di sale da tollerare gli scandali” e la suocera era conosciuta come “vendicativa”.

Fiorenza chiese ad un suo amico, il conte Niccolò Loschi, il volume dell’enciclopedia che conteneva la voce “oppio”. Lettone il contenuto, si procurò la dose indicata e la prese la sera del 27 dicembre 1797, mentre la sua famiglia “era intenta alla conversazione ordinaria”.

I cronisti del tempo, compreso lo zio acquisito Tornieri Arnaldi Arnaldo, dedicarono all’accaduto appena un cenno, senza alcun riferimento al fatto che in questo modo Fiorenza si era data la morte da sé. Per capire tale scelta dei cronisti va tenuto presente che secondo il diritto canonico il suicidio comportava la privazione della sepoltura ecclesiastica, che però poteva essere concessa nel caso in cui il fatto fosse noto solo ai membri della famiglia i quali, ovviamente dovevano evitare la notorietà della notizia. Mentre in Francia il colpevole era privato della sepoltura e il cadavere era trascinato su una grata, appeso per i piedi e in seguito condotto alla discarica, il diritto veneto non puniva il suicidio quale reato, restando soltanto l’infamia unita alla memoria. Il disonore del suo gesto doveva comportare una duplice morte: quella fisica e quella sociale. Il ricordo di lei avrebbe dovuto, quindi, scomparire. (tratto dal “Biblionauta” della Biblioteca Bertoliana del 4 Marzo 2014)

Da Storie Vicentine n. 6 gennaio-febbraio 2022


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I Carrara, “Il teatro vive solo se brucia” al cinema Odeon di Vicenza

L’epopea dei teatri viaggianti attraverso i ricordi di una delle ultime famiglie d’arte, i Carrara. Una storia ininterrotta che si tramanda da 10 generazioni e un racconto unico in Italia nel documentario diretto da Marco Zuin e prodotto da Ginko Film.

Il teatro vive solo se brucia, prodotto da Ginko Film per la regia di Marco Zuin, arriva in sala con un’anteprima al Cinema Odeon di Vicenza lunedì 8 maggio alle 20.45.

Il documentario riscopre l’epopea dei teatri viaggianti in Italia dal primo dopoguerra fino all’avvento della televisione, con una incursione nel presente, attraverso le vicende di una delle ultime famiglie d’arte, da più di 10 generazioni: i Carrara. In un viaggio picaresco dal sud al nord, partendo dalla Sicilia e arrivando in Veneto, nell’ultimo secolo i Carrara hanno attraversato lo stivale portando il teatro laddove il teatro mai sarebbe stato.

Finanziato dalla Regione del Veneto e dalla Veneto Film Commission, il film è stato realizzato anche grazie al sostegno di Fondazione Sardegna Film Commission, la collaborazione dell’Associazione Pipa e Pece, il contributo di La piccionaia-Centro di Produzione Teatrale e del Caseificio Tonon.

Dopo l’evento a Vicenza il film continuerà nella settimana il suo tour nei cinema del Veneto: il 9 maggio al Cinema Italia Eden di Montebelluna (TV), il 10 maggio al Cinema Esperia di Padova, l’11 maggio al Cinema Edera di Treviso, con la collaborazione anche del Teatro Stabile del Veneto-Teatro Nazionale e di Arteven Circuito multidisciplinare Regionale del Veneto, nell’ambito del progetto Teatro Viaggiante.

Con la voce narrante di Andrea Pennacchi, tramite i ricordi dei fratelli Titino, Annalisa, Armando Carrara e della madre Argia Laurini, il film vuole ricostruire non solo l’ultima stagione di un teatro popolare che non c’è più, ma anche usi e costumi di un’Italia prima contadina e poi sempre più società dei consumi. «Attraverso una materia cinematografica viva e inedita abbiamo indagato come eravamo, una memoria del passato per trovare una base essenziale per capire il presente – spiega il regista Marco Zuin – un confronto, mai nostalgico, tra un tempo trascorso e il contemporaneo. I Carrara sono figli del mondo e cambiano con lui».

Le riprese hanno coinvolto anche il Museo internazionale della maschera Amleto e Donato Sartori di Abano Terme (Padova), dove sono state realizzate le più importanti maschere per Strehler, De Bosio, Dario Fo, Ferruccio Soleri e anche per il “nostro” Titino, e la Biblioteca Civica Bertoliana di Vicenza dove è conservato l’archivio della compagnia dal 1975, anno in cui è stata fondata con il nome di La Piccionaia.

Il rapporto col mondo esterno passava attraverso gli spettacoli

I Carrara sono una dinastia teatrale che discende direttamente dalle antiche compagnie itineranti del Cinquecento. La loro epopea viaggiante inizia già nei primi anni del Novecento, quando il nonno paterno di Titino, Salvatore Carrara, detto Totò, decide di lasciare la Sicilia, dove la famiglia era rimasta per 8 generazioni, e di emigrare. Ha solo 20 anni e durante il viaggio fa tappa in piazze e teatrini fissi e con la famiglia si esibisce per la gente dei tanti luoghi attraversati.

Si arriva così, ben presto, alla nona generazione e a questo punto compare Tommaso, detto Masi, padre di Titino, Annalisa e Armando. Quando Totò comincia a perdere l’entusiasmo per il teatro, Masi ne fonda un altro, sempre viaggiante, con la moglie Argia e i suoceri Armando e Anna Laurini: costruisce un nuovo padiglione, inchiodando personalmente le assi.

Tra passato e presente, i Carrara sono figli del mondo e cambiano con lui

Ma l’Italia sta cambiando, e così gli interessi della gente, arriva la televisione e tutto il resto inizia a sembrare meno attraente. Il teatro da 500 posti fatto di assi di legno, chiodi raddrizzati e riutilizzati e fondali di carta dipinti viene schiodato, tagliato, fatto a pezzi da ciascuno dei membri della compagnia e infine bruciato. «Il teatro non si vende – dice Masi – non si lascia marcire in un magazzino. Non possiamo buttarlo via, questo mai. Meglio bruciarlo».

Sembra tutto finito, ma i Carrara non mollano: si reinventano diventando interpreti della grande tradizione della Commedia dell’Arte con tournée in tutto il mondo, da Istanbul a Londra, da Tokyo a Parigi, da Buenos Aires a Montreal.

La loro storia viene raccontata in questo film con la madre Argia, classe 1930, la prima donna a vestire i panni di Pantalone, e i fratelli Armando, attore e regista, Annalisa, organizzatrice teatrale, e Titino, attore, che fa da filo conduttore al documentario: un pezzo di storia del teatro popolare d’arte italiano.

IL TEATRO VIVE SOLO SE BRUCIA

Documentario, Italia 2022, 60’

Produzione Ginko Film, regia di Marco Zuin

Per maggiori informazioni e aggiornamenti ginkofilm.it

La cantina ghiacciaia del brolo di Altavilla

Sulla cantina ghiacciaia del Brolo si è favoleggiato per secoli ingarbugliando storia e leggenda. Un tempo, il luogo era inavvicinabile e tutti lo guardavano curiosi sbirciando oltre un alto muro. Si credeva fosse un segreto passaggio collegato al castello della Rocca dei Vescovi sulla collina e alla Villa Valmarana al piano.

Nel primo Medioevo la famiglia Aleardi acquistò dal vescovo di Vicenza un appezzamento di terreno alla Rocca a ridosso del primo circuito delle mura castellane. Nei primi anni del 1600, Prospero Valmarana acquistava, dalla famiglia Aleardi, una casa padronale in contrada Cantarane nel borgo di Altavilla con un ampio brolo di circa tre campi cintato da muro. Nell’atto di legge: “ … un brollo detto il Cavallo tutto chiuso da muro”.

Di quest’alto muro di sasso a varia lavorazione esiste ancora un lungo tratto. Sicuramente la casa, ampliata e modificata da Prospero, è da riconoscere nella Ca’ Granda o Domus Magna ben disegnata nelle mappe del 1672 e del 1678 di Matteo Alberti. L’ampio terreno si identifica oggi nel Parco Comunale del Brolo. Chi vi accede dall’ingresso principale di viale dei Morosini nota subito, sulla sinistra, una strana costruzione inglobata nella collina.

È  la cantina ghiacciaia dell’antica casa padronale Ca’ Granda poi trasformata nella Villa Valmarana dall’architetto Francesco Muttoni incaricato del progetto nel 1697. A quei tempi, lì davanti dove oggi si apre la piazza, verdeggiava un ampio stagno, regno delle rane. Per questo il toponimo riportato negli antichi atti, peraltro non ancora del tutto abbandonato, è Cantarane. Molti conoscono l’esterno della cantina ghiacciaia, ma pochissimi vi sono entrati. Nessuno mai, a quanto so, aveva eseguito il rilievo dei luoghi. Entreremo in questi spazi cercando di farci raccontare da rocce e muri la storia e le improbabili leggende. Occorre conoscere che la famiglia Valmarana, non ancora in possesso del titolo nobiliare, possedeva in Altavilla ben 889 campi vicentini, pari a 356 ettari, con case dominicali, stalle e greggi. I locali, oggi desolatamente vuoti e abbandonati, erano indispensabili per una breve conservazione di prodotti alimentari.

Agli inizi del 1900 il Comune costruirà, in centro paese, una vera ghiacciaia ancora esistente e visitabile. Un breve vialetto tagliato nella collina inquadra una porta e due finestre a lato, protette da inferriate, che paiono scavate nella roccia. Pare vogliano inghiottire il visitatore in una misteriosa oscurità. All’inizio, sulla destra, ormai imbrigliata alle radici di un albero si osserva quello che resta di un’antica macina da mulino in pietra, memoria dei tanti mulini che nel medioevo operavano sul territorio al Salgareto, in contrada del Pisolo, a Caldimolino presso la Fons Lapis, alle Ca’ Perse, in via della Febbre sul Retrone a Sant’Agostino.

Chissà cosa si conservava nel primo grande locale costruito in sasso e voltato a botte. Senz’altro prodotti che abbisognavano di luce schermata e di aria che, entrando dalle aperture, circolasse stimolata dallo sfiatatoio a settentrione ancora visibile tra i cespugli sul pendio della collina. Terra e vegetazione sopra la volta del soffitto mantenevano una temperatura costante e una regolata umidità.

Da qui, in continuità, una bassa apertura conduce alla “grotta superiore” scavata nella roccia calcarea. Misura circa sette metri per quattro, alto due metri. Non c’è niente di particolare se non una piccola nicchia e il fascino e le fantasie che il tempo ha costruito. Una stretta e ripida scala si tuffa nel buio di un percorso verso una cavità più in basso. Impossibile non ascoltare i passi mentre si scendono i gradini di pietra nel silenzio che circonda. Paiono scandire il ritmo dell’antico del tempo. Così la scala si popola di passato e di persone che l’hanno consumata. Dentro di me “suona” questa scala deserta che porta nel buio profondo di sotto.

Ai lati si aprono nicchie, ripiani, affreschi di muffe. Tutto sembra non appartenere più a noi, appartiene al tempo e vivrà ancora. Qui la realtà quotidiana si sposta di lato e lascia liberi, si entra nel tempo mitico dove le cose si rigenerano, gli atomi corrosi si mettono in movimento. Tutto appare dormiente, ma con dentro il lievito di recuperare memorie e costruire futuro. Si scende in quello che io chiamo naòs, la parte più interna e nascosta. E’ il luogo della leggenda popolare che lo collegava al medioevale castello in alto e con la villa antica al piano.

Il soffitto è molto basso, se alzi una mano puoi toccare l’umida frescura. Qualche gancio di ferro rimanda a carni o insaccati appesi per una naturale maturazione. Una grande nicchia forse accoglieva bottiglie di vino posto a invecchiare. Durante l’ultima guerra, i soldati tedeschi, suggestionati dalla leggenda popolare e temendo fughe o incursioni incontrollabili, esplosero delle mine per verificare occultati passaggi. Le macerie si vedono ancora. Non trovarono nulla, tutto finiva lì, addosso alla roccia, dove tutto potrebbe cominciare nell’esplosione di un futuro programmato. Intanto si potrebbe operare almeno con un lavoro di pulizia e sgombero. Nel percorso di ritorno dalle buie profondità verso la luce e il respiro verde del brolo, confido ardentemente in “illuminazioni” che aprano questo luogo a un qualche utilizzo. Spero che gli spazi di queste antichissime cantine siano in qualche modo recuperati per un impiego da scegliere con cura. O almeno, siano resi agibili per visite guidate.

Di Giorgio Rigotto Da Storie Vicentine n. 6 gennaio-febbraio 2022


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Turista biellese Marco: un inno d’amore per Vicenza e i vicentini

Egregio Direttore, le chiedo ospitalità per poter rivolgere il mio ringraziamento a Vicenza e soprattutto ai vicentini. Ho trascorso in città alcuni giorni e ho avuto modo di rivedere alcune delle tante bellezze artistiche e architettoniche della città, alcune delle quali mi ero innamorato una trentina di anni fa, quando in gita con la scuola avevo visto il Teatro Olimpico, la Basilica Palladiana (piace anche a me chiamarla così) e La Rotonda.

Questa volta ho potuto anche ammirare altri gioielli, come alcune delle chiese del centro, il Santuario della Madonna di Monte Berico, Villa Valmarana ai Nani e le Gallerie d’Italia. Lo splendore di queste realtà colpisce, ma ciò che mi ha veramente reso felice del soggiorno è l’ospitalità.

In albergo, l’Hotel de La Ville, ho trovato personale disponibile e molto attento. In particolare, la ristorazione, gestita da un abile direttore di sala, vede protagonisti giovani ragazzi della scuola alberghiera, che mostrano interesse e passione, facendo sentire l’ospite a proprio agio in ogni momento.

Ho cenato un paio di volte all’Osteria I Monelli e mi sono sentito a casa. La cucina è ricercata, eccezionale e un’ottima combinazione tra tradizione e innovazione. La seconda volta sono stato accolto come se fossi un parente e, oltre ad aver nutrito il corpo, ho alimentato l’anima grazie alla cordialità.

La gentilezza non è mai mancata nei bar e nei negozi in cui sono entrato. Durante la mia permanenza ho incontrato, nei ristoranti e in altri contesti, abitanti di Vicenza che si sono mostrati disponibili alla battuta e a scambiare due parole. Questo è stato il vero valore aggiunto della mia visita.

Forse da biellese sono abituato a una maggiore chiusura, ma riscontrare apertura al dialogo e cortesia non è così scontato e facile, soprattutto dopo il lungo periodo che abbiamo vissuto con la pandemia. Vicenza è una bella città, ben tenuta, ma è anche un luogo piacevole per le persone che la abitano. Sono loro ad aver contribuito a farmi tornare a casa felice e con tanta voglia di ritornare. A Vicenza si sta veramente bene ed è proprio per questo che desidero ringraziare i vicentini!

Marco Vigliocco

Grazie Marco, da un vicentino di adozione che arriva qui nel 1992 da un paese del basso Lazio (18 anni di vita) via Roma (24 anni). In questa città e in questo territorio ho fatto tante belle cose, anche nel mondo dello sport di alto livello (pallavolo femminile); altre ne ho subite di poco belle e qui ho lottato da giornalista per questa gente e contro alcuni che l’hanno impoverita.

Leggere le sue lodi alle bellezze di Vicenza e all’accoglienza della sua gente migliore mi conforta e mi rafforza nella volontà di fare quanto in mio potere, come anche solo pubblicare la sua lettera, per far sì che altri non la “strizzino” solo per interesse e che gli italiani, tanti come lei, e gli stranieri, sempre di più, vengano a scoprire, riscoprire e vedere come è bella Vicenza aiutando i vicentini, nati qui o arrivati non importa da dove, a mantenere al meglio questa piccola grande bellezza.

Piccola, come la città, ma grande come la sua storia, i suoi monumenti e palazzi e i suoi, spesso dimenticati, produttori di cultura, donne e uomini.

Tutto questo stiamo provando a raccontarlo non solo su ViPiu.it ma su un’altra testata che abbiamo dedicato al bello e al buono di Vicenza e dintorni: laltravicenza.it.

Chiesa di San Lorenzo (Vicenza), foto di Marco Vigliocco
Chiesa di San Lorenzo (Vicenza), foto di Marco Vigliocco

Grazie per gli scatti che ha voluto condividere con chi, magari, ogni giorno passa davanti a questi scorci di Vicenza che l’hanno colpita e non si accorge, per la miopia indotta dall’abitudine, del privilegio che ha nel poterli guardare sempre, di giorno e di notte, col sole e sotto l’acqua.

Grazie, infine, per avermi dato un motivo in più per rimanere qui.

Giovanni Coviello

Toponomastica, mille anni di storie vicentine

La toponomastica è una scienza, parte della linguistica, che studia i nomi dei luoghi e del territorio. Ha profondi collegamenti con la Storia e la Geografia. A Vicenza, cominciò la sua attività di classificazione per strade, piazze, cortili ecc. grazie a degli studiosi come Giovanni Da Schio, Tito Buy, Emanuele Potente, Giovanni Ronzani, il conte Da Porto.

Il consigliere comunale Potente, il 26 maggio 1911 presentò come Commissione Toponomastica, un progetto per la Giunta Municipale “onde provvedere ai nomi da darsi alle strade di nuova costruzione e dei principi per studiare una nomenclatura con richiami storico linguistici anche dialettali che fosse compresa dalla popolazione”.

Furono così diligenti da stabilire persino il materiale e le dimensioni delle lapidi (marmo di Chiampo) su cui si doveva incidere il toponimo scelto. Spesso i nomi non erano graditi al popolo o alla chiesa vedi Contra’ Cesare Battisti (già contra’ del Duomo) intitolata nel 1916 all’irredento Trentino arruolatosi nel Battaglione Alpino Vicenza. Spesso entrava in gioco la Politica del Consiglio Comunale che si divideva sui nomi da conservare o cancellare a seconda dell’appartenenza.

Comunque grazie all’ufficio Ecografico Comunale c’è una toponomastica del centro Storico che è unica e si richiama fortemente alla storia della città in particolare al Risorgimento Vicentino: marzo, aprile, maggio del X giugno 1848. Una delle contra’ più antiche è quella dedicata ai Fratelli Pasini e deliberata il 31 maggio 1881.

È del 7 aprile 1906 l’intitolazione a Fedele Lampertico della Strada in centro già denominata della Calonega (canonica, abitazione dei preti). Un’altra lapide ben scritta ma poco conosciuta è Via Giampaolo Bonollo (già prà delle oche) patriota Vicentino, l’intitolazione venne deliberata il 13 luglio 1914. Spesso intervenivano anche i cittadini con appelli e petizioni al Sindaco come avvenne nel 1895 quando 400 cittadini presentarono all’Amministrazione comunale per la piazza del Ponte degli Angeli affinché fosse denominata Piazza XX settembre (1870) e così fu fatto.

Il 18 ottobre 1898, il Consiglio Comunale, deliberava di intitolare a ricordo della grande giornata del Dieci Giugno 1848, la strada più lunga del Comune (metri 3.700) parte infatti dal Ponte di Santa Libera e termina al confine con il Comune di Arcugnano, i luoghi furono teatro delle battaglie del ‘48.

Nel tempo tuttavia, la memoria storica della città si è affievolita, e per una par- te politica, la storia di Vicenza comincia dopo il 25 aprile 1945 che per la nostra città dovrebbe essere 28 aprile 1945. Ma Vicenza ha un patrimonio di cittadini benemeriti e benefattori, poeti, letterati, santi, musicisti e altro datato X° secolo, più di 1000 anni di Storie Vicentine che bisognerebbe rispolverare, approfondire, verificare e non limitarsi alle commemorazioni di Piazza.

Della Toponomastica si è interessato il Fascismo che cancellò tutti i nomi di Casa Savoia, poi dopo il 1945 l’Amministrazione Comunale del Sindaco Faccio, cancellò il resto come, la Medaglia d’oro Ernesto Monico cui era intitolata la Piazzetta del Mutilato. In tempi moderni il Ministero dei Trasporti con il Codice della Strada paragona la cartellonistica stradale e indicazioni viarie come toponomastica ma senza nessun altra indicazione, il tutto mediante una palificazione tubolare del territorio invasiva, avvitata con bulloni, facilmente deperibile. Il risultato è quello di una Vicenza, disordinata, spendacciona, con una cartellonistica di lamiere contorte, che deturpano ogni angolo della città.

Il fenomeno è rilevante anche in centro storico. Infine ci sono tabelle che riportano la stessa dicitura ma stampata in modo diverso.

Di Luciano Parolin Da Storie Vicentine n. 6 gennaio-febbraio 2022


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Festival Vicenza in Lirica … e rideremo delle farfalle dorate

Giunge all’undicesima edizione il “Festival Vicenza in Lirica…e rideremo delle farfalle dorate ideato e promosso dall’associazione Concetto Armonico, con la direzione artistica di Andrea Castello.

Il Festival gode del sostegno del Ministero della Cultura, del sostegno e collaborazione del Comune di Vicenza e di AGSM AIM, del patrocinio della Regione del Veneto, del Teatro La Fenice di Venezia, del Comune di Sabbioneta e della collaborazione con l’Archivio storico Tullio Serafin.

Inoltre, sponsor privati, partner e collaborazioni supportano l’iniziativa. È fondamentale la collaborazione con le Gallerie d’Italia – Vicenza, istituzione fra le prime a credere nel festival.

La rassegna, che trova ospitalità alTeatro Olimpico con un cartellone denso di proposte articolate dal 7 giugno al 10 settembre, per poi concludersi ad ottobre è stata presentata all’Odeo del Teatro Olimpico dall’amministrazione comunale e dal direttore artistico Andrea Castello.

“La nuova edizione di Vicenza in Lirica è particolarmente ricca grazie al grande lavoro del direttore artistico Andrea Castello che, anno dopo anno, con passione e dedizione, riesce a far crescere sempre di più l’apprezzato e partecipato festival – ha commentato l’amministrazione -. Accanto all’attenzione sempre rivolta ai giovani e alla solidarietà desideriamo sottolineare le numerose collaborazioni con realtà non solo del territorio ma anche con festival e istituzioni fuori provincia e regione che conferiscono al cartellone uno spessore nazionale e internazionale. Infine l’originalità degli spettacoli proposti non mancherà di suscitare curiosità ed interesse nel pubblico appassionato”.

“Come per ogni edizione, desidero iniziare questo mio saluto con lo stesso entusiasmo ricco di riconoscenza verso tutti coloro che sostengono il Festival Vicenza in Lirica, dalle Istituzioni agli artisti, dal pubblico alla stampa e, non per ultimo, agli sponsor che sono linfa vitale del festival e della cultura – ha dichiarato il direttore artistico Andrea Castello -. Sento sempre di più una grande responsabilità verso i giovani artisti cantanti lirici che in Vicenza in Lirica trovano un trampolino per iniziare a realizzare i loro sogni o, meglio dire, il loro lavoro di artista. Undici edizioni di sinergie, collaborazioni, incontri, idee, che arricchiscono sempre di più la qualità artistica del Festival, propagandola anche in altre città. La parola Festival per me e per il mio team è sinonimo di opportunità e, proprio per questo, i primi ad essere coinvolti nella programmazione sono i giovani artisti dal Concorso lirico Tullio Serafin o vincitori di altri premi in manifestazioni che mi vedono impegnato in giuria. Ai giovani si aggiungono i grandi nomi della lirica spesso ingaggiati nella formazione dietro le quinte, ma anche sul palcoscenico del Teatro Olimpico, unico al mondo. Buon Festival…e rideremo delle farfalle dorate”.

Il Festival si è sempre presentato come uno spazio di attenzione ai giovani artisti in formazione sostenuti e perfezionati dai grandi nomi della lirica, tra cui Barbara Frittoli e Sara Mingardo. Anche quest’anno Vicenza in Lirica conferma il sostegno alle nuove promesse della lirica, offrendo loro la possibilità di mettersi in gioco nelle produzioni in cartellone attraverso un percorso di Opera-Studio e grazie alle masterclass di canto lirico. Proprio per l’attenzione che il Festival riserva alle nuove generazioni di cantanti, l’edizione del 2023 si aprirà con un concerto Finale del Concorso lirico Tullio Serafin al Teatro Olimpico (7 giugno alle 20.30) e con protagonista il genio di Salisburgo Wolfgang Amadeus Mozart. Dopo le selezioni svoltesi al Teatro dell’Opera di Roma, Teatro alla Scala di Milano, Teatro Carlo Felice di Genova, Teatro Tullio Serafin di Cavarzere, The Israeli Opera Tel Aviv e Teatro Olimpico di Vicenza, le giovani voci selezionate si contenderanno i ruoli dell’opera Così Fan tutte di Wolfgang Amadeus Mozart al Teatro Olimpico. La giuria sarà presieduta dal Maestro Alessandro Galoppini, casting manager del Teatro alla Scala.

Il 10 giugno alle 21 ritorna il concerto benefico a favore di Assi Gulliver–Associazione Sindrome di Sotos Italia. Protagonisti del concerto il Coro e Orchestra di Vicenza diretti da Giuliano Fracasso, il soprano Claudia Belluomini e con la straordinaria partecipazione del contralto Alessandra Visentin. Tutto il ricavato della serata sarà devoluto in beneficenza ad Assi Gulliver e destinato alla ricerca, verso questa malattia genetica rara che colpisce un bambino su 14.000. Il concerto sarà reso possibile grazie all’intervento della Casa di Cura Villa Berica di Vicenza e Vidata, principali sostenitori della causa benefica sostenuta da Concetto Armonico.

Vicenza in Lirica è tra queifestival che hanno l’ambizione di proporre riscoperte come “Ecuba, opera in tre atti di Gian Francesco Malipiero amico di Tullio Serafin, che la diresse in prima assoluta al Teatro Reale dell’Opera di Roma nel 1941. “Ecuba” (in forma di concerto), che rientra nel progetto ideato da Concetto Armonico Malipiero, Callas, Serafin maestri del ‘900, andrà in scena al Teatro Olimpico l’11 giugno alle 21: si esibiranno Yuliya Pogrebnyak (Ecuba), Laura Polverelli (Polissena), Graziella De Battista (una servente), Paolo Leonardi (Ulisse), Patrizio La Placa (Taltibio), Michele Soldo (Agamennone), Alberto Mastromarino (Polimestore). La direzione dell’Orchestra di Padova e del Veneto è affidata al maestro Marco Angius; coro Iris Ensemble preparato da Marina Malavasi.

Nell’ambito della formazione, nel mese di giugno, sono in programma due master class di canto lirico tenute da Giovanna Canetti e Barbara Frittoli presso l’Oratorio San Nicola. I percorsi formativi che vedranno protagonisti giovani cantati lirici provenienti da tutto il mondo, troveranno la loro conclusione con il concerto finale rispettivamente il 12 giugno ed il 17 giugno alle ore 21.

Vicenza in Lirica il 21 giugno, per la “Festa europea della Musica, nel giardino del Teatro Olimpico proporrà “Bacio sublime, concerto dedicato alla musica di Puccini con l’Ensemble dell’Orchestra dei Colli Morenici ed i solisti del Festival premiati dal direttore artistico Andrea Castello in altri Concorsi lirici.

La seconda parte del Festival Vicenza in Lirica si terrà dal 2 al 10 settembre e, ancora una volta, a dare l’avvio alla kermesse tanto attesa sia a livello nazionale che internazionale saranno i giovani con il concerto finale della master class tenuta dal mezzosoprano Renata Lamanda (Oratorio di San Nicola, 1 settembre ore 21).

In onore di Giacomo Puccini, gli artisti della Puccini Festival Academy del Festival di Torre del Lago si presenteranno all’Odeo del Teatro Olimpico il 2 settembre alle ore 21 in un recital dedicato al Maestro lucchese. Una collaborazione, questa, tra Festival Vicenza in Lirica e Fondazione Festival Puccini, ripresa dopo gli “stop” imposti dalla pandemia.

Tra gli eventi principali del Festival, l’esecuzione del “Requiem di W.A. Mozart aprirà ufficialmente il cartellone lunedì 4 settembre alle 21 al Teatro Olimpico. Protagonisti del concerto saranno Barbara Frittoli, Sara Mingardo, Riccardo Zanellato, Roberto Manuel Zangari ed il coro “Iris ensemble” preparato da Marina Malavasi. Con il celebre capolavoro mozartiano, debutterà al Festival vicentino L’Orchestra Camerata Musicale Città di Arco (Trento), diretta dal Maestro Marco Comin, già applaudito nel festival 2021.

Dopo “Mitridate, Re di Ponto” (2021) e “Don Giovanni” (2022) è la volta dell’opera “Così fan tutte di W.A. Mozart, produzione ufficiale dell’undicesimo Festival Vicenza in Lirica. Protagonisti saranno i vincitori del Concorso lirico Tullio Serafin che parteciperanno ad un’ Opera-Studio a partire da agosto 2023 tenuta da Barbara Frittoli che curerà i recitativi, Edmondo Mosè Savio che curerà la parte musicale e dirigerà il capolavoro mozartiano, Cesare Scarton per quanto riguarda la regia. Un intenso lavoro che farà debuttare i solisti in uno dei palchi più ambiti del panorama lirico internazionale, con l’Orchestra dei Colli Morenici, realtà musicale consolidata che ritorna a Vicenza dopo il successo ottenuto nel 2022 con il Don Giovanni. La parte corale è affidata a Voc’è – laboratorio corale classico preparato da Alberto Spadarotto (recite 9 e 10 settembre ore 20,30 – prova generale aperta al pubblico 7 settembre ore 20.30).

Parlando di titoli poco eseguiti, il Festival farà un salto all’indietro nel tempo all’origine del melodramma, con l‘intermezzo comico del ‘700 di scuola napoletana “L’ammalato immaginario di Leonardo Vinci, presentato nel cortile della Gallerie Italia – Vicenza venerdì 8 settembre, ore 17. Giovani protagonisti dell’intermezzo saranno: Elisabetta Ricci e Daniel Di Prinzio, la mise en espace curata da Anna Perotta (che debutta nel festival dopo l’esperienza maturata nel 2022) e con l’accompagnamento musicale dell’Ensemble Vicenza in Lirica diretto al cembalo da Sergio Gasparella.

Particolare attenzione merita anche il concerto dedicato ad Astor Piazzolla “Tango e le Quattro stagioni di Buenos Aires, eseguito dall’Ensemble Euritmus. L’evento è organizzato in collaborazione con Italia Exhibition Group, Vicenzaoro e ViOff, in occasione della Fiera Oro di settembre, con il quale il festival riprende la collaborazione dopo la pandemia (8 settembre alle ore 21, luogo da definire).

Riprende in grande stile anche il programma “Artigiani all’Opera in collaborazione e con il sostegno di Confartigianato Imprese Vicenza. Saranno sette gli Artigiani con la loro “bottega” che si avvicineranno al mondo del teatro, ampliando la propria esperienza a contatto con gli artisti del festival: dal trucco al parrucco, dalla fotografia alla comunicazione, dalla sartoria alle luci. Un intenso percorso che li porterà a diventare veri protagonisti nel cartellone del festival (ognuno nelle proprie mansioni) per il progetto dell’intermezzo di Leonardo Vinci.

Le scuole ritorneranno ad essere protagoniste nel programma dedicato ai giovani, voluto dalla direzione artistica. Sono diverse le scuole del territorio, ma anche da fuori regione che parteciperanno al festival, portando a teatro gli alunni accompagnati dai loro docenti, da famigliari ed amici, magari profani di teatro. Una nuova collaborazione è stata instaurata con l’Istituto Alessandro Rossi di Vicenza e con il Liceo Tito Lucrezio Caro di Cittadella. Confermata la pluriennale presenza con il liceo Guarino Veronese di San Bonifacio e con l’Istituto Madonna della Neve di Brescia. Oltre alla presenza in teatro durante gli spettacoli, alcuni alunni verranno coinvolti nelle produzioni del Festival.

Sono molte le collaborazioni presenti: il Festival ha instaurato una sinergia con il Comune di Sabbioneta ed il Teatro all’Antica “gemello” del Teatro Olimpico di Vicenza. Un’altra nuova collaborazione è stata confermata con Aria di Musica di Roma. Ritorna ancora una volta a Vicenza l’Archivio Ricordi di Milano con una conferenza tenuta da Pierluigi Ledda e riguardante l’opera Medea di Luigi Cherubini, registrata dalla Callas e Serafin nel 1957. Il progetto con l’Archivio Ricordi rientra nel programma Malipiero, Callas, Serafin, maestri del ‘900, nel centenario dalla nascita della diva greca, che si svolgerà ad ottobre presso Oratorio di San Nicola. Le città ed istituzioni che collaboreranno con il Festival Vicenza in Lirica ospiteranno, a sua volta, un concerto. Un’ulteriore collaborazione è quella instaurata con l’Istituto Italiano di Cultura di Amsterdam, che ospiterà un concerto con protagonisti dell’opera “Così fan tutte (ottobre 2023). Consolidata la presenza del Comune di Cavarzere – paese natale di Tullio Serafin – che ospiterà all’interno del Cavarzere Opera Festival alcuni titoli del cartellone di Vicenza in Lirica (ottobre 2023). Grazie alla sensibilità del Sovrintendente Fortunato Ortombina è stato nuovamente confermato il patrocinio del Teatro La Fenice di Venezia arricchito con la consueta collaborazione riguardante gli abbonati che potranno accedere agli spettacoli del Festival con un biglietto in convenzione.

Il Festival si concluderà con I martedì musicali del Festival Vicenza in Lirica, il 3, 10, 17, 24 ottobre, alle 17 all’Oratorio di San Nicola (programma in via di definizione).

Cartellone completo e info sui biglietti su www.vicenzainlirica.it

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Fonte: “Festival Vicenza in Lirica…e rideremo delle farfalle dorate” , Comune di Vicenza

Altissimo, dalla grotta di Lourdes più piccola del vicentino ai panorami di collina

Nell’Alta Valle del Chiampo, ad Altissimo è presente una piccola grotta di Lourdes. In realtà è la cavità nella roccia ad essere piccolina, ma la parete rocciosa è abbastanza alta. Vi avevamo parlato di altre grotte di Lourdes presenti nel vicentino. La riproduzione più somigliante a quella di Lourdes in Francia è quella della pieve di Chiampo, poi c’è quella a metà scalinata della chiesa di Quargnenta e un’altra grotta in collina a Trissino. Ad Altissimo, oltre al questo luogo di culto, si possono ammirare chiese e panorami mozzafiato.

La grotta di Lourdes

Arrivando da Castelvecchio di Valdagno, si procede per il Passo S. Caterina che porta alla frazione di Campanella. Da qui si scende e, lungo la strada provinciale, si trova una parete di roccia, contenente la statua della Madonna. E’ un luogo molto suggestivo. E’ possibile parcheggiare nello spiazzo a fianco e fermarsi ad osservare. la grotta non è molto conosciuta perchè i pellegrini, anche internazionali, preferiscono recarsi in pievi più popolari, come ad esempio quella di Chiampo.

grotta altissimo
La grotta di Lourdes ad Altissimo. Foto di Flaviano Gemo da google maps

Da Campanella al centro di Altissimo

Anche la frazione di Campanella è molto suggestiva e indicata per belle passeggiate. Qui si trova anche un’azienda agricola biologica, che è anche agriturismo e fattoria didattica, che segue un modello di agricoltura biologica per tutelare la fertilità e la gestione sostenibile del suolo. Coltiva mais marano, patate pregiate di montagna, ortaggi, frumento, utilizzate per l’agriturismo e per la vendita nello spaccio aziendale. In questa zona si possono esplorare magnifici sentieri in mezzo alla natura. Proseguendo poi verso il paese di Altissimo, si rimane affascinati dalla chiesa e dal campanile arroccato nella roccia.

campanile altissimo
Il campanile di Altissimo. Foto: Marta Cardini

La chiesa di San Nicola

La chiesa parrocchiale è dedicata a San Nicola. Sorse come cappella attorno al XIII secolo, presumibilmente in concomitanza con l’immigrazione di popolazioni di origine tedesca giunte nell’alto Vicentino per disboscare e risanare questa zona. Un’indiretta conferma di tale ipotesi risulterebbe essere la scelta dell’intitolazione a san Nicola, uno dei santi prediletti dalla tradizione religiosa tedesca. Significativa è inoltre la presenza del clero appartenente allo stesso ceppo etnico: risulta infatti dagli inventari dei beni, redatti nel 1444, che ad officiare la chiesa di Altissimo fosse il prete Corrado “de Alemania”.

chiesa altissimo
La chiesa di S. Nicola. Foto: Marta Cardini

Inizialmente soggetta alla pieve di Santa Maria di Chiampo, divenne nel XIII secolo parrocchia autonoma, come attestano le “Raciones decimarum”, ossia i rendiconti delle riscossioni dell’imposta straordinaria sulle rendite ecclesiastiche, che il papato prelevava per il finanziamento delle crociate o per altri particolari bisogni della Chiesa.
L’attuale chiesa è stata ricostruita nella seconda metà del secolo XIX.

Mentre nella frazione di Campanella è presente la suggestiva chiesa di S. Macario e nella frazione di Molino c’è la chiesa di S. Francesco d’Assisi.

 

 

András Schiff: nozze d’argento con il Teatro Olimpico di Vicenza per il pianista e direttore d’orchestra ungherese

Per Sir András Schiff gli otto giorni, fra prove e concerti, che trascorre ogni anno a Vicenza in occasione del festival Omaggio a Palladio sono una parentesi gioiosa e irrinunciabile, all’interno del suo fitto calendario di impegni artistici.

Lo è perché per il maestro ungherese il Teatro Olimpico disegnato da Andrea Palladio è “il più bello del mondo”; perché ha il piacere di condividere quest’avventura con decine di amici – i componenti dell’orchestra Cappella Andrea Barca – con i quali c’è grande affinità elettiva; perché, infine, centinaia di appassionati provenienti da tutta Europa ogni anno si ritrovano a Vicenza per venirlo ad applaudire.

Il copione si ripete quest’anno per la venticinquesima volta – da giovedì 4 a domenica 7 maggio per l’organizzazione della Società del Quartetto – con la scelta di mettere al centro dei quattro concerti un tris di autori per i quali Schiff prova una profonda ammirazione: Joseph Haydn, Wolfgang Amadeus Mozart e Johannes Brahms.

Si inizia il 4 maggio 2023 con un recital pianistico “a sorpresa” dedicato a Haydn e Mozart. Sarà lo stesso pianista ungherese ad annunciare e presentare i brani nel corso della serata.
C’è ancora Haydn nella tradizionale finestra che ogni anno il festival apre sui capolavori della musica sacra. Sotto la direzione di Schiff, venerdì 5 la Cappella Andrea Barca, l’ensemble corale Schola San Rocco e le voci soliste di Regula Mühlemann, Werner Güra, Robert Holl e Georg Klimbacher eseguono alla Basilica di San Felice il maestoso oratorio Die Schöpfung (La Creazione).

Di ritorno al Teatro Olimpico, sabato 6 tocca a Mozart. Dall’ampio catalogo del maestro salisburghese Schiff ha selezionato, come brano di apertura, il Divertimento in Re maggiore K. 334 per coppie di corni e di violini, viola e violoncello. A seguire la Sinfonia “Linzer” del 1783, capolavoro nato in una manciata di giorni e dal carattere marcatamente haydniano. Per finire il luminoso Concerto per pianoforte in Sol maggiore K. 453, con Sir András Schiff coinvolto nella direzione e nel notevole impegno virtuosistico richiesto dalla partitura al pianista.

Nella serata conclusiva di domenica 7 maggio 2023 c’è spazio per Brahms, il grande vecchio. All’inizio Schiff accompagna al pianoforte il baritono olandese Robert Holl nell’esecuzione dei Vier ernste Gesänge (Quattro Canti da testi della Bibbia) Op. 121.
Della tarda produzione brahmsiana sono anche il secondo Quintetto per archi in Sol Maggiore e la Sinfonia n. 4 in Mi minore, capitolo conclusivo del suo breve ma intenso excursus nella scrittura sinfonica.

Al termine del festival, lunedì 8 maggio, Sir András Schiff riceverà nel corso di un evento organizzato dall’Accademia Olimpica di Vicenza il premio “Lauro Olimpico” per lo straordinario apporto dato dal maestro alla valorizzazione dell’opera palladiana in tutto il mondo.

Terrazza della Basilica palladiana di Vicenza, apre il servizio bar

Da venerdì 28 aprile 2023 aprirà in orario serale il servizio bar nella terrazza della Basilica palladiana di Vicenza. Fino al 30 settembre sarà accessibile ogni venerdì e sabato, dalle 19 all’una di notte, e la domenica dalle 18.30 alle 23.

Per accedere alla terrazza dal venerdì alla domenica in orario serale, con il bar aperto è necessario acquistare il biglietto intero di 2 euro per i residenti fuori provincia o il biglietto ridotto di 1 euro per residenti di città e provincia. Gratuito per bambini e ragazzi fino ai 17 anni. A disposizione un abbonamento da 10 euro con validità di 6 mesi dalla data di acquisto (utilizzabile solo in orario serale).

Venerdì 7 aprile la terrazza ha aperto per le visite in orario diurno dal venerdì alla domenica dalle 10 alle 18. L’ingresso è previsto fino a 30 minuti prima della chiusura.
Per accedere alla terrazza dal venerdì alla domenica, dalle 10 alle 18, con la possibilità di vedere parzialmente il salone (dove fino al 28 maggio è allestita la mostra “I creatori dell’Egitto eterno”) e il loggiato al primo piano: biglietto intero 5 euro, biglietto ridotto 2 euro (per residenti di città e provincia). Ingresso gratuito per bambini e ragazzi fino ai 17 anni.

Il biglietto di ingresso alla mostra “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone”, nel salone della Basilica, non comprende la visita in terrazza.
La terrazza è aperta, in orario diurno, anche lunedì 1 maggio.

I biglietti si possono acquistare all’infopoint e biglietteria in Basilica palladiana, piazza dei Signori da martedì a domenica dalle 10 alle 18 (chiuso il lunedì; aperto lunedì 1 maggio); 0444222855, [email protected].
E’ possibile acquistare i biglietti anche in orario serale durante l’apertura del bar.

Consulta la scheda sulla Basilica palladiana per ulteriori informazioni.

Informazioni sui Musei civici: https://www.museicivicivicenza.it/it/

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Fonte: Comune di Vicenza

Museo Naturalistico Archeologico di Vicenza, la valorizzazione con un progetto del liceo artistico Boscardin

“Valorizzazione Museo Naturalistico Archeologico di Vicenza”. Questo il titolo del progetto del liceo artistico IIS Boscardin che sarà presentato oggi, venerdì 28 aprile 2023, alle 17 nella sala dei Chiostri di Santa Corona. Si trattadi un progetto Percorsi per le competenze trasversali e di orientamento (Pcto) di 13 studenti di 4 ALA indirizzo architettura e ambiente.

Il progetto si inserisce nella collaborazione tra Comune di Vicenza e il liceo artistico “Boscardin” di Vicenza per le esperienze di Pcto e nel programma di avvio di una progettazione del Museo secondo standard museologici attuali.

Il percorso ha accresciuto le competenze specifiche degli studenti in materia di promozione dei beni culturali, valorizzazione del patrimonio artistico e attenzione e cura dell’ambiente e del territorio. La classe ha sviluppato una capacità di ideare e progettare linee di intervento concretamente attuabili, lavorando in gruppo e singolarmente avanzando soluzioni creative a problemi reali. L’orientamento degli alunni è avvenuto anche attraverso una conoscenza del luogo, dei reperti e delle persone che vi lavorano intervistando la curatrice del Museo.

La collaborazione dei Musei civici con l’Istituto Boscardin è estesa anche ad altri settori.

In ambito naturalistico gli studenti dell’indirizzo scenografia stanno partecipando alla realizzazione della mostra temporanea “Una smodata passione per i coleotteri: storie di insetti e di entomologi vicentini” che aprirà a giugno 2023.

Per l’ambito pittorico e figurativo invece i ragazzi di alcune classi quinte e terze hanno lavorato per il progetto “Adotta un’opera” che vedrà la realizzazione di una mostra degli elaborati alle Gallerie di Palazzo Thiene. Gli studenti hanno studiato il palazzo e le opere esposte, rielaborandone una propria versione: le realizzazioni più significative verranno esposte accanto all’opera originaria dal 19 maggio al 4 giugno. Attraverso un apposito qrCode sarà possibile vedere i video dedicati al progetto realizzati dai ragazzi. Le immagini dei lavori verranno pubblicate sui social dei Musei Civici.

Tutte le iniziative rientrano nel progetto di inclusione museale dell’amministrazione, che sempre più cerca di dialogare con il pubblico. Il Pcto nei musei ha consentito ai ragazzi di fare un’esperienza di valorizzazione dei beni artistici.

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Fonte: Comune di Vicenza