giovedì, Novembre 21, 2024
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Le più famose botteghe del secolo, quando Corso Palladio era il “Paradiso delle signore”

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Corso Palladio ospitava, poco dopo la Chiesa dei Filippini la meravigliosa boutique “Spagnolo Olga” fondata con tutta probabilità quando sul Corso, all’epoca ancora Corso Umberto I°, transitavano matrone in portantina e patrizi a cavallo. In vetrina abiti rigorosamente accollatissimi, di tessuti rassicuranti che facevano contrasto a fantasie veramente fantasiose, ricche di richiami preraffaelliti e corredate da accessori di chiara derivazione longobarda.

All’interno solo un banco, tanto da far pensare che l’unica merce fosse quella dell’ombrosa vetrina, e invece no! I vestiti erano furbescamente custoditi in armadi di radica che coprivano la parete di fondo e le due laterali e pronti a schiudersi per rivelare un paradiso di sete e lane finissime pronte a fasciare le dame nobili e le signore dell’alta borghesia berica.

Corso Palladio - Servizio fotografico di GianPaolo Vajenti - Archivio Fondazione Vajenti www. fondazionevajenti.com
Corso Palladio – Servizio fotografico di GianPaolo Vajenti – Archivio Fondazione Vajenti www. fondazionevajenti.com

Poco più avanti, e risalente ad un’era geologica successiva, si trovava, subito prima di Standa – che per decenni fu l’unico supermercato del centro storico – il piccolo ma fornitissimo “Mapa Sport”, che rivaleggiava con il più grande emporio di Piazzale De Gasperi; di fronte il paradiso della “Perugina”, tutto blu di parati e moquette e con le alzatine di Tre Re e Baci sempre freschissimi a fare da corona ai piccoli Grifone.

Anche le mercerie andavano forte parecchio: su Corso Fogazzaro “Andrea Levis” vendeva tutto il necessario per confezionare, modificare e rattoppare qualsiasi indumento mentre in Santa Barbara la spettacolare merceria “Simionato” esponeva le spagnolette di filo come se fossero capolavori di una collezione d’arte; accanto a Simionato le “Sorelle Beltramello” si occupavano di distintivi militari, bottoni e alamari da divisa e da uniformi da lavoro, baschi di tutti i corpi dell’Esercito e altre meraviglie. Li ho davanti agli occhi le Beltramello e il signor Simionato.

Anche le botteghe alimentari non erano da meno: la “Drogheria del Corso” dove il veleno per i topi si accompagnava maliziosamente alle caramelle e le scope di saggina facevano da scorta al caffè in grani, il tutto in una miscela di odori e aromi strepitosa. Araldo Geremia era il re assoluto della “Casa del baccalà” oltre a prestare il suo volto irregolare ed espressivo ad alcune comparsate di lusso nei film che si giravano in città ai tempi d’oro della commedia all’italiana. L’aroma di stoccafisso era preponderante, tanto da profumare anche la mostarda vicentina e la sopressa, ma faceva parte del gioco: quando si entrava da Araldo si usciva comunque un po’ baccalà.

Di Alessandro Cammarano da Storie Vicentine n. 2 Aprile maggio 2021


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