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Luigi Meneghello, grandissimo scrittore vicentino nato a Malo

Luigi Meneghello. Nato a Malo (Vicenza) il 16 febbraio 1922. Nel 1939 si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Padova e nel 1940, a Bologna, partecipa come rappresentante dei GUF di Padova ai Littoriali nel campo degli studi di dottrina fascista vincendo il concorso; fra il 1940 e il 1942, collabora al quotidiano padovano «Il Veneto» con la funzione di «prosatore anonimo di prima e di terza» oltre che di redattore.

L’incontro con il professore Antonio Giuriolo, intorno al quale si riuniscono giovani intellettuali vicentini avversi al regime, segna il passaggio di Meneghello all’antifascismo e la sua partecipazione attiva alla Resistenza.

Nel 1945 si laurea con una tesi sul «Problema della filosofia e della cultura moderna in “La critica”» e comincia a dedicarsi ad attività di propaganda politica e culturale collaborando con il Partito d’Azione e scrivendo sui giornali «Il Lunedí» e «Il Giornale di Vicenza». Nel 1947, vinto un concorso del British Council, lascia l’Italia per trasferirsi in Inghilterra dove frequenterà l’Università di Reading: «L’incontro con la cultura degli inglesi, afferma l’autore, e lo shock della loro lingua, hanno avuto per me un’importanza determinante». Comincia un «periodo di ripensamento sull’Italia, l’Inghilterra, la guerra, la pace, gli studi, la società moderna, la civiltà di massa e altro ancora».

Nel 1948 sposa Katia Bleier. Negli anni Cinquanta collabora alla rivista di Adriano Olivetti «Comunità » e traduce testi di filosofia e storia per l’editore Neri Pozza e per le Edizioni di Comunità, con lo pseudonimo Ugo Varnai. Nel 1961 fonda nell’Università di Reading il Dipartimento di Studi Italiani da lui diretto, e dal 1964 gli viene offerta la cattedra d’italiano.

All’attività accademica affianca una costante produzione narrativa, di impianto fortemente autobiografico: Libera nos a Malo (1963 e in una nuova edizione nel 1975) definita da Giorgio Bassani «un’opera di grandissima bellezza»; l’anno successivo esce I piccoli maestri (riedito nel 1976). Contestualmente alle riedizioni delle due prime opere, negli anni Settanta Meneghello scrive in modo «impetuoso» Pomo pero.

Paralipomeni d’un libro di famiglia (1974) e Fiori italiani (1976), l’opera che rievoca l’esperienza scolastica negli anni del fascismo. Attento indagatore della realtà italiana osservata da lontano, Meneghello analizza le trasformazioni sociali e linguistiche e, nella sua scrittura, dà vita ad una singolare sperimentazione che, per rendere la pluridiscorsività sociale e per dare un senso di coralità al narrato, prevede la compresenza di dialetto, italiano e lingua inglese.

Collabora sporadicamente a testate italiane (Corriere della Sera, La Stampa, Il Mondo, Epoca, L’Europeo, Il Gazzettino, Il Giornale di Vicenza) e inglesi (The Guardian).

Nel 1980 lascia Reading e l’università per trasferirsi a Londra e trascorrere lunghi periodi a Thiene, nel vicentino. Pubblica i saggi atipici: Jura. Ricerche sulla natura delle forme scritte (1987, premio Sirmione); Bau-sète (1988, Pre- mio Bagutta), una rievocazione di «ventinove mesi, una decina di stagioni» del dopoguerra, dal 1945 al 1947; Maredè, maredè… Sondaggi nel campo della volgare eloquenza vicentina (1991), «un’immersione nel mare profondo» del dialetto vicentino; Il dispatrio (1993, Premio Mondello), dedicato al trasferimento in Inghilterra e all’esperienza accademica a Reading; Trapianti (2002), una scelta di traduzioni dall’inglese al vicentino; Quaggiú nella biosfera (2004) che raccoglie due lezioni magistrali e un intervento su Fenoglio.

A questa intensa attività letteraria e saggistica si affianca la stesura, fra il 1963 e il 1989, di un complesso diario intimo che registra «di giorno in giorno su fogli e foglietti […] aforismi, appunti, note di diario, abbozzi di cose incompiute, progetti o barlumi di progetti […] esperimenti, fantasie e sgorbi». Questo vasto materiale è stato raccolto nei tre volumi Le Carte. Materiali manoscritti inediti 1963-1989 trascritti e ripuliti nei tardi anni Novanta usciti rispettivamente nel 1999 (sugli anni Sessanta), nel 2000 (sugli anni Settanta) e nel 2001 (sugli anni Ottanta). Fra il 2004 e il 2006 collabora con Il Sole-24 Ore pubblicando articoli con il titolo di Nuove Carte.

Luigi Meneghello muore a Thiene il 26 giugno 2007.

Da Storie Vicentine n. 7 marzo-aprile 2022


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Palazzo Vecchia Thiene Romanelli in contrà Cantarane a Vicenza. Passeggiare nella storia (puntata 7)

Secondo gli storici palazzo Vecchia era “forse il più raffinato del secolo”. All’interno esistevano affreschi del Tiepolo, varie stanze con stucchi, caminetti, splendido pavimento. Il tutto fu alterato dal nuovo proprietario il conte Ercole Thiene che lo acquistò nel 1840.

Lunedì 28 maggio 1838, morì Francesco Vecchia di anni 66 che abitava nel Palazzo di famiglia alle Cantarane senza lasciare testamento causando la fine del casato e la dispersione del patrimonio: quadreria, opere d’arte, mobili. Alcuni mesi dopo il 1° e 13 novembre 1838, il patrimonio della famiglia Vecchia andò all’asta, alienando quindi tutti i beni. Due anni dopo, il bellissimo palazzo di Contrà Cantarane, fu acquisito da Ercole Thiene, che aveva sposato Teresa Vecchia di Pietro, nipote di Francesco, cambiando proprietà il Palazzo cambiò nome diventando Palazzo Thiene.

Ercole Thiene era nato a Vicenza, il 20 marzo 1803 da Giangiacomo e Lucia Porto. Il 13 febbraio 1825, sposò a Bergamo, la contessa Elena Vailetti da cui, il 4 luglio 1826, ebbe un figlio Giangiacomo morto il 26 luglio 1851. Il 26 agosto del 1830 la moglie Elena a soli 23 anni, morì. Il conte Thiene passò a seconde nozze con Teresa Vecchia, donna virtuosa e caritatevole, nata il 14 gennaio 1811 morta il 17 maggio 1889. Teresa, aveva una sorella Claudia sposata al nobile Luigi Porto eroe del 10 giugno 1848, morta il 15 dicembre 1895 e con lei si esaurì la famiglia Vecchia.

Le cronache di Giovanni Da Schio e altri raccontano degli amori del nobile, innamorato della sorella della prima moglie maritata a Bergamo, suscitando scene di gelosia e dolori nella moglie Elena che fu persino picchiata, “tanto da far venire la febbre” e morire.

Il rapporto con la cognata suscitò scandalo e dubbi sulla morte della contessa. Infatti con la morte dei parenti di Elena Vailetti, il Thiene entrò in possesso di un cospicuo patrimonio. Gonzati racconta che Ercole Thiene fu arrestato ad Orgiano e tradotto sotto scorta a Vicenza in Contrà Santi Apostoli con l’accusa di omicidio, ma poi fu rilasciato per assenza di prove.

Palazzo Vecchia Thiene Romanelli
Palazzo Vecchia Thiene Romanelli (Foto di Emanuele Calegaro)

Le vicende storiche

Famiglia vicentina, che non appartenne a quel ceto nobile pur avendo avuto il titolo di nobile bavarese concesso dal duca di Baviera Giovanni Guglielmo con diploma 8 marzo 1693 a Stefano, di Benedetto, e a tutti i suoi discendenti legittimi d’ambo i sessi, titolo che non fu confermato dalla Repubblica Veneta. Re Vittorio Emanuele II con RR.LL.PP 28 agosto1900 riconobbe e confermò ad Achille Silvio e a tutti i suoi discendenti maschi il titolo di barone.

In data 15 maggio 1750 un fratello di Angelo Vecchia, aveva presentato domanda per “ottenere otto piedi di terreno della pubblica strada (Contrada Motton San Lorenzo) per costruire una scalinata del palazzo” . Sul deposito in £ire ci sono cifre contrastanti, secondo le quali i fratelli Angelo, Marcantonio, Gioacchino avrebbero versato 8258 ducati a testa. La scalinata è di otto gradini, balaustra e parapetto ancora visibili. L’avvocato Angelo probabilmente a Venezia avrebbe conosciuto il famoso architetto Giorgio Massari cui si rivolse grazie anche ai consigli di Carlo Cordellina per il palazzo di città alle Cantarane per uso Villa o Palazzo di famiglia. La costruzione della residenza famigliare è datata 1748.

Di Luciano Parolin da Storie Vicentine n. 6 gennaio-febbraio 2022


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In piazza dei Signori la finale della gara di lettura VIva chi legge!

In piazza dei Signori, nello spazio davanti alla Loggia del Capitaniato, si è svolta, dalle 15 alle 16.30, la finale di VIva chi legge!, gara di lettura tra gli istituti superiori ispirata alla trasmissione televisiva “Per un pugno di libri”. La dodicesima edizione è tornata quest’anno nel cuore cittadino dopo il periodo della pandemia, quando l’iniziativa è stata svolta online.

VIva chi legge! è stata promossa dalla Rete territoriale dei servizi e dal Coordinamento insegnanti delle scuole superiori di Vicenza per la promozione della lettura.

A sfidarsi in piazza, sul livello di conoscenza e approfondimento del libro di Italo Calvino “Il sentiero dei nidi di ragno”, sono state13 classi per altrettantiistituti della provincia di Vicenza più uno padovano, ospite speciale della manifestazione,in rappresentanza delle106 classi totali che hanno partecipato. La gara è stata vinta dalla 2AA dell’istituto tecnico commerciale statale Einaudi Gramsci di Padova, che ottenuto in premio 300 euro in buoni libri. Seconda classificata la 2AS del liceo scientifico Jacopo da Ponte di Bassanoe terza la 2BC del liceo Pigafetta di Vicenza.

Nel corso della finale si sono svolti cinque giochi: “Se lo sai rispondi”, “Autori resistenti”, “Lessico”, “Chi è? Chi l’ha detto?” e “Vero o falso?”.

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Fonte: Comune di Vicenza

Arianna e Massimo raccontano l’amore per la viticoltura che rispetta la biodiversità dell’ambiente. Ecco la storia della Cantina Masari

La Cantina Masari è un’azienda vitivinicola a conduzione famigliare che si trova a Valdagno, nella strada che va al Santuario di Santa Maria di Panisacco. Si tratta di un’impresa conosciuta a livello internazionale e molto attenta all’ambiente circostante e alla sua biodiversità. Da viticoltori artigiani, i titolari Arianna Tessari e Massimo Dal Lago, si sono fatti interpreti e custodi del territorio della Valle dell’Agno, coltivando 10 ettari di terreno con regime biologico.

Chi sono Arianna e Massimo

Nel 1998 i due coniugi decisero di unire la loro passione per la viticoltura e ricercarono i vecchi vigneti nella Valle dell’Agno e le varietà locali per coltivarli con grande attenzione e rispetto. Da qui iniziarono a creare vini d’eccellenza, aprendo la cantina Masari, che si chiama così proprio dall’unione dei due nome di Massimo e Arianna.

cantina masari
Alcuni vigneti dell’azienda Masari

Arianna proviene da una storica famiglia di viticoltori nella zona del Soave Classico e ha trovato nella Valle d’Agno un territorio  unico e stimolante. Massimo è nato invece nella Valle d’Agno. Enologo per passione, si è formato nelle migliori università europee. Dopo varie importanti esperienze lavorative ha coinvolto Arianna nella avvincente riscoperta della sua terra attraverso il vino. I vigneti si trovano principalmente nelle zone di Montepulgo di Cornedo e Quagnenta di Brogliano. “Si tratta di terreni integri, che non hanno mai conosciuto l’agricoltura intensiva- spiega Arianna-. Nella Valle dell’Agno ci sono le condizioni ideali per produrre vini ricchi di personalità ed eleganza oltre che per le caratteristiche uniche del suolo, anche per il particolare microclima che si crea. Ci si trova tra l’aria fresca che discende dalle montagne, che rende la zona sempre ben ventilata, e l’azione mitigante del torrente Agno che ottimizza le escursioni termiche”.

Com’è diviso il territorio della Valle dell’Agno?

“Il nostro territorio è diviso in due- spiega Arianna- c’è una parte vulcanica, detta la Costa Nera, dove si coltivano i vigneti da cui si ricavano i vini rossi e una parte calcareo-marina, detta la Costa Bianca, da cui si ricavano i vini bianchi freschi, eleganti, ricchi di minerali e alcuni vini rossi. La Costa Nera identifica il versante vulcanico della Valle d’Agno che si trova alla destra orografica. I terreni ricchi di basalto e tufo furono originati dall’antico vulcano Monte Faldo che creò la più estesa area vulcanica del Triveneto. Il terreno è ricco di preziosi minerali e dona al vino mineralità e grande espressività.

vigneti masari
I vigneti di Arianna e Massimo

La Costa Bianca identifica il versante sinistro della Valle d’Agno. I suoli di origine calcarea sono costituiti da calcareniti e marne di tipo marino molto ricche di fossili. L’origine geologica di questi suoli prende il nome di Priaboniano proprio dal piccolo paese di Priabona che si trova al centro di questa area. Questi terreni rocciosi sono molto ricchi in argilla elemento prezioso per la coltivazione della vite su queste colline”.

Quali regole rispettano la biodiversità?

Arianna e Massimo hanno sempre cercato di attuare un’agricoltura consapevole, nel rispetto dell’ambiente e della biodiversità del territorio. “I nostri vigneti- racconta Arianna- sono come isole in mezzo a prati e boschi, di cui abbiamo cercato di salvaguardare le caratteristiche. La grande presenza di insetti predatori e impollinatori, di microrganismi indigeni che vivono in simbiosi con le piante, costituiscono elementi altamente qualificanti in termini di qualità della vita del vigneto che si traduce in qualità del vino prodotto. Ci sentiamo quindi custodi della Valle d’Agno e le nostre pratiche agricole sono rispettose e sostenibili”.

foto barriques
Le botti in cantina

“Rispettiamo quindi alcune fondamentali regole. La regola del terreno ci dice di non concimare. Non facciamo uso di concimi sintetici, erbicidi, insetticidi di qualsiasi tipo, che recano grave danno alla microflora e alle falde acquifere, oltre ad eliminare indistintamente insetti utili e dannosi. La regola della coltivazione ci dice di non irrigare. Le lavorazioni meccaniche hanno il fine di controllare la crescita del manto erboso e di accentuare l’approfondimento delle radici per aumentare la mineralità e l’espressività dei vini oltre alla vitalità e resistenza delle piante. Per la stessa ragione non facciamo uso dell’irrigazione.

La regola dell’ambiente ci dice che esso va curato nel suo insieme, rispettandone la flora e la fauna. Per conservarne l’habitat naturale non più dell’80% della superficie può essere destinata a una qualsiasi forma di coltivazione specializzata, mantenendo così almeno il 20% di aree a prato o bosco. E infine la regola dell’uomo ci dice che con le nostre conoscenze ed esperienze abbiamo la responsabilità di rispettare nella totalità della sua produzione questi principi di agricoltura consapevole”.

Arianna e Massimo vendono metà della loro produzione in Italia e metà all’estero, in Europa, Stati Uniti e Canada.

I riconoscimenti

L’azienda Masari ha ricevuto vari riconoscimenti, come ad esempio il vino “Montepulgo 2013” ha ottenuto il premio “Miglior Vino rosso veneto per l’AIS (Associazione Italiana Sommelier) nel 2021 e, sempre per lo stesso vino ha ottenuto le “Quattro Viti”, massimo riconoscimento da parte dell’Associazione Italiana Sommelier nella Guida VITAE 2021. Molti vini sono poi comparsi in numerose riviste straniere e recensiti da guide enogastronomiche internazionali.

vino
Il vino “Agnobianco” davanti a Villa La Rotonda. Foto: pag. facebook Masari Wine Art

I vini della Valle dell’Agno

Dalla Costa Bianca, il versante sinistro della valle dell’Agno, provengono il pinot nero San Lorenzo e il MM Montepulgo, in cui le due iniziali stanno per Merlot e Montepulgo, il cru dove avviene la selezione nelle annate migliori.
Dalla Costa Nera invece hanno origine i vini “vulcanici” dell’azienda. Qui nascono il Leon (nome dedicato al Leone di San Marco simbolo di Venezia) metodo classico pas dosè da uva Durella, affinato tre anni sui lieviti, l’Agnobianco (dal nome del torrente), da uve Riesling per il 75% e il restante Durella, il pinot Costa Nera e il San Martino, eccezionale blend di Cabernet Sauvignon e Merlot.

 

 

 

Palazzo Repeta in Piazza San Lorenzo a Vicenza. Passeggiare nella storia (puntata 6)

La famiglia Repeta chiamata anche Manfredi originaria della Germania, trapiantatasi in Vicenza nel 1070. Nel 1217 acquistò essa dai Canonici di Vicenza per 10000 lire veronesi il castello e la villa di Campiglia con piena giurisdizione, cui erano annessi i titoli di conte e di marchese.

Can Grande della Scala affidò a Mucio Repeta per alcuni giorni la guardia e la difesa della città di Vicenza nel 1312, contro i Padovani che furono respinti, e vi morì da prode un Trevisolo di questa famiglia. Il Senato Veneto nel 1700 confermò ai Repeta i titoli di conti e di marchesi di Campiglia, che all’estinzione della famiglia passarono ai Sale di Vicenza. Alla fine del seicento Enea e Scipione Repeta ricostruirono la Villa di Campiglia distrutta da un incendio. Scipione Repeta, su progetto di Francesco Muttoni (fu la sua prima opera a Vicenza) costruì lo splendido Palazzo di Piazza San Lorenzo datato 1711. I Mocenigo entrarono in possesso del palazzo e nel 1867 lo vendettero alla Banca d’Italia che restò proprietaria sino all’anno 2009. Per costruire il palazzo, Muttoni demolì vecchie case, tra cui quella del pittore Bartolomeo Montagna. La fabbrica, ha pareti affrescate, sculture di putti. Lo scalone è il più vasto della città, gruppi scultorei del Marinali. Il salone grandioso misura 20×10 metri, ospitava feste e balli. 

Palazzo Repeta
Palazzo Repeta (Foto di Emanuele Calegaro)

ENEA REPETA Nella facciata di San Lorenzo tra le quattro arche (sarcofagi) presenti vi è quello di Perdono Repeta, antenato di Enea e Scipione Repeta. Enea Repeta (1634-1704) militò in Germania, Spagna, Regno di Napoli per poi trascorrere buona parte della sua carriera militare sotto le insegne della Serenissima. Governatore di Palma (Palma la Nova = Palmanova) nel 1678, Sergente Maggiore di Battaglia nel 1684 durante la guerra contro i turchi, promosso a Sergente Generale di Battaglia nel 1689 col stipendio annuo di duemila ducati. Si imparentarono con i Sale che ereditarono il palazzo.

SALE La famiglia Sale arrivò a Vicenza da Treviso nel 1414. Il cognome forse deriva dall’incarico che ebbe il suo primo rappresentante, Donato, a Vicenza ovvero addetto all’ufficio del sale. Nel Cinquecento Vincenzo Sale fu governatore in Albania, poi in Dulcigno (dominio veneziano dal 1420 al 1573) e in Antivari (dominio veneziano dal 1443 al 1571). Nel 1699 Ferdinando Carlo Duca di Mantova dava a Livio, Filippo Antonio e Ottaviano Sale il titolo di Marchese di San Damiano. Un ramo ereditò i beni dei Repeta e anni dopo Cornelia Sale sposò Alvise Mocenigo. L’altro ramo aveva case in Vicenza ai Carmini e a San Michele. Un ulteriore ramo familiare da tempo era a Bassano (ora Bassano del Grappa).

MOCENIGO Un ramo della famiglia veneziana dei Mocenigo si spostò a Vicenza nel 1814 quando Giovanni Alvise I Mocenigo sposò la marchesa Cornelia Sale. 

Tempo dopo questo ramo dei Mocenigo si trasferì a Romano presso Bassano (ora Romano d’Ezzelino).

Di Luciano Parolin da Storie Vicentine n. 6 gennaio-febbraio 2022


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Palazzo Caldogno in Corso Fogazzaro a Vicenza. Passeggiare nella storia (puntata 5)

Mercoledì 28 febbraio 1945: su Vicenza piovono quattro furiosi bombardamenti diurni, che distruggono, fra gli altri, anche palazzo Caldogno, che sorgeva in corso Fogazzaro, all’imbocco di contrà Riale.

Un maestoso e imponente edificio, del quale rimane l’immagine della facciata, grazie alla fedele incisione di Ottavio Bertotti Scamozzi, contenuta ne Il Forestiere istruito, (tav. XXXV), una guida della città edita nel 1761. Vi si legge scolpito, nella fascia del primo marcapiano, il nome di Angelo Caldogno, figlio di Lucio, cui va il merito di aver portato a compimento l’impresa nel 1575, anno parimenti ivi riportato.

Il prospetto, di austera gravità, è scandito, nel settore mediano leggermente aggettante, da sei lesene di ordine corinzio, mentre il massiccio sottostante corpo bugnato è alleggerito da otto pannelli scolpiti, che si dispiegano nei riquadri collocati sopra le finestre, richiamo, ad evidenza, di quelli presenti nel vicino palladiano palazzo Valmarana. Quanto all’architetto, autorevoli studiosi (F. Barbieri-R. Cevese, Vicenza. Ritratto di una città, 2004, p. 321) avanzano l’ipotesi che si tratti di opera riconducibile all’esordiente Vincenzo Scamozzi, che  indubbiamente si rifà a matrice tardocinquecentesca. L’edificio è lodato nel Forestiere «per la

sua comoda distribuzione [interna], da noi … considerata una delle migliori, che vi siano in Vicenza». Fa eco il Baldarini, che, nella Descrizione delle architetture (1779), sottolinea che vi «sono Sale, e Scale, e Stanze magnifiche, oltre gli altri luoghi domestici: dal che si comprende che l’Architetto ha avuto in mira anche il comodo, che è una delle qualità essenziali che si riecheggiano in ogni fabbrica nobile».

Palazzo Caldogno, dunque, sembra celebrato dagli storici del Settecento più per la sua comodità che per le qualità architettoniche e strutturali: d’altronde si è in piena temperie illuministica e neoclassica, che prediligeva forme più semplici e leggere. L’edificio, ceduto nel 1838 dal «conte Pier Angelo Caldogno, ultimo di sua famiglia … ai Bortolan che lo fecero ampiamente restaurare dall’architetto Malacarne» (D. Bortolan-S. Rumor, Guida di Vicenza, 1919), passò, da ultimo, alla famiglia Tecchio.

Inizialmente sede della ditta Tecchio e Festa che vi gestiva un vasto e fornito magazzino all’ingrosso di tessuti e manifatture. Ospitava, all’epoca del bombardamento, gli uffici dell’Associazione industriali. La distruzione del palazzo è stata un grave danno per la città: oltre alla struttura architettonica, sono andati perduti i grandiosi saloni di gusto prettamente seicentesco, ricchi di statue e stucchi, probabilmente dovuti ad artisti provenienti dalla Valsolda, sulla falsariga di quanto si può vedere a palazzo Leoni Montanari, come testimonia una cartolina degli ultimi anni ‘10 del secolo scorso, che riproduce quello centrale.

Perduti anche i grandi lampadari lignei dorati, il mobilio, in prevalenza settecentesco, gli affreschi e gran parte della suntuosa quadreria, ricca di dipinti di Giovanni Battista Minorelli, Francesco Maffei, Giovanni Antonio Fasolo, Giovanni Cozza e di altri ancora. Ci sono, invece, fortunatamente pervenute alcune grandi tele di Giulio Carpioni, tutte di soggetto mitologico, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, oggi in collezione privata, ad eccezione di quella raffigurante Le ninfe [che] raccolgono il corpo di Leandro, ora collocata nel salone d’onore del Museo Civico di palazzo Chiericati.

Il distrutto palazzo Caldogno fu ricostruito nel 1955 (attuali civ. 33-43 di corso Fogazzaro), per essere sede, fino a una decina di anni fa, degli uffici della Camera di Commercio. L’attuale prospetto presenta, però, variazioni significative rispetto alla situazione originaria, quale ci è pervenuta dalla ricordata incisione di Bertotti Scamozzi, come le vetrine di esercizi commerciali che si aprono nella facciata.

Di Giorgio Ceraso da Storie Vicentine n. 6 gennaio-febbraio 2022


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Palazzo Braschi in corso Palladio a Vicenza. Passeggiare nella storia (puntata 4)

Palazzo Braschi, è ubicato sul Corso. Per secoli è stato sede della Società de Casino che accoglieva il fior fiore della nobiltà vicentina invidiata dalle città Venete. In data 22 giugno 1786, nel Capitolare del Casino è scritto: oggetti di decoro, di comodo e di divertimento con universale compiacenza determinarono nel passato secolo la lodevole istituzione di questa società, col titolo di Compagnia nobile del Casino, diretta da provvide leggi che la conservarono nella sua primitiva costituzione rendendola sempre applaudita.

La società si rinnovava ogni dieci anni, con delibera del 24 luglio 1786 è confermata la rinnovazione a tutto 11 novembre 1796, con la determinazione di prendere in affitto dai Conti Braschi la solita casa per servire alla nobile compagnia. Sulla base delle capitolazioni del 1745, era formato uno Statuto recante disposizioni per quelli che oggidì hanno interesse ad adunanze e annuali intrattenimenti. Secondo lo Statuto potevano essere iscritte alla Società tutte le famiglie nobili della città, non esercenti offici notarili.

Con scrittura del 26 marzo 1746, fu prescritto a ciascun cittadino nobile di presentare in avvenire il certificato di nozze e le fedi di battesimo dei propri figli per essere registrati in apposito libro ch’era tenuto dai Ragionieri del comune, e ciò perchè potesse provarsi la capacità legale ad appartenere al Consiglio dei 150. Questo perchè era ammesso anche il forestiero di qualunque città, così pure gli ufficiali di truppa regolare, ed i segretari della cancelleria ducale.

Era potere dei presidenti introdurre soggetti meritevoli di essere ammessi per merito. L’ingresso da pagarsi era stabilito in Lire venete 31, il contributo annuo lire 88. Era impegno della Presidenza tenere sempre aperto il Casino e di promuovere, secondo le circostanze dei tempi e della cassa, nobili trattenimenti, come una festa da ballo nel giorno del Corpus Domini e così pure la domenica susseguente essendovi il Pallio, sempre però al Casino. Ammogliandosi alcuno dei soci e desiderando una festa da ballo per una sol volta in un giorno gradito previo l’esborso di 20 Ducati effettivi, a spese della Compagnia. L’organizzazione della Società prevedeva due presidenti, di cui uno cassiere, da due cavalieri, assistiti da tre consiglieri detti di Banca.

Aveva a stipendio un segretario, tre inservienti col titolo di custode, sotto custode e maschera. Colla caduta del Governo Veneto la Società si sciolse. Le idee democratiche non si conciliavano con l’esistenza di sodalizi nei quali non poteva essere un solo ordine di cittadini (nobili). Dopo Campoformio con il ritorno dell’Austria, i Soci del Casino ricostruirono la Società con un nuovo Statuto addì 30 gennaio 1798, fissando le regole preliminari della Compagnia purchè: non siano sovversive, né alteranti le regole fondamentali scritte.

Palazzo Braschi
Palazzo Braschi (Foto di Emanuele Calegaro)

Il palazzo risale al 1480 circa, ed è un significativo esempio di stile gotico-veneziano. Notevoli il portico e la quadrifora (apertura divisa in quattro spazi) centrale con ricca decorazione a rilievo (medaglioni con teste virili e putti). L’edificio tardogotico veneziano venne in parte ricostruito dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Nella facciata presenta un portico ottocentesco con colonne rialzate su alti piedistalli al pian terreno, realizzato in sostituzione dell’originario setto murario unico. Decorano i pennacchi tre medaglioni e due semicerchi in pietra con due profili maschili, uno stemma e due puttini scolpiti, attribuiti ad Angelo da Verona. 

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Il Torrione di Porta Castello tra i 12 musei visitabili con la Vicenza Card

Il Torrione di Porta Castello dall’1 giugno entrerà a far parte dei musei cittadini visitabili con la Vicenza Card. La decisione è stata presa dall’amministrazione comunale, che ha la nuda proprietà del monumento, insieme alla Fondazione Coppola, usufruttuaria per trent’anni dell’immobile dove propone mostre di arte contemporanea.

Senza costi aggiuntivi, chi acquisterà per 20 euro (ridotto 15 euro, scuole 6 euro, family 24 euro) la Vicenza Card potrà dunque visitare anche il Torrione di Porta Castello, oltre a Teatro Olimpico, Basilica Palladiana, Museo civico di Palazzo Chiericati, Chiesa di Santa Corona, Museo Naturalistico Archeologico, Museo del Risorgimento e della Resistenza, Gallerie di Palazzo Thiene, Gallerie d’Italia Vicenza di Palazzo Leoni Montanari, Palladio Museum, Museo Diocesano e Museo del Gioiello.

“Con questa iniziativa – dichiara l’amministrazione – diventano 12 le sedi del circuito museale cittadino visitabili con un unico biglietto, il cui costo non subirà aumenti. Con questa iniziativa puntiamo a incentivare la visita di questa eccezionale testimonianza di architettura militare del Medioevo, da cui si gode di una straordinaria vista sulla città, e delle mostre di arte contemporanea che la Fondazione Coppola vi allestisce, sempre molto stimolanti e di respiro internazionale. La Fondazione, peraltro, non percepirà quote dalla vendita della card”.

Proprio in questi giorni al Torrione viene inaugurata la mostra “Stanze” dei pittori Matthias Weischer e Flavio De Marco, entrambi attivi in Germania, che sarà visitabile fino al 30 luglio.

La mostra “Stanze”, presentata dal critico d’arte e Davide Ferri, raccoglie una trentina di dipinti dei due artisti lungo i cinque piani del Torrione che rappresentano interni – stanze, appunto – a cui corrispondono paesaggi interiori.

Sabato 6 maggio alle 18, in occasione dell’apertura della mostra che gode del patrocinio del Comune e del consolato italiano della Repubblica Federale di Germania, la Fondazione Coppola ha deciso di consegnare al sindaco di Vicenza una targa che ne celebra l’inserimento nell’albo dei suoi benemeriti “per l’impegno profuso a favore della valorizzazione del Torrione di Porta Castello e dell’Arte contemporanea a Vicenza”.

Il monumento è visitabile venerdì, sabato e domenica dalle 14 alle 18 (ultimo ingresso alle 17.30) con la Vicenza Card (attiva dall’1 giugno) oppure con biglietto singolo (ingresso Torrione con mostra 5 euro; ingresso Torrione senza mostra 4 euro; ingresso ridotto over65 4 euro; ingresso gratuito under 18 e Vi-University card).

Per informazioni
https://www.fondazionecoppola.org/

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Fonte: Comune di Vicenza

Vicenzatour2023, nuovi itinerari da maggio a dicembre

Da maggio a dicembre un nuovo programma di 13 tour guidati arricchirà l’offerta culturale di Vicenza. VicenzaTour, che ha riscosso un notevole successo negli anni scorsi, viene riproposto con 11 itinerari di nuova ideazione e due consolidati e sempre molto richiesti, in programma il sabato e la domenica.

Il calendario, come di consueto particolarmente articolato, ha l’obiettivo di valorizzare il patrimonio storico, culturale e museale della città coinvolgendo musei e monumenti attraverso percorsi originali e stimolanti condotti dalle Guide turistiche abilitate di Vicenza che hanno collaborato anche all’ideazione.

La quarta edizione è organizzata dall’amministrazione comunale con la collaborazione della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, delle Gallerie d’Italia – Vicenza, del Palladio Museum, del Museo Diocesano, del Museo del Gioiello, della Fondazione Coppola, del Consorzio Vicenzaè e l’Ufficio IAT per la realizzazione.

Gli itinerari riproposti sono quelli “natalizi” nelle sedi museali che conservano opere d’arte che raccontano la nascita di Gesù e delle altre sacre rappresentazioni come le preziose icone russe, in programma nel mese di dicembre.

Novità assoluta è la visita ad una dimora di proprietà privata, Villa Ghislanzoni Curti a Bertesina, a pochi minuti di bicicletta dal centro storico, di cui si potranno vedere gli interni, il giardino all’italiana e il parco storico e conoscere la storia del borgo in cui sorge. Sarà il primo appuntamento “green” del fitto calendario che si terrà sabato 13 maggio e si ripeterà sabato 27 maggio con partenza alle 10 da via San Cristoforo 37. Costo 12 euro.

Si proseguirà poi in giugno con “Vicenza dall’alto” per visitare le torri di Porta Castello e del Museo diocesano e la terrazza della Basilica palladiana. In giugno si potranno vedere anche le opere d’arte del Santuario di Monte Berico nel Museo di arte Sacra e la Sala del Quadro e un altro tour condurrà alla scoperta della Vicenza di Antonio Fogazzaro.

settembre si scoprirà la Vicenza romana lungo l’antica via Postumia.

Ad ottobre sono tre gli appuntamenti proposti dedicati al Rinascimento: il primo condurrà a Palazzo Chiericati e al Teatro Olimpico, il secondo al Museo del Gioiello e alle Gallerie di Palazzo Thiene, il terzo al Teatro Olimpico e al Palladio Museum.

A novembre sarà la volta della Vicenza del ‘600 con un percorso a Palazzo Leoni Montanari e, per la prima volta, all’Oratorio del Gonfalone e a San Nicola mentre l’altro itinerario del mese condurrà a Palazzo Trissino e nella Loggia del Capitaniato nel cuore del governo cittadino.

Un’altra delle proposta collaterale al VicenzaTour2023, confermata ogni sabato (esclusi luglio e agosto) alle 14.30, è la visita “Scopri Vicenza, un capolavoro di città” che condurrà i partecipanti nel centro storico cittadino (10 euro).

I tour durano indicativamente due ore e sono gratuiti fino ai 12 anni compiuti.

Per iscrizioni e informazioni consultare il programma completo  o contattare l’Ufficio informazioni e accoglienza turistica – Iat in piazza Matteotti 12, 0444320854, [email protected]

Prenotazioni online www.vicenzae.org

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Fonte: Comune di Vicenza

Unico: il mercato del fatto a mano torna in Piazza dei Signori a Vicenza

Sabato 6 maggio dalle 9.30 alle 20, in piazza dei Signori a Vicenza, torna l’attesa edizione primaverile di Unico – Il mercato del fatto a mano, organizzato da Non ho l’età in collaborazione con l’amministrazione.

La manifestazione richiama oltre 50 artigiani da tutta Italia, per un evento all’insegna del fatto a mano che promuove uno shopping lento, capace di unire il rispetto per l’ambiente all’originalità.

L’edizione primaverile torna alla ribalta, prima dell’arrivederci a settembre, pronta ad accogliere nuovi espositori, con un’attenzione particolare all’ambiente e alla sostenibilità, due obiettivi prioritari per tanti artigiani presenti alla manifestazione.

A Unico i visitatori troveranno articoli prodotti in serie limitate o unici, con uso di materiali locali. Sarà presente ad esempio il laboratorio sartoriale Ida Tess, che utilizza solo tessuti recuperati da fondi di magazzino e scarti di produzione e che deve il proprio nome ad una sarta vicentina.

Tra gli artigiani anche Martino Dorigo e Marco Cuzzolin de Il Retrobottega, che recuperano e rivisitano alcuni pezzi d’arredamento vintage.

Non mancheranno creazioni speciali per la festa della mamma: dalle composizioni floreali di Spazio botanico, con i suoi incredibili e delicatissimi fiori stabilizzati e presentati dentro deliziose campane di vetro, all’arredo per la casa di Pesce fuor d’acqua, con tessuti variopinti in lini pregiati, ai bijoux di Officina 925, eseguiti con la tecnica della cera persa per realizzare pezzi di gioielli artistici unici.

Ritornano alcuni espositori che hanno fatto la storia della manifestazione come R&S ceramica pop, che realizza tazze, ciotole e piatti con le tecniche tradizionali della maiolica italiana e della ceramica popolare veneta.

Questa edizione porterà in piazza i colori: particolarmente attesa la presenza di Valentina e Beatrice di Armocrombeauty. Sabato mattina Armocrombeauty sarà a disposizione per stories e racconti con gli artigiani. Nel pomeriggio saranno a disposizione per consulenze su prenotazione all’email [email protected].

È sempre attivo lo shop online www.unicofattoamano.it.

In caso di maltempo la manifestazione verrà annullata.

Per maggiori informazioni: www.unicofattoamano.it [email protected] 3496410654

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Fonte: Comune di Vicenza