lunedì, Ottobre 20, 2025
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Teatro Olimpico. Sedici statue del giardino restaurate da Engim Veneto con il contributo del Lions Host

Le sedici statue in pietra di Vicenza che abbelliscono le aiuole del giardino del Teatro Olimpico saranno restaurate dai giovani studenti di Engim Veneto, fondazione che si occupa di orientamento e formazione professionale e che ha sede a Vicenza.

Saranno i quattordici allievi del secondo anno del Corso Tecnico del restauro di beni culturali, seguiti da un team di professionisti e formatori, a occuparsi dell’intervento di manutenzione e ripristino. Dopo una prima fase di documentazione e rilievo dei manufatti è prevista una fase diagnostica seguita dall’intervento di restauro seguito dai restauratori e formatori Elena Gironda e Piero Ciampi con la supervisione della Soprintendenza.

L’annuncio è stato dato in una conferenza stampa convocata nel giardino del teatro palladiano ed a cui hanno preso parte il vicesindaco Matteo Celebron, l’assessore alla Cultura Simona Siotto e il direttore dei Musei civici Mauro Passarin. Engim era rappresentato da Ugo Pasquale, componente del comitato direzionale, da Barbara D’Incau, responsabile della sede vicentina, e da una dozzina di studenti. All’incontro ha partecipato anche Grazia Giordani Cielo, presidente del Lions Club Vicenza Host, che sovvenziona il lavoro.

Le statue hanno una origine molto varia. Ci sono quelle del Quattrocento, un rosone che probabilmente viene dalla Chiesa di Santa Maria degli Angeli, che sorgeva lungo il Bacchiglione all’imbocco di Largo Goethe e che è stata demolita nell’Ottocento. Le sculture di figure in piedi che scandiscono il viale interno erano decorazioni del Teatro Verdi, dalla cui distruzione bellica sono state recuperate. La statua accosciata proviene da Palazzo Repeta in piazza San Lorenzo.

Non si conoscono con precisione gli autori di gran parte delle opere. Il fauno con le zampe caprine e il cerbero con le tre teste di cane e il corpo umano risalgono al XVI secolo e sono da attribuire alla cerchia di Camillo Mariani. Quattro busti, due figure distese e una acefala sono state scolpite nel XVIII secolo e appartengono alla cerchia dei Marinali. Sette statue scolpite tra il 1920 e il 1924 dagli scultori vicentini Pozza, Morseletto e Caldana (quelle che si trovavano sulla balaustra superiore del Teatro Verdi) sono del secolo scorso  e sono attribuite a Giuseppe Giordani.

Fra quelle che saranno restaurate, non ci sono opere di grande valore ma fanno parte a buon titolo del patrimonio artistico comunale e contribuisco ad abbellire e arredare il piccolo parco retrostante il teatro.

Maria Elisa Avagnina, storica dell’arte, già direttrice dei Musei civici e segretaria dell’Accademia Olimpica ha sottolineato la necessità e l’urgenza di provvedere al recupero e al restauro delle statue che, essendo collocate all’aperto e scolpite in pietra di Vicenza e quindi in un materiale facile da lavorare ma molto delicato e poco duraturo e resistente, presentano segni di degrado e hanno le superfici ingrigite.

“Il restauro – ha spiegato Avagnina – sarà l’occasione per vedere quando e come è nato questo progetto di riuso antiquario all’aperto, che ha reso il giardino del Teatro Olimpico un luogo di raccolta delle sculture erratiche. E, come ogni buon restauro dovrà essere anche l’occasione per un risarcimento non solo materiale delle opere ma anche critico. Non è facile questa ricerca, avevamo già cercato in passato, ma bisognerà tornare negli archivi, approfondire e vedere.”

 

Giandomenico Tiepolo: Pranzo all’aperto di una famiglia di contadini

Giandomenico, figlio di Giambattista Tiepolo, entrò giovanissimo a far parte della bottega del padre e con lui collaborò in numerose opere, acquisendo però ben presto una sua particolare autonomia espressiva, moderna e libera.

Nel 1757 lavorò nella Villa Valmarana “Ai Nani”, in cui realizzò questi celeberrimi affreschi insieme al padre. Eppure una data in essi dipinta, interpretata come “1737”, sembrava escludere un intervento del figlio che all’epoca aveva solo 10 anni.

In realtà, in seguito a più attenti esami, venne appurato che quella cifra era un cinque e non un tre. Ecco quindi giustificato l’intervento del figlio trentenne e questo viene considerato il lavoro più famoso da parte di Giandomenico.

In particolare si dedicò alla Foresteria, dove si scostò dallo stile paterno, più classico, per assumerne uno più moderno, ispirato all’illuminismo. Alcune delle scene qui dipinte furono decisamente  precorritrici  per  i  gusti dell’epoca (nella Sala dei Contadini li dipinge durante il loro duro lavoro quotidiano, e nella sala delle Cineserie segue una moda del tempo).

Giandomenico Tiepolo
Giandomenico Tiepolo -Pranzo all’aperto di una famiglia di contadini

La scena del pranzo all’aperto della famiglia di contadini è di un realismo spettacolare. La donna, nonostante il fardello della gravidanza, resta in piedi a osservare e pronta a servire, mangiando con il piatto sopra la pancia. Alcune suppellettili già svuotate sono posate a terra ai suoi piedi.

Il contadino è ripreso di spalle su uno sgabello, senza alcun riguardo per l’osservatore, bada solo al suo pasto e imboccando il figlio più piccolo trova quel poco di tempo per trastullarlo sulle ginocchia.

L’altro figlio è seduto per terra mentre si rifocilla con appetito vorace, sembra guardare incuriosito e seccato l’inopportuno osservatore. Un cane alza il capo a fiutare e seguire con lo sguardo dove vanno i bocconi migliori.

Un’altra familiare di sghembo mentre esce infagottata, di spalle e a ridosso della moglie, forma con lei un’unica massa corporea che controbilancia la pancia enorme. Alcune zucche pendono dalla staccionata per finire, una volta maturate, sulla tavola dei signori. A pochi metri di distanza, dentro la villa, un servitore moresco scende una splendida scala di marmo per servire cioccolata in tazza ai suoi padroni e la tecnica illusoria del “trompe-l’oeil” è così realistica da staccarsi alla vista dalla parete su cui è dipinto.

Il realismo naturalistico di Giandomenico è di una qualità narrativa sorprendente, un passo più avanti rispetto alla pittura paterna. La sua pittura è il contraltare alle stucchevoli scene epiche, eroiche, mitologiche e sentimentalistiche del padre. Nella sua espressione usa volutamente un tono minore, quasi dimesso ma spontaneo, e lui così dipinge il “mondo nuovo” e descrive appieno la percezione di crisi del “mondo vecchio”.

Di Luciano Cestonaro da Storie Vicentine n. 3 Luglio-Agosto 2021


In uscita il prossimo numero di Marzo 2023
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Biblioteca civica di Montebello Vicentino, riparte l’attività culturale

Riprendono a pieno ritmo, nella Biblioteca civica di Montebello Vicentino, le attività culturali e divulgative promosse dall’Assessorato alla Cultura e dalla biblioteca stessa.

La prima è in programma venerdì 24 febbraio 2023 alle 20,30, quando la professoressa Nicoletta Nicolin Tonelato proporrà un approfondimento sul santuario Madonna dei Miracoli di Lonigo: un avvincente e singolare percorso tra gli ex voto, la storia e il patrimonio artistico del santuario.

Il 3 e il 10 marzo 2023 alle 18 spazio nella Biblioteca civica di Montebello Vicentino invece ai temi informatici, con l’esperto Riccardo Zordan. Il primo appuntamento sarà un corso sulla sicurezza in rete: consigli su come acquistare e navigare sul web stando alla larga dai raggiri. Il secondo sarà un’introduzione ai social network: vantaggi, svantaggi e opportunità delle principali piattaforme. Partecipazione, per entrambi gli incontri, previa iscrizione, recandosi di persona in biblioteca oppure scrivendo a [email protected] o telefonando allo 0444 649378.

Lunedì 6 marzo 2023 toccherà al mondo della scuola. L’incontro, condotto dal pedagogista Stefano Coquinati, sarà infatti dedicato al metodo di studio, cioè all’insieme di strategie che si utilizzano per studiare in modo efficace. L’appuntamento sarà suddiviso in due parti: dalle 17 alle 18 i protagonisti saranno gli studenti della scuola secondaria di primo grado, dalle 19 alle 20 i genitori.

biblioteca civica montebello vicentino
La Biblioteca civica di Montebello Vicentino

Sabato 1° aprile 2023 alle 17, infine, è prevista una visita alla mostra in Basilica Palladiana a Vicenza “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone”. I posti sono limitati e la prenotazione è obbligatoria. Per prenotare rivolgersi alla biblioteca oppure scrivere a [email protected] o telefonare allo 0444 649378.

Street food e Carnevale in piazza ad Altavilla Vicentina

L’Amministrazione Comunale di Altavilla Vicentina, in collaborazione con Dolomiti Eventi, ha organizzato l’evento “Carnival Street Food”, una tre giorni dedicata al cibo di strada rivisitato in chiave gourmet.

Dopo il successo della prima edizione autunnale, da venerdì 24 fino a domenica 26 febbraio i trucks di Street Food torneranno a popolare Piazza della Libertà. Dalla cucina spagnola a base di burritos, nachos ed empanadas, fino all’autentica pinsa romana, passando per cannoli siciliani, cassatine e arancini, i 12 trucks protagonisti dell’evento Street Food ad Altavilla Vicentina saranno in grado di soddisfare i gusti di ogni palato.

Si proseguirà sabato 25 febbraio con la sfilata di Carnevale che vedrà la partecipazione di carri mascherati ideati dalle associazioni del paese ed ispirati a personaggi di fantasia, come i Puffi e i Dinosauri, o a personaggi storici realmente vissuti, come Queen Elisabeth. I carri partiranno dal municipio di Altavilla Vicentina e sfileranno per le vie centrali fino all’arrivo in Piazza della Libertà dove avverranno la premiazione finale e la proclamazione del carro vincitore. La giornata si concluderà alle ore 20:00 con l’esibizione dei trampolieri e lo spettacolo di fuoco. 

Per tutta la durata della manifestazione sarà attivo lo stand della Pro Loco con crostoli, frittelle e vin brulè per tutti.

“Siamo soddisfatti di poter riproporre l’evento Street Food ad Altavilla Vicentina, considerato l’ottimo successo di pubblico riscosso alla prima edizione – dichiara Cora Pellizzari, assessore alle Politiche Giovanili del Comune di Altavilla Vicentina – Dopo la pausa dovuta al Covid, finalmente possiamo tornare a vivere liberamente la comunità attraverso momenti di festa e convivialità rivolti a tutti”.

“Vecchia casa” di Paolo Lioy

È il 1908, l’anno dell’assassinio del re del Portogallo Carlo I, l’anno della più grande catastrofe naturale del XX secolo: il sisma che colpì Messina e Reggio Calabria. Paolo Lioy, già nominato senatore del Regno tre anni prima, ha al suo attivo una sterminata e variegata produzione (stimata in oltre trecento scritti). “Apparizioni e ricordi” è l’ultima opera, pubblicata da Treves appunto nel 1908, e “Vecchia casa” ne è il brano di apertura.

Sono anni di profonde trasformazioni sociali e politiche. La “belle epoque” sta procedendo con quieta spensieratezza, così come l’orchestrina continua a suonare sul Titanic che sta per affondare (nel 1912). Ma l’’Europa, dopo circa trent’anni di pace, si sta avviando a un massacro senza precedenti. I grandi Imperi si sgretoleranno e con loro molte illusioni, per dare inizio a una nuova era.

“Il vecchio mondo, nell’ora del suo tramonto era bello a vedersi” scrisse di quegli anni Winston Churchill ne La crisi mondiale (1921). Invece Lioy ne percepisce la sofferenza e lo sgomento. “La fredda ala del tempo, dice l’autore, fa dissipare le idealità”. L’io narrante descrive il ritorno, in una malinconica atmosfera autunnale e nell’età del proprio declino, ad una sua vecchia villa di campagna vuota ed abbandonata. Il senso di disfacimento è quello che Lioy avverte per quel mondo decrepito avviato al tramonto. In queste pagine dal tono autobiografico e memorialistico, come il titolo del volume indica, c’è a differenza di altri scrittori coevi questo evidente senso di amarezza e di sgomento per un’epoca che sente avviata a finire. Lioy morirà tre anni dopo, il 27 gennaio 1911, nella villa di campagna a Vancimuglio di Grumolo delle Abbadesse. (Luciano Cestonaro)

vecchia casa
La Villa a Vancimugliuo

VECCHIA CASA
Paolo Lioy

Col trotto di due vecchi ronzini, dopo anni di assenze, la carrozza mi riconduceva alla villa da tanto tempo disabitata. Veramente la campagna si presentava sotto ad auspici punto attraenti: era autunno inoltrato, e l’ora tarda coloriva il paesaggio di mestizia.

La caduta delle foglie aggiungeva tristezze a tristezze. Gli ultimi raggi di solei inargentavano le piume delle vitalbe e facevano rilucere le bacche nere dei ligustri; qualche tronco contorto si mostrava già spoglio di fronde. Quando con l’incominciare della salita i cavalli si arrestavano per prendere fiato, si udivano tra le macchie pigolii di uccelli giunti dal settentrione, e sulle aie cicalecci di passere. Le allegre spighe che in primavera aveano biondeggiato tra fiordalisi e papaveri, giacevano accatastate in montagnacce di paglia.

Si era fatto buio, fitto; soltanto i pioppi spiccavano ritti quali alberi di navi in mari di nebbie. Senza che nella mia astrazione mi accorgessi, incominciarono a cadere goccioloni di pioggia: il provvido cocchiere scese di cassetta, alzò il mantice, mi rinchiuse in una apparenza di feretro; e avanti avanti, senz’altro udire che lo scalpiccio dei cavalli, i tintinnii dei sonagli, gli schiocchi della frusta. D’improvviso la vettura si arrestò sotto a un diluvio. Eravamo giunti. La luce dei lampioni illuminò il cancello; cercando cercando la campanella sonò così strepitosa che i rintocchi parvero squilli della valle di Gioafat. Si aprì il finestrino del portinaio, apparve un lumicino, una voce rauca gridò: – Chi è?

Finalmente, tra rumori di chiavi e di catenacci, il vecchio custode, con una lanterna che lo lasciava nell’ombra venne ad aprire. La vettura entrò sotto al grande portico, mentre sempre più fitta la pioggia rovesciandosi dalle grondaie strepitava sul cortile. Levai di mano al custode la lanterna; lo contemplai: era curvo, decrepito, una rovina ambulante. La vecchia sua Bauci era morta, e se non vi fossero i barbagianni intenti a ronfare sotto ai tetti, il guardiano era il solo vivente. Prima di penetrare nella vecchia casa ebbi a vincere le sue ritrosie. – Venga, – diceva stralunando gli occhi – venga a dormire in fattoria; lassù, di notte, nelle stanze abbandonate, si ascoltano strepiti. Qui tutti ne hanno paura…. –

Povera casa, per tanto tempo deserta, un giorno nido all’amore e al piacere, buon è che ritornavo io a farti rivivere, cara e memore morta! Mi feci porgere le chiavi, impugnai la lanterna e, come se spalancassi una tomba, entrai. In una famosa romanza Gounod esprimeva coi versi di Lamartine la dolce commozione del pellegrino reduce di sera, dopo lunga assenza, al luogo nativo; ma codeste essenze diventano poco propizie ai ritorni quando sia deserta la casa che, muta, aspetta. Spalancata la porta, grandi ombre si alzarono dai seggioloni; gli alti armadi guardarono con aspetto di mummie ravvolte in bruni mantelli. Le camere si perdevano in fughe interminabili. Non anima viva, ma ogni angolo ricordava scomparsi; tutto vi era muto, ma ogni cantuccio aveva un linguaggio. Tumultuose risurrenzioni di affetti invitavano a stendere le braccia dove non si incontrava che il vuoto, o a mormorare evocazioni di lontani o di morti. Regnava dovunque l’espressione di disfacimento propria a vecchie mura lasciate sole, dalle seggiole a tende, a tappeti, ad arazzi cadenti. Avanzavo avanzavo, e vedevo biancheggiare i grandi letti antichi, coi padiglioni distesi quali nascondigli in nascondigli; e più avanti alcove simili ad antri. Dovunque reliquie di vite spente: mantelle sugli attaccapanni, pantofole sotto a divani, coppe su un desco; su una tavola enormi mazzi di fiori stecchiti. Sui doppieri di bronzo e d’argento restavano candele da tanto tempo non più accese; nella grande sala, in affreschi attribuiti a Tiepolo , corrosi dal tempo, guardavano matrone scollate, con enormi cuffioni; parevano allora allora corse a rincantucciarsi, mentre davanti agli immensi specchi la mia ombra nera passava, allungandosi sulle pareti, o strisciando sul pavimento. Il respiro diventava affannoso. Non capivo dove andavo, né dove la casa grande avesse a finire. Volli aprire un finestrone rammentando i giorni quando col mattino entrava la luce tra profumi di pergole; ma appena socchiuse le imposte una raffica di vento mi rigettò indietro; le tende si agitarono come vesti di fuggiasche; due o tre porte in fondo, quasi urtate da gente che tentasse nascondersi, sbatacchiarono con fracasso; altre si spalancarono cigolando come se dovessere fuggirne ombre spaurite.

Di Luciano Cestonaro da Storie Vicentine n. 3 Luglio-Agosto 2021


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Palladio Museum, presentazione della mostra “Miseria e Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento”

Venerdì 24 febbraio 2023, alle 17 al Palladio Museum, presentazione della mostra “Miseria & Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento”, recentemente inaugurata al Museo di Santa Giulia a Brescia. Alla presentazione, realizzata nell’ambito del programma per il decennale del museo palladiano, dopo i saluti istituzionali dell’Assessore alla Cultura del Comune di Vicenza, Simona Siotto e del Direttore del Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio/Palladio Museum Guido Beltramini, interverranno il Direttore della Fondazione Brescia Musei, Stefano Karadjov e il curatore della mostra (insieme a Roberta D’Adda e Francesco Frangi), Alessandro Morandotti.

La mostra, inaugurata il 14 febbraio, aperta fino al 28 maggio, una coproduzione Fondazione Brescia Musei e Skira, in collaborazione con J. Paul Getty Museum di Los Angeles, inserita nel Programma Capitale Italiana della Cultura 2023, è la più importante esposizione mai dedicata al pittore lombardo. “Miseria & Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento” fa parte dell’importante programma di valorizzazione di Giacomo Ceruti (1698-1767), maestro indiscusso della pittura del Settecento, uno dei grandi protagonisti dell’arte italiana e internazionale, di cui Brescia conserva, alla Pinacoteca Tosio Martinengo, il più importante corpus di opere (17 lavori). Dopo l’importante percorso di studi, acquisizioni, investimenti, restauri, collaborazioni con istituzioni internazionali degli ultimi anni promosso dalla Fondazione Brescia Musei, il programma scientifico sulla riscoperta dell’artista si articola in quattro mostre, di cui tre a Brescia (le altre due, nelle stesse date, sono dedicate a “Immaginario Ceruti. Le stampe nel laboratorio del pittore” sempre a Santa Giulia e “David Lachapelle per Giacomo Ceruti. Nomad in a beautiful land” alla Pinacoteca Tosio Martinengo), mentre l’ultima “Giacomo Ceruti. The Compassionate Eye”, è in programma a Los Angeles, al Getty Museum, dal 18 luglio, a cura di Davide Gasparotto.

“Miseria & Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento”consente dunque una rilettura della grandezza dell’artista lombardo, una delle voci più originali della cultura figurativa del XVIII secolo, a trentasei anni dall’ultima grande mostra a lui dedicata. Pittore degli ultimi e ricercato ritrattista dell’aristocrazia, tra ombre e luci, dall’umanità sofferente a intonazioni serene, da scene di povertà fino alle più aggiornate e raffinate tendenze dell’arte europea del suo tempo: questo, in estrema sintesi, il profilo dell’artista; la nuova mostra propone una doverosa rilettura dell’opera di questo originale interprete della sua epoca, capace di dare forma alle contraddizioni della società del tempo, una mostra spinta dalle scoperte e dagli studi che hanno permesso una revisione radicale dell’artista, anche raccontando relazioni di Ceruti con autori precedenti e a lui contemporanei.

Attraverso oltre cento opere di Ceruti e di pittori che lo hanno preceduto o imitato, “Miseria & Nobiltà” fa emergere un nuovo, affascinante ritratto di questo grande artista caratterizzato da un lato dal radicamento entro l’avventura della “pittura della realtà” in Lombardia, dall’altro dal respiro internazionale del suo percorso. Giacomo Ceruti non solo Pitocchetto o l’Omero dei diseredati (come lo definì Giovanni Testori), ma, soprattutto, pittore europeo e ricercato ritrattista della nobiltà, anche se furono le scene popolari a farlo ricordare nei secoli/a renderlo celebre.

Originale interprete della sua epoca e attualissimo messaggero di umanità, capace di rappresentare le contraddizioni del suo mondo e di ricordarci, così da vicino, le nostre, Ceruti dimostra in ogni opera la propria modernità, coinvolgendo il pubblico con forza empatica; parla una lingua attuale che, a trecento anni di distanza, comprendiamo immediatamente e che, anche negli apparenti contrasti, subito ce lo fa riconoscere come un maestro di realismo. 

Pittore degli ultimi così come raffinato interprete dell’aristocrazia, capace di variare dall’umanità sofferente a intonazioni serene, da scene di povertà fino alle più aggiornate e raffinate tendenze dell’arte europea, Ceruti merita, a pieno titolo una nuova lettura che ne restituisca la fisionomia di artista eclettico e complesso, il “pittore più avventuroso del Settecento”.

Per informazioni e prenotazioni sulla mostra “Miseria & Nobiltà”, www.bresciamusei.com La presentazione del 24 febbraio è aperta al pubblico fino ad esaurimento dei posti disponibili.

Risorgive, laghetti e specchi d’acqua a Vicenza e provincia. Dove trovarli?

Avete voglia di vedere un po’ d’acqua e trovare degli specchi d’acqua nel Vicentino? Oltre al conosciutissimo Lago di Fimon di Arcugnano, a sud di Vicenza, si possono trovare altri specchi d’acqua a Vicenza e provincia. Sono da ammirare le Risorgive della Seriola nel quartiere di Maddalene. Ci sono inoltre numerosi circoli di pesca sportiva, gestiti da privati, sparsi nel territorio. E anche un laghetto con spiaggia, dove si praticano numerosi sport e si svolgono eventi di intrattenimento.

pilastroni
Uno scorcio del laghetto Pilastroni di Dueville. Foto: Marta Cardini

Le Risorgive di Maddalene

Si chiamano Risorgive della Seriola o Boja delle Maddalene e sono un laghetto naturale con delle sorgenti che affiorano dal sottosuolo. La roggia nasce a pochi chilometri a nord della città in località Maddalene Vecchie. L’acqua affiora dal sottosuolo da polle dette boi o bojette per l’aspetto dell’acqua che sembra ribollire in comunicazione tra loro. Il laghetto detto La Boja delle Maddalene fa parte del sistema di risorgive che alimentano gli acquedotti cittadini. Durante tutto l’anno sgorga alla temperatura di 12 – 13 gradi. Il boschetto che ricopre le risorgive della Seriola è formato da olmi, salici, ontani e sovrasta un sottobosco abbastanza folto. Le risorgive si trovano dietro la chiesa di Santa Maria maddalena Vecchia. L’acqua è pulitissima e l’effetto dell’acqua che “ribolle” desta meraviglia.

risorgive maddalene
Il laghetto Boja delle Maddalene, dove ci sono le risorgive. Foto: Marta Cardini

I laghetti di pesca sportiva

Non meno suggestivi sono i laghetti privati dedicati a chi ama la pesca sportiva nel Vicentino. Il più grande è il laghetto “Pilastroni” a Dueville, dove si specchia Villa Da Porto Casarotto. E’ possibile camminarci intorno, col permesso dei proprietari e vedere i pescatori in azione. Fra Dueville e Caldogno sono presenti anche le risorgive del Bacchiglione. C’è poi l’Oasi della Motta a Costabissara, un laghetto a forma di Y che permette una passeggiata in mezzo alla natura e a molte anatre.

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Il laghetto Pilastroni a Dueville. Foto: Marta Cardini

Mentre nella valle del Chiampo, a San Pietro Mussolino è presente il “Lago Azzurro”, dove è facile pescare grosse trote (le trote della Valle del Chiampo, appunto!) anche per i bambini. Qui è possibile dare da mangiare a grossi storioni e ad animali di terra, comprando del cibo nelle apposite palline messe a disposizione dai proprietari. Nella valle dell’Agno, non passa inosservato il Laghetto Marchesini, anch’esso ricco di trote.

lago azzurro
Il laghetto azzurro di San Pietro Mussolino. Foto: Marta Cardini

Altri laghi di pesca sportiva sono il Laghetto 2000, a Vicenza tra Maddalene e località Polegge, il piccolo laghetto rotondo di Creazzo “Agriturismo Laghetto Pesca Sportiva”, i laghetti Cà Brusà e Margherita di Camisano Vicentino e una riserva di pesca a Montecchio Precalcino.

Il laghetto di Marola

Capitolo a sé merita il laghetto “Spark” di Marola di Torri di Quartesolo, dove non si pratica soltanto  la pesca, ma tanti altri sport come il sup, il wake board, il beach volley, il padel ecc… Qui si tengono anche eventi, manifestazioni, come ad esempio il raduno di moto o auto d’epoca, e aperitivi con la cornice del lago. Si tratta di un centro sportivo e centro eventi con occhio anche all’intrattenimento. Inoltre nella stagione estiva, in una parte lungo il lago è presente una spiaggetta con gli ombrelloni, ad accesso libero. Quindi qui è possibile e forse doveroso consumare un buon aperitivo per ringraziare dell’ospitalità.

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La spiaggia al laghetto “SPARK” di Marola. Foto: Marta Cardini
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Il laghetto Spark a Marola. Foto: Marta Cardini

 

 

 

 

Lo sport che verrà, a Vicenza un incontro con Stefano Bizzotto e Marco Marcatili promosso da Sportivi per Vicenza

Lo sport che verrà. Pareri, opinioni ed esperienze per una nuova cultura sportiva” è il titolo dell’incontro promosso e organizzato da Sportivi per Vicenza che si svolgerà sabato 25 febbraio alle ore 10.30 presso l’Hotel De la Ville di Vicenza.

L’incontro sarà l’occasione per fare il punto sullo sviluppo delle politiche per lo sviluppo e la crescita delle attività sportive in città, anche alla luce del Piano strategico elaborato dal Comune di Vicenza con l’obiettivo di promuovere una visione strategica dello sport che non si limiti alla gestione degli impianti sportivi, ma vada nella direzione di migliorare la governance dello sport creando nuovi spazi di collaborazione per valorizzare il ruolo fondamentale delle associazioni sportive.

“Lo sport in città ha grossi margini di crescita – commenta Antonio Buglione -. Conoscere le opinioni e le esperienze di protagonisti competenti del settore a livello nazionale può servire ad orientarci per una nuova visione di politica sportiva. A Vicenza, lo sport non deve essere più considerato una sorta di terra di mezzo, ma uno strumento di crescita sociale ed economica”.

lo sport che verrà
Stefano Bizzotto

All’Incontro interverranno Francesco Rucco, sindaco della Città di Vicenza, Stefano Bizzotto, giornalista e telecronista sportivo RAI dal 1991 che ha seguito sette Campionati del mondo di calcio, sei Olimpiadi estive e quattro invernali, e Marco Marcatili, economista e manager di Nomisma con esperienze consolidate nei processi di sviluppo territoriale, rigenerazione urbana e social business.

L’incontro sarà moderato da Antonio Buglione, appassionato di sport, animatore di Sport Business Community e ideatore di Sportivi per Vicenza.

Villa Muzani detta ‘la Pisa’ distrutta a Malo nel 1919

Luigi Meneghello in “Libera nos a malo” (1963) racconta con queste parole: “Allo scoppio della Pisa, qualche anno prima che nascessimo noi, era intervenuta la Madonna del Castello a proteggerci: ondeggiarono i camini delle filande, caddero i calcinacci, scrosciarono i vetri, ma insomma andò bene. Però la Pisa è a due chilometri, e la villa che c’era, dopo lo scoppio non c’era più”.

Conosciamo Villa Muzani solo per il tramite di vecchie fotografie. Fu costruita presumibilmente verso il 1540 per il Cavalier Trojlo dei conti Muzani in località La Pisa a Malo e rimase di proprietà della stessa nobile famiglia per circa quattro secoli. Sconosciuto è l’autore, secondo qualche storico la villa è attribuibile al Palladio sulla base di valutazioni stilistiche e rientrando nella tipologia di edifici a lui ascrivibili, o alla sua cerchia.

Un documento del 1559, recentemente ritrovato, indica “Zorzo fiolo di maestro Simon da Rigollo” quale esecutore di tutti i volti della “loza e delle colombare” e nomina Palladio quale incaricato di controllare i lavori dello Zorzo, quindi un intervento di Palladio di fatto c’è stato. Le poche fonti fotografiche esistenti documentano solo la facciata anteriore con le barchesse, l’oratorio, il viale e l’artistica recinzione; mentre in una foto del primo 1900 sembra già demolita una barchessa laterale. Venne definita giustamente dal Maccà un’”ottima architettura”; con la loggia affiancata da due torri di impronta palladiana, con la monumentalità di un tempio nella larga gradinata e nella slanciata verticalità delle tre arcate.

villa muzani
Veduta della Villa – Cartolina anni 20

Il 25 marzo 1919 la villa fu completamente distrutta dallo scoppio della polveriera situata al suo interno (quasi mille duecento quintali di gelatina esplosiva) e andò in rovina anche l’Oratorio fatto costruire dal Conte Carlo Muzani fu Alessandro nel 1758 e dedicato al Redentore.

I maladensi nutrono riconoscenza verso la Madonna di S. Libera per aver protetto il paese da ben più gravi sciagure Oltre a danni materiali ingenti e parecchi feriti, persero la vita un militare e una donna, tale Caterina Panizzon Zanella, che fece scudo col suo corpo al figlioletto appena nato di nome Antonio.

La distruzione di questa villa dei conti Muzani è stata una grave perdita per il patrimonio artistico locale. E grande dev’essere stato, nel paese di Malo e nel suo circondiario, l’eco di questo sciagurato episodio post bellico che Luigi Meneghello in “Libera nos a malo” (1963) racconta con queste parole: “Allo scoppio della Pisa, qualche anno prima che nascessimo noi, era intervenuta la Madonna del Castello a proteggerci: ondeggiarono i camini delle filande, caddero i calcinacci, scrosciarono i vetri, ma insomma andò bene. Però la Pisa è a due chilometri, e la villa che c’era, dopo lo scoppio non c’era più.” “… La porta pesante si chiudeva col grosso catenaccio (ancora storto per la sberla dell’aria, allo scoppio della Pisa)…”

Ecco l’interessante descrizione dello storico Maccà nei primi anni del 1800: “Merita menzione il luogo volgarmente detto La Pisa, ove trovasi un palazzo di Casa Muzan di ottima architettura con picciola chiesa ed altre adiacenze, con roccolo, cedraja, brolo e prateria, ove in tempo d’autunno si prendono lodole e altri uccelli in quantità. Stando nelle stanze superiori del detto palazzo si gode a tutte le parti una veduta molto deliziosa. Avanti la sua facciata v’è una spaziosa corte ai lati chiusa da muri, in fine della quale trovasi un maestoso portone con rastello di ferro.

A destra e sinistra di detto portone vi sono rastelli pur di ferro, ma più bassi del detto, i quali girano sino ai muri laterali che chiudono la corte stessa. Fuori del medesimo portone v’è un largo stradone spalleggiato da olmi lungo quasi mezzo miglio, che arreca piacere a chi lo mira”.

Di Luciano Cestonaro da Storie Vicentine n. 3 Luglio-Agosto 2021


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Grease a Vicenza: il celebre musical in scena al Teatro Comunale

“Grease, il Musical”, arriva in scena al Teatro comunale di Vicenza martedì 28 febbraio alle 20.45 per uno show sold out da tempo.

Presentato dalla Compagnia della Rancia, il musical di Jim Jacobs e Warren Casey, prodotto dalla Compagnia della Rancia con la regia di Saverio Marconi, è un fenomeno che si conferma ogni sera, ormai da 26 anni sui palcoscenici di tutta Italia, con oltre 1.800 repliche che sfiorano i 2.000.000 spettatori.

grease a vicenza

Prima ancora che uno spettacolo, “Grease” è una festa travolgente che accende le platee, trasformandosi in un vero e proprio fenomeno di costume, uno show amato anche dai giovanissimi. La voglia di ballare e di divertirsi continua infatti a far breccia nel cuore degli spettatori e così il pubblico si scatena, indifferentemente dall’età e almeno tre generazioni, ognuna per le sue ragioni, continua ad essere travolta dalla Greasemania: chi per la nostalgia degli anni Cinquanta, simbolo di un mondo spensierato e di una fiducia incrollabile nel futuro; chi per i ricordi evergreen legati al film campione di incassi del 1978 con i suoi indimenticabili protagonisti e le loro canzoni; chi per l’immedesimazione in una storia d’amore senza tempo, tra ciuffi ribelli modellati con la brillantina (che è poi il titolo dello spettacolo), i “chiodi” in pelle nera e le svolazzanti gonne a ruota.

“Grease, Il Musical” in scena al Comunale di Vicenza, traduzione dei testi di Michele Renzullo, adattamento di Saverio Marconi, con Simone Sassudelli e Francesca Ciavaglia nei ruoli di Danny Zuko e Sandy che furono di John Travolta e Olivia Newton-John, si avvale delle scene di Gabriele Moreschi, dei costumi di Carla Accoramboni, delle coreografie di Gillian Bruce, del disegno luci di Valerio Tiberi; le canzoni aggiunte sono di Barry Gibb, Jay Farrar, Sylvester Bradford, Al Lewis, mentre arrangiamenti e orchestrazioni sono di Riccardo Di Paola.

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Simone Sassudelli e Francesca Ciavaglia nei ruoli di Danny Zuko e Sandy

“Grease” e la sua colonna sonora elettrizzante con canzoni come Summer Nights, You’re the One That I Want, Hopelessly Devoted to You, e le coreografie irresistibili, piene di ritmo ed energia, ha fatto innamorare (e ballare) intere generazioni, è diventato uno spettacolo cult con i suoi personaggi  vere e proprie icone generazionali: un gruppo coinvolgente, capitanato da Danny Zuko, il leader dei Thunderbirds, innamorato di Sandy Olsen, la ragazza tutta acqua e sapone che, per riuscire a riconquistarlo dopo un flirt estivo, si trasforma diventando sexy e irresistibile. Insieme a loro, ci saranno in palcoscenico l’esplosivo Kenickie, la ribelle e spigolosa Rizzo, tutta la gang dei T-Birds, il gruppo delle Pink Ladies, gli studenti dell’high school e naturalmente l’angelo custode.

Il musical “Grease”, nato ben prima del film con John Travolta, ebbe un successo immediato e folgorante fin dal debutto a Off Broadway nel 1972, per passare poi trionfalmente a Broadway, dove rimase in scena ininterrottamente fino al 1980; alla chiusura aveva collezionato oltre 3.000 repliche. Il musical è un successo, diventato un “classico” in tutto il mondo, che ha visto anche la consacrazione teatrale di grandi attori come John Travolta (interprete di un ruolo minore, prima di indossare il giubbotto di Danny Zuko nel film) e Richard Gere. In Italia il debutto fu nel 1997 al Teatro Nuovo di Milano, protagonisti una strepitosa Lorella Cuccarini in scena con Giampiero Ingrassia nel ruolo di Danny (e Amadeus a vestire i panni del dj Vince Fontaine); da allora il musical si è rinnovato, sempre mantenendo però gli ingredienti che ne hanno decretato il successo mondiale. I veri protagonisti di “Grease” sono infatti le sue canzoni, il rock ‘n’ roll e le atmosfere da fast food, i pigiama party e il look evergreen dei personaggi, il ciuffo alla Elvis e la brillantina, tutto contribuisce a creare un inno all’amicizia e all’amore spensierato, valori intramontabili che portati in scena con brio, ritmo e allegria, hanno trasformato uno spettacolo musicale in un vero e proprio fenomeno pop. Sotto le luci del musical si sono alternati negli anni oltre 280 tra tecnici e artisti, per molti dei quali “Grease” è stato un vero e proprio trampolino di lancio.