Sbum! Yes, we cake, scritto e interpretato per il Centro di produzione teatrale La Piccionaia dai vicentini Marta e Diego Dalla Via, vince il premio Eolo Award 2023 “per l’originalità del linguaggio scenico applicato ad una tematica importante”.
La cerimonia di consegna del prestigioso riconoscimento di teatro per le nuove generazioni, promosso dal 2006 dalla rivista online Eolo, si è tenuta al Teatro Bruno Munari di Milano all’interno della 33esima edizione del Festival di teatro ragazzi Segnali, organizzato dal Teatro del Buratto e da Elsinor.
“Attraverso una scrittura vivida, ironica ed intelligente, apparentemente di stampo surreale – spiega la motivazione della giuria – lo spettacolo mette in relazione con rara efficacia la precaria situazione ambientale del nostro pianeta con il generale deficit di Democrazia e di Informazione, che piano piano si sta diffondendo in tutto il mondo. In questo modo riesce ad infondere alle nuove generazioni lo stimolo e l’interesse per i temi affrontati nell’intento di cercare di cambiare le logiche che stanno mettendo a rischio tutte le possibili conquiste finora acquisite dal genere umano”.
L’idea dalla tematica ecologica è stata realizzata grazie al contributo del Comune di Vicenza attraverso il “Bando Cultura 2021” progetto “Vicenza oltre il Covid con la cultura si riparte” all’interno del progetto V.A.N.G.A. Vicenza per l’Ambiente. Nuove Generazioni in Azione con il sostegno di Fondazione Cariverona attraverso il bando FORMAT 2022 e ha avuto un ottimo riscontro durante tutta la tournée appena conclusa.
La Società del Quartetto propone alla foresteria di Villa Valmarana ai Nani un ciclo di tre pomeriggi musicali con le ultime Sonate per pianoforte di Beethoven. Il debutto domenica 21 maggio con la Sonata Op. 101 e la Hammerklavier Op. 106 interpretate dal pianista veronese Filippo Gamba.
Domenica 21 maggio Villa Valmarana ai Nani si apre alla musica classica con il primo dei tre concerti della serie “Beethoven in Villa” organizzata dalla Società del Quartetto. La rassegna porta a compimento l’esecuzione integrale delle 32 Sonate di Beethoven che il pianista veronese Filippo Gamba aveva iniziato nel 2015 all’interno delle stagioni del Quartetto.
Fra i capolavori in programma nella foresteria della Villa domenica prossima e a seguire il 4 e 18 giugno con inizio alle ore 18:30 ci sono alcune fra le più note Sonate composte dal genio di Bonn nel suo estremo periodo creativo: dalla Hammerklavier agli Addii, dalla Pastorale all’Opus 111, l’ultima della serie.
Nel concerto di domenica 21 maggio Gamba sarà impegnato nell’esecuzione della Sonata in La maggiore Op. 101 e della Sonata in Si bemolle maggiore Op. 106 “Hammerklavier”, rispettivamente le numero 28 e 29 del catalogo. La prima, dedicata alla baronessa Dorothea Ertmann, sua talentuosa allieva, inaugura l’ultimo periodo della scrittura pianistica beethoveniana nel quale emergono con decisione il ritorno al contrappunto, il superamento delle forme tradizionali e un carattere fortemente “teatrale”.
Ricca di sorprese e colpi di scena è anche la Sonata n. 28 Op. 106, la più lunga e complessa della serie. Dedicata all’arciduca Rodolfo d’Asburgo, fu composta fra il 1817 e il 1818 e lo stesso Beethoven, ben conscio della notevole complessità di questa sua opera, profetizzò che “avrebbe dato filo da torcere ai pianisti dei prossimi 50 anni”.
Stimato docente alla Musik-Akademie di Basilea, Filippo Gamba è considerato uno dei più interessanti pianisti beethoveniani del nostro tempo. Diplomatosi al Conservatorio di Verona e poi allievo di Maria Tipo e Homero Francesch, nel 2000 ha vinto il Concorso Géza Anda di Zurigo ricevendo un importante imprimatur dal presidente di giuria Wladimir Ashkenazy che scrisse di lui: “Con la rigorosa, appassionata serietà che lo contraddistingue, il pianista italiano Filippo Gamba incarna quella figura di filosofo del pianoforte che, musicista cosmopolita dotato di grande maturità, è infuso di un carisma quasi missionario”. Viene quindi invitato dai più importanti festival europei e dalle più rinomate sale da concerto sia in recital che nel repertorio con orchestra. Fra le tante compagini con le quali Gamba ha collaborato si possono ricordare i Berliner Symphoniker, la Wiener Kammerorchester, la Staatskappelle di Weimar, la Camerata Academica Salzburg, la Tonhalle Orchester di Zurigo e la City of Birmingham, sotto la bacchetta, tra gli altri, di Sir Simon Rattle, James Conlon, Armin Jordan, Iván Fischer e Vladimir Ashkenazy.
Settima edizione per Resistere, la rassegna di incontri letterari organizzata a Bassano del Grappa da Libreria Palazzo Roberti. Dal 14 al 18 giugno 2023, sono quattordici gli eventi in programma per le cinque giornate di festival. Scienza, politica, economia, sostenibilità ma anche psicologia e narrativa per quello che è ormai uno degli eventi letterari più attesi di inizio estate.
Grazie all’intraprendenza di Lavinia, Lorenza e Veronica Manfrotto, titolari della più volte consacrata “libreria più bella d’Italia” e promotrici della rassegna, la manifestazione mira a coinvolgere il pubblico in incontri fatti di emozioni e riflessioni, fra impegno e leggerezza e, soprattutto, tanta voglia di libri e di ascoltare dal vivo le parole di grandi maestri e nuovi autori.
“Resistere 2023 sarà anche l’occasione per festeggiare i 25 anni di attività della libreria, un bel traguardo che ci gratifica e ci fa guardare avanti con fiducia – spiegano le titolari – L’idea di base della rassegna è sempre quella di invitare gli autori a raccontare il nostro tempo da diversi punti di vista. Il nostro lavoro è costruito sullo stretto rapporto fra lettori, frequentatori e amici e crediamo questo sia il modo migliore per conoscere il mondo dei libri, un invito ad avvicinarsi a loro senza timori”.
Il cartellone vede fra i protagonisti di mercoledì 14 giugno il giornalista e criminologo Stefano Nazzi (Chiostro del Museo Civico, ore 18.45) e l’istrionico fisico e insegnante con milioni di follower Vincenzo Schettini (Castello degli Ezzelini, ore 21.15). Il primo, attraverso il racconto di alcuni casi di cronaca che hanno sconvolto l’opinione pubblica, cerca di indagare la natura del male che porta ad eventi imprevedibili o tragiche conclusioni annunciate; il secondo, autore de “La fisica che ci piace”, come nei social ci parlerà della sua passione per la fisica e il suo entusiasmo nel raccontarla, rendendola non solo accessibile ma anche affascinante.
Giovedì 15 giugno il saggista, autore e conduttore televisivo Federico Taddia e la climatologa e fisica Elisa Palazzi si interrogano sullo stato di salute del pianeta e sugli interventi concreti per aiutarlo (Libreria Palazzo Roberti, ore 18.00); l’economista Carlo Cottarelli ci parla di globalizzazione, tecnologia, criptovalute, ma anche dei pericoli che le cose ci sfuggano di mano (Chiostro del Museo Civico, ore 18.45); il deputato Bruno Tabacci e la giornalista Lucia Annunziata discutono della crisi del sistema politico italiano, con il succedersi dei vari premier e l’attrazione verso i populismi (Castello degli Ezzelini, ore 21.15).
Venerdì 16 giugno l’attrice e scrittrice Chiara Francini, come nei suoi libri, coinvolge il pubblico in un flusso emozionale, dai ricordi d’infanzia al dilemma della maternità (Libreria Palazzo Roberti, ore 17.00); il celebre psichiatra Vittorino Andreoli affronta il tema della vecchiaia, come metamorfosi di nuove possibilità, in una società che invece tende a negarla (Chiostro del Museo Civico, ore 18.45); l’autore di best-seller Antonio Manzini, attraverso il suo personaggio più famoso (l’investigatore Rocco Schiavone), indaga con disincanto la realtà (Castello degli Ezzelini, ore 21.15).
Sabato 17 giugno la psicologa ed esperta di “dipendenze affettive” Ameya Gabriella Canovi illustra i nuovi modelli di famiglia e la necessità di ripercorrere le eredità emotive e i traumi intergenerazionali che ci condizionano (Libreria Palazzo Roberti, ore 17.00); il fondatore di Slow Food Carlo Petrini e l’economista e teologo di formazione gesuita Gaël Giraud si confrontano, con approcci diversi, sulle diseguaglianze del mondo (Castello degli Ezzelini, ore 18.45); Umberto Galimberti, filosofo e psichiatra, indaga la sfera delle emozioni, come forma di conoscenza, anche in linea con le nuove discipline scientifiche (Castello degli Ezzelini, ore 21.15).
Domenica 18 giugno il chimico Dario Bressanini e il biologo Giacomo Moro Mauretto cercano di sfatare nel mondo del cibo i miti indotti dal marketing, nell’orizzonte soprattutto della sostenibilità (Sala Da Ponte, ore 17.00); i due interpreti del capitalismo italiano Franco Bernabè e Massimo Gaggi, intervistati dalla giornalista Alessandra Sardoni, affrontano i problemi legati a globalizzazione, sviluppo della tecnologia, potere monopolistico e democrazie in pericolo; infine, la cantante Malika Ayane, alla sua prima prova di autrice, svela la sua filosofia di vita alla ricerca della felicità (Castello degli Ezzelini, ore 21.15).
La rassegna letteraria Resistere è ideata e organizzata da Libreria Palazzo Roberti, con il patrocinio della Città di Bassano del Grappa. Main sponsor della manifestazione: AGB, SIND Tech Solution e QUAKE Fashion Solutions. Partner della rassegna: Banca Mediolanum, Baxi, Mevis, EcoRicerche, Allnex, MAG Italia Group, Poli Distillerie, Mubre Costruzioni, CMP, Finleb, Fabio Gobbato Financial Advisor. In collaborazione con Fondazione Banca Popolare di Marostica Volksbank. Partner tecnici: ALU, Fogher, Montegrappa, Leucos, Casa del Fiore, Osteria Terraglio. Media partner: Il Giornale di Vicenza, Corriere del Veneto.
Le sedi sono gentilmente offerte dalla Città di Bassano del Grappa.
Tutti gli eventi sono a ingresso gratuito e senza prenotazione.
In caso di maltempo gli incontri in programma al Castello degli Ezzelini e al Chiostro del Museo Civico si terranno in Sala da Ponte. Le sedi possono subire cambiamenti. Si invita a consultare il sito o i canali social della libreria per ogni aggiornamento.
Ai piedi del colle di Monteviale sorge la splendida Villa Loschi Zileri con il suo complesso di portici e barchesse. Fatta erigere da Nicolò Loschi, l’edificio trae la sua origine da un nucleo assai più antico: il perno della villa è la sua elegante facciata tripartita che presenta un imponente stemma gentilizio.
Al piano terra si può ammirare la cosiddetta “grotta delle conchiglie” voluta da Alfonso Loschi nel 1665. La singolare struttura, che ricorda vagamente la grotta della Villa Contarini a Piazzola sul Brenta (Padova), ha la particolarità di essere in comunicazione con un anfratto naturale del colle. Poi si passa allo splendido ed aereo scalone che immette direttamente al piano nobile della villa dove trionfa la luce tersa e abbagliante grazie soprattutto alle superfici chiarissime che dominano sia all’interno che all’esterno dell’edificio.
Se la grotta decorata con delle vere e proprie conchiglie e con affreschi che raffigurano paesaggi ci affascina e ci stupisce, nondimeno ci appare straordinaria la visione delle magnifiche pitture ad affresco realizzate dal più grande pittore italiano del ‘700 Giambattista Tiepolo (1696- 1770).
Il ciclo di affreschi costituisce la prima fatica artistica di Tiepolo nel territorio vicentino, molti anni prima di realizzare i più famosi affreschi di Villa Valmarana ai nani in collaborazione con il figlio Giandomenico (1757). Le pitture del Tiepolo, che ornano sia lo scalone d’onore che il salone delle feste, rivelano un interessantissimo programma iconografico tratto dall’Iconologia di Cesare Ripa del 1611 a partire dall’allegoria del Tempo che scopre la verità e scaccia l’invidia nel soffitto dello scalone.
Nelle pareti dello scalone dominano invece l’Innocenza che scaccia l’inganno da una parte e l’Operosità che trionfa sulla pigrizia dall’altra; ai lati dello scalone, in basso, il pittore realizza i due affreschi monocromi raffiguranti il Merito e la Nobiltà.
Passiamo al grande e luminoso salone d’onore che occupa due livelli con delle grandi finestre balaustrate in alto: racchiusi da delicati cornici in stucco, troviamo nel soffitto gli affreschi raffiguranti la Fortezza, Temperanza, Giustizia, Verità e al centro la Fama che annuncia il trionfo della gloria fra le virtù cardinali; nelle pareti della sala abbiamo la Concordia maritale, la Liberalità dispensa i doni, l’Umiltà che scaccia la superbia e infine la Virtù che incorona l’onore.
Gli affreschi, realizzati in appena tre mesi di lavoro nel 1734, segnano il passaggio dalla fase più giovanile del pittore permeata di influssi piazzetteschi (pittura dei tenebrosi), a quella più felicemente classica e ricca di stimoli provenienti dalla lezione di Paolo Veronese, grande genio del Rinascimento veneto.
Di Francesco Caracciolo da Vicenza In Centro (Marzo 2023)
La Chiesa di San Giorgio in Gogna a Vicenza ha una storia molto tribolata. Sulle verdi pendici dei colli berici, su un piccolo poggio di fronte al fiume Retrone, sembra che già in epoca romana esistesse un tempietto dedicato alla dea Diana Cacciatrice, sostituito poi da una cappella cristiana. Fu forse opera dei longobardi, nel VII secolo, la costruzione della chiesa con le misure attuali.
Per una data certa bisogna arrivare al 983 quando il vescovo Rodolfo con un “privilegio” assegnava il “vantium Sancti Georgi cum capella”, cioè la chiesa e il terreno circostante ai benedettini, purché si impegnassero a risanare la zona paludosa vicina a fiume.
Nel 1259, durante l’ennesima epidemia di peste, fu trasformato in lazzaretto e tale rimase fino al 1630. Nel 1799 con la prima occupazione austroungarica, la chiesa fu trasformata in prigione dove vi venivano portati i condannati da avviare all’esecuzione capitale. I condannati, uscendo da Porta Lupia si avviavano alla gogna per scontare la loro pena, da questo il nome della zona “Gogna”.
Divenne poi magazzino comunale e infine, nei primi del 900, un canile. Per la sua vicinanza alla stazione ferroviaria, durante la Seconda guerra mondiale fu bombardata e gravemente danneggiata; si salvò solamente l’abside.
Con i materiali recuperati, un attento e prezioso restauro, sia nel 1949 come nel 2011, riportò la struttura alla sua severa originalità medioevale. La chiesa si presenta con pianta rettangolare a unica navata con facciata in pietra e cotto. Interno con soffitto a travi a vista; abside semicircolare all’interno e poligonale all’esterno, riconducibile a modelli ravennati.
L’interno è spoglio, con resti lapidei di epoca romana e medioevale; l’altare è in realtà una vera da pozzo con posata sopra la tavola mensa. Nella parete interna della controfacciata si può ammirare la bella pala del 1617, opera del figlio di Alessandro Maganza, Gianbattista Maganza il giovane, 1577-1617, con l’apparizione della Madonna a Vincenza Pasini infierendo la peste a Vicenza tra il 1425 1428.
Sullo sfondo si può vedere il vecchio lazzaretto, all’epoca ancore presente e il campo marzo con le sue baracche di legno dove venivano alloggiati gli appestati, i carri dei monatti, i falò delle masserizie infette e i corpi dei defunti e dei moribondi. Prima di essere trasferita a San Giorgio in Gogna, la pala stava nella canonica di Cereda ma fu inizialmente realizzata per il convento di Ognissanti, vicina alla chiesa di Santa Caterina, dove la Pasini era sepolta.
Di Adriano Bevilacqua da Vicenza In Centro (Febbraio 2023)
Abdullah Ibrahim si esibirà in piano solo, in esclusiva europea, al Teatro Olimpico di Vicenza domani sera, nell’ambito del Festival New Conversations – Vicenza Jazz. I numerosi appuntamenti di venerdì 19 maggio 2023 ruotano attorno alla presenza del pianista sudafricano.
Una partecipazione artistica di enorme spessore storico: un’occasione a suo modo unica per assaporare ancora una volta la sintesi altamente suggestiva tra le radici africane e il free americano realizzata da uno dei mostri sacri del piano jazz moderno, alla soglia dei novant’anni.
Nato a Città del Capo nel 1934, Abdullah Ibrahim (prima della conversione all’Islam era già diventato famoso col nome di Dollar Brand) è uno dei pochi musicisti africani ad aver raggiunto un ruolo da protagonista nel jazz mondiale. Ed è sicuramente il sommo rappresentante del jazz sudafricano: il suo disco di esordio (Jazz Epistle Verse 1, 1960) è stato il primo Lp di jazz realizzato da artisti di colore in quel paese.
In seguito all’inasprirsi dell’apartheid e alle continue ingerenze governative nella vita dei musicisti, Abdullah Ibrahim lascia il Sud Africa nel 1962. Si trasferisce in Svizzera, dove trova un ingaggio a lungo termine al Club Africana di Zurigo. Convinto dalla compagna di Ibrahim, Duke Ellington assiste a una delle sue performance in trio. Ne rimane talmente colpito da ‘sponsorizzarne’ subito un’incisione discografica: Duke Ellington Presents The Dollar Brand Trio (1963). Ellington ha visto giusto: nel giro di pochi anni l’ascesa di Ibrahim nel mondo del jazz è rapidissima. Nel 1965 si sposta a New York, dove interagisce con nomi del calibro di Don Cherry, Ornette Coleman, John Coltrane, Pharoah Sanders, Cecil Taylor, Archie Shepp, Billy Higgins, Elvin Jones. In alcune occasioni sostituisce addirittura Ellington alla guida della sua orchestra.
Gli anni Settanta sono un decennio di intensa attività (spiccano incisioni con Shepp, Cherry, Max Roach). Da allora la sua carriera non ha conosciuto pause né cedimenti: difficile sintetizzare tra una miriade di eventi significativi (dal settetto che incide Ekaya, alle produzioni sinfoniche). Ma l’aspetto più suggestivo e rappresentativo della sua arte è l’esibizione in solo, documentata su numerosi dischi e in una continua attività dal vivo. È in questo contesto che emerge compiutamente il suo stile distintivo dalla possente definizione ritmica, sontuosa e iterativa, e dai disegni melodici di palpitante dolcezza, nostalgici, intensamente evocativi.
Ed è proprio un piano solo l’ultimo disco aggiuntosi alla sua sterminata discografia (oltre cento titoli): Solotude (2020), che dimostra come questa icona del jazz africano sia ancora al suo zenit artistico.
La serata musicale vicentina proseguirà al Jazz Café Trivellato nel Giardino del Teatro Astra (ore 22:15) dove si ascolterà il trio della cantante e pianista Noa Fort,rappresentativa della creativa schiera di musicisti israeliani di base a New York. Con lei ci saranno Leonor Falcon alla viola e Oriol Roca alla batteria.
Altamente suggestivo è poi il concerto di mezzanotte al Cimitero Maggiore, una tradizione ormai consolidata del festival: ne saranno protagonisti la clarinettista sarda Zoe Pia e i Tenores di Orosei.
Inoltre, nel pomeriggio, un nuovo appuntamento a Palazzo Thiene (ore 18) con i giovani talenti della sezione “Proxima”: la cantante Giuditta Franco proporrà il progetto “Trail of Dreams” in quartetto con Igor Ambrosin (pianoforte), Francesco Bordignon (contrabbasso) e Francesco De Tuoni (batteria).
Il festival New Conversations – Vicenza Jazz 2023 è promosso dal Comune di Vicenza in collaborazione con la Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza, in coproduzione con Trivellato Mercedes Benz, con AGSM AIM come sponsor principale e Acqua Recoaro come sponsor tecnico.
Nella vita non è sempre facile scegliere di essere se stessi, ascoltare le proprie passioni, fare quello che ci è più congeniale e che ci fa stare meglio. Non è così scontato perché a volte ci sono dei percorsi già segnati, che è giocoforza seguire, ma questo non è il caso di Nicola Piovesan.
Nicola, già durante gli anni universitari aveva una passione per la scrittura che lo aveva portato a scrivere articoli per Sport Vicentino, una testata locale, e questo un po’ lo aveva aiutato ad uscire dalla sua timidezza.
Successivamente ha svolto la professione di farmacista per diversi anni, finché un giorno si è trovato di fronte a un bivio, dove neppure per un istante ha dubitato sulla strada che doveva prendere ed ha scelto di essere uno scrittore e oggi anche uno sceneggiatore.
Il vicentino Nicola Poivesan, infatti, è sì un farmacista, ma con una passione per la letteratura, che era già emersa in gioventù e che aveva sempre tenuta chiusa in un cassetto. E per un periodo ha portato avanti le due attività parallelamente e sono usciti dei libri molto interessanti, che ancora oggi vengono richiesti: “L’ombra del destino”, “Il sesto passo”.
Tutto ciò finché il farmacista-scrittore si è reso conto che aveva perso tante occasioni e che aveva sacrificato molto di sé. Così, grazie anche alla moglie Michela, conosciuta all’università e che lo ha sempre sostenuto in questo senso, ha fatto una scelta radicale, forse la più importante della sua vita, abbandonando l’attività di farmacista per dedicarsi alla letteratura in maniera esclusiva.
Ha cioè sacrificato un percorso redditizio, economicamente forte a vantaggio del percorso del cuore, dell’anima.
Cosa stai facendo attualmente, Nicola?
“Ho conseguito il diploma di sceneggiatore presso Studio Cinema International a Verona, e oggi lavoro con Giancarlo Giannini, Pupi Avati, Tommaso Avati, Luca Verdone, Daniele Costantini, Giancarlo Scarchilli, Emanuela Morozzi“.
Qual è il sogno nel cassetto di Nicola Piovani dopo aver fatto una scelta così importante?
“Sicuramente realizzare un lungometraggio, di respiro internazionale, per il grande schermo. Spero che dal mio libro Il Sesto Passo venga tratta una serie tv“.
Ti senti più scrittore o sceneggiatore?
“Sono due cose diverse, perché nella sceneggiatura devi essere più descrittivo, mentre nel libro devi essere più scorrevole e veloce, ma in entrambi i ruoli mi sento a mio agio. Ora sto scrivendo una sceneggiatura per un altro corto e sto lavorando a un lungometraggio con Tommaso Avati. Nel frattempo mi sto dedicando di nuovo a un libro. Quello che mi manca ancora è una gratifica, non solo di tipo economico, che ripaghi la scelta che ho fatto”.
E le gratifiche non mancano. Sono infatti numerosi i premi ricevuti da Nicola Piovesan, tra cui il Premio Nazionale di Ascoli Piceno, nel 2022, come miglior sceneggiatura cinematografica per il copione da lui scritto dal titolo “Primo”. Nel marzo 2023 sono state effettuate le riprese del film “Grand Hotel”, scritto da Piovesan, con la regia di Alberto De Grandis.
Mercoledì 17 maggio 2023 il festival New Conversations – Vicenza Jazz torna nella suggestiva cornice del Teatro Olimpico: alle 21 il duo Michel Godard (bassotuba, serpentone) e Danilo Rea (pianoforte), impegnati in un omaggio a Puccini dai toni contemporaneamente lirici e jazzistici, e il futuristico Tiger Trio, con le libere improvvisazioni di Nicole Mitchell (flauto, voce), Joëlle Léandre (contrabbasso, voce) e Myra Melford (pianoforte), che si esibiranno in esclusiva nazionale.
In seconda serata il Jazz Café Trivellato nel Giardino del Teatro Astra ospiterà alle ore 22:15 l’omaggio alle canzoni di Billie Holiday e Nina Simone dell’Indaco Trio, ovvero Silvia Donati (voce), Francesca Bertazzo Hart (chitarra) e Camilla Missio (contrabbasso).
Nel pomeriggio, negli spazi ipogei di Palazzo Thiene (alle ore 18) si terrà un nuovo appuntamento di “Proxima”, la sezione del festival dedicata ai giovani talenti: la cantante Martina Ghibellini proporrà il suo progetto “Ndovu”, un quartetto con Luca Scardovelli (chitarra), Dario Ponara (vibrafono) e Silvano Martinelli (batteria).
Il festival New Conversations – Vicenza Jazz 2023 è promosso dal Comune di Vicenza in collaborazione con la Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza, in coproduzione con Trivellato Mercedes Benz, con AGSM AIM come sponsor principale e Acqua Recoaro come sponsor tecnico.
Danilo Rea e Michel Godard condividono una passione per Giacomo Puccini. Non nuova a riletture in chiave jazzistica, la musica del celeberrimo operista viene però qui sfrondata di qualunque manierismo. Rea e Godard non rinunciano ad alcune delle più celebri arie, ma pescano anche tra le melodie meno note del compositore lucchese e aggiungono loro brani originali ideati ‘alla maniera di’.
Nato a Vicenza nel 1957, Danilo Rea è cresciuto a Roma, sulla cui scena jazzistica ha esordito assai presto, creando nel 1975 il Trio di Roma (con Enzo Pietropaoli e Roberto Gatto). Con questa formazione e, successivamente, con i Doctor 3 (con Pietropaoli e Fabrizio Sferra), Rea ha stabilito la norma del piano trio jazzistico all’italiana. Nella carriera di Rea risaltano anche notevoli collaborazioni internazionali (con Chet Baker, Lee Konitz, Steve Grossman, Bob Berg, Phil Woods, Michael Brecker, Joe Lovano, Gato Barbieri…), nonché un’attività d’alto livello nel pop italiano. Pianista prediletto da Mina, Claudio Baglioni e Pino Daniele, Rea ha collaborato anche con Domenico Modugno, Fiorella Mannoia, Riccardo Cocciante, Renato Zero, Gianni Morandi e Adriano Celentano. Ha contribuito anche alla ‘svolta jazz’ di Gino Paoli.
Michel Godard è un musicista che si identifica nei suoi strumenti e nel modo alquanto personale di suonarli. Ha trasformato la tuba in un ottone solista, facendola emergere dallo sfondo delle linee di basso. Si è poi progressivamente allontanato da questo suo primo strumento, preferendogli già dalla fine degli anni Settanta il serpentone. Godard è uno dei pochissimi suonatori di questo strumento antico e desueto (è il basso della famiglia dei cornetti), di certo l’unico a usarlo, anche questa volta, come una voce solista. Per permettersi simili originalità si deve possedere un enorme bagaglio tecnico e una mente libera da pregiudizi. Ecco, questo è Godard, col suo repertorio che spazia dalla musica del Cinquecento a quella improvvisata.
Nato vicino a Belfort (Francia), vanta una significativa carriera in ambito classico: ha suonato con l’Orchestre Philharmonique de Radio France, l’Orchestre National de France, gli ensemble Musique Vivante, La Fenice di Parigi, XVIII-21 Musique des Lumières. In ambito cameristico ha fatto parte del quintetto di ottoni Concert Arban.
Dalla fine degli anni Ottanta la sua attività si rivolge però sempre più alla musica d’avanguardia e all’improvvisazione, con numerosi contatti ravvicinati con il mondo del jazz. Vanta una collaborazione discograficamente prolifica con Rabih Abou-Khalil e tra i suoi partner musicali si trovano anche Michel Portal, Louis Sclavis, Henri Texier, Michael Riessler, Kenny Wheeler, Ray Anderson, Sylvie Courvoisier, Misha Mengelberg, Willem Breuker, Steve Swallow, Ernst Reijseger…
Numerosi i contatti di Godard con la scena musicale italiana: lo si è ascoltato assieme a Enrico Rava, Maria Pia De Vito, Luciano Biondini, Gabriele Mirabassi, Gianluigi Trovesi, Cristina Zavalloni, Tiziano Tononi, Gavino Murgia, Lucilla Galeazzi… In Italia ha anche realizzato alcuni dei suoi più notevoli progetti discografici, grazie al sostegno dell’etichetta CAM Jazz.
Il Tiger Trio è l’apoteosi della ‘composizione spontanea’. Assieme dal 2015 (l’esordio su disco è del 2016: Unleashed) Nicole Mitchell, Joëlle Léandre e Myra Melford sono pioniere di un jazz futuribile e dall’alta gradazione improvvisativa. Ma perché la loro musica possa esprimere un tale senso di libertà, le tre musiciste interagiscono con estrema disciplina e un interplay dalla spiccata messa a fuoco.
Nicole Mitchell (nata nel 1967 a Syracuse, NY) è stata la prima donna a diventare presidente della storica Associazione per l’Avanzamento dei Musicisti Creativi (AACM), il che la dice lunga sul ruolo di rilievo che ha raggiunto tra gli artisti che ruotano attorno alla storica scena del jazz di Chicago. Più volte vincitrice come flautista emergente del referendum indetto da DownBeat tra i critici statunitensi, la Mitchell ha lavorato a stretto contatto con le più notevoli personalità dell’avanguardia americana: George Lewis, Leroy Jenkins, Malachi Favors… Come il suo curriculum lascia immaginare, la Mitchell ha una vocazione particolare per l’esplorazione al di là dei confini conosciuti della musica improvvisata, sia attraverso l’utilizzo di una tecnica strumentale particolarmente creativa che grazie all’adozione di sonorità inedite per il suo strumento, il flauto. Nella sua musica si ritrovano poi spesso espressioni visionarie e spirituali.
La contrabbassista francese Joëlle Léandre è una delle figure di spicco della scena creativa europea. L’originale attitudine performativa che la contraddistingue l’ha portata a esibirsi con artisti del calibro di Morton Feldman, John Cage, Steve Lacy, Anthony Braxton e John Zorn, occasioni nelle quali ha saputo evidenziare la sua attitudine per l’improvvisazione a briglie sciolte.
Myra Melford, nata nel 1957, è cresciuta alle porte di Chicago in una dimora progettata dal celebre architetto Frank Lloyd Wright. Il suo rapporto con l’arte e la cultura in genere è stato profondo e multidisciplinare sin dall’infanzia, per poi confluire, spontaneamente, nei suoi lavori musicali. Allieva di Henry Threadgill, Jaki Byard e Don Pullen, ha partecipato ai gruppi di Threadgill, Leroy Jenkins, e Butch Morris. Nel corso di oltre quarant’anni di carriera, la Melford ha dato vita a numerose formazioni, attraendo nella sua sfera d’azione musicisti come Marty Ehrlich, Erik Friedlander, Chris Speed, Han Bennink, Joseph Jarman, Mark Dresser, Matt Wilson… Importante anche la sua attività in piano solo. Tra i numerosi premi conseguiti spicca quello come “pianista dell’anno” (2008 e 2009) conferitole dalla Jazz Journalists Association.
La carriera della cantante bolognese Silvia Donati è stata segnata da un’intensa passione per la musica ‘nera’. Le sue prime esperienze avvengono infatti con gruppi funky e rhythm & blues, finché gli studi con Barry Harris, Art Taylor, Rachel Gould e Horace Parlan le fanno imboccare la strada del jazz. Da allora sono state numerose le sue collaborazioni con importanti jazzisti italiani: soprattutto Marcello Tonolo ma anche Sandro Gibellini, Pietro Tonolo, Renato Chicco, Ares Tavolazzi, Danilo Rea, Nicola Stilo, Carlo Atti, Fabrizio Bosso. Alla sua passione per la musica afroamericana si è poi affiancata quella per la musica brasiliana. Nel corso degli anni ha dato vita a diversi gruppi (Siluet, Arcoiris, StandHard 3io) che sono apparsi dal vivo in tutta Italia e sono stati ospitati in importanti trasmissioni radiofoniche e televisive. La Donati è protagonista anche del progetto “Encresciadum”, il primo caso di jazz cantato in ladino, a dimostrazione dell’incredibile versatilità linguistica della vocalist emiliana.
In “D’amore e d’orgoglio”, la Donati si confronta con due personalità forti del canto afroamericano: la più strettamente jazzistica Billie Holiday e Nina Simone, attiva anche in altri generi black, dal blues al gospel. Cantanti che, appunto, hanno fortemente rimarcato l’orgoglio di essere donna e afroamericana in un paese e in un’epoca in cui i più ovvi diritti civili non si potevano ancora dare per scontati. Il trio ripercorre i momenti più significativi della carriera delle due artiste, con suono scarno e avvolgente.
Domenica 21 maggio 2023 torna il tradizionale appuntamento con Mu.Vi.Musica Vicenza che farà “risuonare” alcuni fra i luoghi più belli del centro storico con una formula nata per dare spazio e visibilità a numerosi giovani artisti emergenti.
11 concerti, 25 musicisti per 12 ore di musica in contemporanea da 4 luoghi della città. Sono i numeri della settima edizione di Mu.Vi – Musica Vicenza, l’ormai tradizionale appuntamento di apertura del festival Settimane Musicali al Teatro Olimpico di Vicenza.
Domenica 21 maggio dalle 10.30 alle 18.00 la città di Vicenza diventa un palcoscenico diffuso: in contemporanea da quattro splendidi angoli del centro storico – Palazzo Chiericati, Palazzo Leoni Montanari, Palazzo Thiene, Loggia del Capitaniato – si alternano esibizioni dal vivo che spaziano dal Barocco al Novecento, dal repertorio per due pianoforti a quello per fisarmoniche, dalle teorie di Isaac Newton al Jazz. Una festa della musica, ad ingresso gratuito, alla quale tutti sono invitati a partecipare.
Un evento ricco e stimolante, curato dalla direttrice artistica Sonig Tchakerian, con decine di giovani talenti pronti a condividere l’emozione della musica all’aperto all’insegna della partecipazione culturale, in un coinvolgente intreccio di voci e programmi. Mu.Vi non solo apre la XXXII edizione del festival Settimane Musicali al Teatro Olimpico di Vicenza, ma ne rappresenta anche lo spirito: dar spazio ad esecutori di grande talento e aprire alla musica, dei generi più diversi, gli incantevoli spazi del centro cittadino.
Apre il programma di Jazz e dintorni, a Palazzo Chiericati ore 11.30, il concerto del Quartetto Peer con un variegato repertorio che spazia da Charles Mingus a John Taylor, da Maria Joao a Maria Pia De Vito. A seguire alle 15.00 il T.A.P. Saxophone Duo di Alessandro Juncos e Riccardo Fachinat, i loro brani originali indagano i diversi aspetti della musica contemporanea e la versatilità del sassofono. Chiude alle ore 16.00 il trio Flor Das Aguas con un programma interamente dedicato ai grandi della musica jazz brasiliana.
Appuntamento a Palazzo Leoni Montanari con La fisarmonica dal barocco al contemporaneo. Dalle 10.30 Jacopo Parolo e Nereo Fiori si alternano mettendo in scena le suggestioni delle fisarmoniche con brani appositamente scritti e trascrizioni di lavori nati per altri strumenti. Alle ore 12.00 Davide Zaltron conduce un originale incontro tra la fisica di Netwon e un quartetto di viole dal titolo “Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano”. L’idea parte da una riflessione sul terzo principio della dinamica: ad ogni forza ne corrisponde una uguale e contraria.
A Palazzo Thiene dalle 15.30 Sara Mazzarotto presenta Violino solo in Cammino: un viaggio dal Settecento alla musica di oggi in cui vengono presentate le più disparate sonorità del violino, strumento dall’enorme duttilità espressiva. Tartini per il Settecento, Paganini per l’Ottocento e Ysaye per il Novecento, spaziando fino alla fragilità del Nocturne (2014) della compositrice finlandese Kaija Saariaho e la profonda spiritualità della Ciaccona di Bach.
Alla Loggia del Capitaniato sono in programma, a partire dalle 11.00, le diverse sessioni di concerti della MiAmOr Milano Amateurs & Orchestra con numerosi strumentisti amatori – nella vita medici, avvocati, impiegati, imprenditori – che si esibiscono in concerti per pianoforte e orchestra nella versione Hausmusik – due pianoforti nel segno dello spirito della musica da camera che contraddistingue il festival. In anteprima a Mu.Vi la versione a due pianoforti dei Concerti di Gala del Festival che si terrà a Milano il prossimo autunno.
Si svolgerà giovedì 18 e venerdì 19 maggio 2023 al Palladio Museum di Vicenza, il 34° seminario internazionale di storia dell’architettura dedicato a “Raffaello. Nato architetto”.
L’intensa due giorni di studio e approfondimento, promossa dal Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio, mira a far luce sul tema della mostra attualmente in corso al Palladio Museum, ovvero sul ruolo di Raffaello come architetto e progettista urbano, prima ancora che pittore, e vedrà riuniti a Vicenza i massimi studiosi a livello mondiale del grande artista rinascimentale.
La mostra “Raffaello. Nato architetto”, curata da Guido Beltramini, Howard Burns e Arnold Nesselrath, promossa dal Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio nell’ambito delle iniziative del Comitato Nazionale “Raffaello 1520-2020”, organizzata al Palladio Museum nel decennale della sua fondazione, è in corso in queste settimane, e sarà aperta al pubblico fino al 9 luglio.
Il tema è avvincente, e anche il pubblico dei non addetti ai lavori, ha apprezzato la scelta, come dimostrano le migliaia di visitatori che hanno visitato le sale di Palazzo Barbaran da Porto nel primo mese di apertura della mostra.
Se tutti conoscono infatti la grandezza di Raffaello pittore, non tutti sanno che è stato un grandissimo architetto, uno dei più influenti di tutto il Rinascimento. E anche Palladio deve moltissimo a Raffaello architetto, di cui studia di persona gli edifici romani, tanto da esserne in un certo senso l’erede, ed è questa la ragione perché la mostra ed il seminario di studi si tengono proprio a Vicenza, al Palladio Museum. E va ricordato che i due artisti hanno avuto un ruolo cruciale, insieme a Michelangelo e a Leonardo, nella costruzione della fama internazionale del nostro Paese come culla dell’eccellenza nel saper fare.
La mostra del Palladio Museum è stata concepita come un laboratorio, dove accanto ai disegni cinquecenteschi di Raffello sono esposti i modelli ricostruttivi in scala di alcuni edifici sulla base delle fonti grafiche storiche: villa Madama, palazzo Branconio dell’Aquila, Stalle Chigi, palazzo Alberini, i palazzetti di Raffaello in via Giulia. E se i modelli esposti in mostra sono ipotesi di lavoro, nel corso del seminario saranno discussi e analizzati, approfondendo anche alcuni temi specifici dell’attività di Raffaello architetto.
La due giorni di studi si svilupperà in diverse sessioni; la prima serie di interventi, nel pomeriggio di giovedì 18 maggio, dalle 14.30 alle 19.30 affronterà il rapporto di Raffaello con l’architettura di Roma, antica e moderna, nelle sue linee generali, grazie agli interventi di Francesco Paolo Fiore (Raffaello e l’architettura), Paul Davies (chiese e cappelle di Raffaello) e Howard Burns (I mondi sociali di Raffaello). A conclusione i tre curatori della mostra (Beltramini, Burns, Nesselrath) presenteranno le tesi scientifiche e curatoriali che hanno guidato la realizzazione della mostra e gli studi scientifici ancora in corso sul ruolo di Raffaello architetto.
La mattina di venerdì 19 maggio (dalle 9.00 alle 13.00) sarà invece dedicata al disegno di architettura, come strumento di conoscenza dell’Antico e di elaborazione di un’idea progettuale; in questa sessione sono previsti i contributi di Alessandro Viscogliosi che affronterà il tema a livello “urbanistico”; a seguire l’intervento di Timo Strauch che metterà in luce finalità e metodi di raffigurazione dell’Antico nel materiale grafico prodotto nella prima metà del Cinquecento e in parte pervenuto fino ai nostri giorni. Guido Beltramini dedicherà invece un focus al nucleo di disegni raffaelleschi confluiti nella raccolta di Palladio oggi al RIBA – Royal Institute of British Institute di Londra, mentre Dario Donetti si concentrerà sul Codice Mellon, fonte importantissima per conoscere l’evoluzione di alcuni progetti raffaelleschi per palazzi privati e per la basilica di San Pietro. Francesco Paolo Di Teodoro offrirà una lettura dei disegni architettonici di Raffaello, utilizzando anche gli strumenti digitali: stesso approccio, ma in un ambito differente, sarà quello proposto da Alberto Sdegno, ovvero la lettura (e la fruizione) attraverso gli strumenti digitali di due architetture dipinte, i tempietti dello Sposalizio della Vergine e della Predica di San Paolo ad Atene. L’intervento di Georg Satzinger si focalizzerà sul disegno per San Giovanni dei Fiorentini, riaprendo una questione a lungo dibattuta sull’identificazione del soggetto. Hubertus Günther concluderà la mattinata con la lettura di Raffaello urbanista, nel contesto di una Roma in rapida e profonda trasformazione, al servizio delle nuove esigenze abitative e celebrative.
Nel pomeriggio di venerdì 19 maggio, dalle 14.30 alle 17.30, il seminario si sposterà negli spazi della mostra, dove i vari studiosi che hanno contribuito al catalogo (Simone Baldissini, Guido Beltramini, Maria Beltramini, Howard Burns, Francesco Marcorin e Arnold Nesselrath) discuteranno con i partecipanti le tesi che hanno portato a determinate scelte ricostruttive e interpretative dei modelli esposti.
Il 34° seminario di storia dell’architettura dedicato a “Raffaello. Nato architetto” conferma il ruolo di centro di ricerca e di alta specializzazione a livello internazionale del CISA e l’importanza degli studi scientifici che l’istituzione promuove e realizza da decenni.
Il seminario internazionale del 18 e 19 maggio, rivolto agli storici dell’arte e dell’architettura, ma aperto agli appassionati (potrà essere seguito sui canali social del Palladio Museum ……) affronterà le questioni dibattute nel catalogo della mostra, mettendo in luce alcuni aspetti non sufficientemente conosciuti dell’attività del grande artista rinascimentale. Il catalogo della mostra, edito da Officina Libraria è in vendita al bookshop di Palazzo Barbaran da Porto, costa € 30.
La mostra “Raffaello. Nato architetto” è aperta al pubblico al Palladio Museum dal mercoledì alla domenica, dalle 10:00 alle 18:00; l’ultimo accesso è previsto alle 17:30.