CATANIA (ITALPRESS) – “I criminali, anche quando sono in carcere, continuano a dirigere le attività delle organizzazioni utilizzando il cellulare. Non si limitano a mantenere i rapporti con i parenti o con altri affiliati, ma ad organizzare, a promuovere, a determinare attività criminali”. Lo ha dichiarato il procuratore distrettuale di Catania, Francesco Curcio, incontrando i giornalisti per fare il punto sull’operazione antimafia contro il clan Scalisi, operante nel territorio di Adrano. Secondo Curcio, “questo accade perché il sistema carcerario è indifeso rispetto all’ingresso dei telefoni cellulari. Chi è al livello più alto del nostro, ed ha responsabilità amministrativa e politica della gestione delle carceri, dovrebbe porsi il problema di schermare in modo opportuno gli ambienti carcerari”. “Mi rendo conto che è ormai impossibile che non arrivino all’interno del carcere – ha aggiunto – arrivano con i droni, con i lanci dall’esterno o in altri modi, ma se i cellulari fossero in un ambiente schermato, anche se riuscissero a entrare, il problema sarebbe risolto”.
Il procuratore ha sottolineato anche le pecche a cui va incontro, a causa di questo problema, il principio rieducativo della pena: “Diciamo che la pena deve avere una funzione rieducativa, benissimo, ma dobbiamo chiederci come possa esserci rieducazione se il detenuto continua a delinquere in carcere utilizzando il cellulare”. Ad essere compromesso è anche l’operato delle istituzioni: “Si lavora per anni, si fanno processi che costano milioni di euro e il sudore della Polizia giudiziaria, dei magistrati e poi chi viene condannato finisce per fare esattamente quello che faceva prima. Ma vi sembra possibile?”.
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