La Iván Fischer Opera Company presenta al Teatro Olimpico (il 26, 27 e 29 ottobre) Pelléas et Mélisande, capolavoro operistico di Debussy, per la VI edizione del Vicenza Opera Festival. Fischer, nel doppio ruolo di direttore musicale e regista, dirige un cast stellare. Il consueto concerto sinfonico con la Budapest Festival Orchestra – sabato 28 ottobre – è dedicato alla musica proibita dal Terzo Reich con brani di Eisler, Hindemith, Schulhoff e Weill.
Dal 26 al 29 ottobre 2023 il Teatro Olimpico di Vicenza apre le porte alla VI edizione del Vicenza Opera Festival. La manifestazione ideata dal maestro Iván Fischer nel “teatro più bello del mondo” quest’anno mette al centro della programmazione Pelléas et Mélisande, dramma lirico che Claude Debussy ultimò nel 1902 musicando l’omonimo testo di Maurice Maeterlinck. Il lavoro debuttò all’Opéra-Comique di Parigi nell’aprile dello stesso anno ed è considerato una pietra miliare del teatro lirico del Novecento per i suoi forti contenuti innovativi e per certi versi rivoluzionari.
Notevole il cast che affiancherà i musicisti della Budapest Festival Orchestra nelle messe in scena di giovedì 26, venerdì 27 e domenica 29 ottobre all’Olimpico. Nei ruoli del titolo ci sono il tenore Bernard Richter e il soprano francese Patricia Petibon. Tassis Christoyannis è Golaud, il basso Nicolas Testé interpreta il ruolo di re Arkël, mentre Yvonne Naef e Peter Harvey sono rispettivamente Geneviève e un medico. Il dodicenne Oliver Michael, studente di musica alla Trinity School di South London, veste i panni del giovane Yniold, figlio di primo letto di Golaud.
Iván Fischer sarà ancora una volta impegnato nella doppia veste di direttore e, con Marco Gandini, di regista
Di marca italiana sono le scenografie di Andrea Tocchio e i costumi di Anna Biagiotti.
L’opera di Debussy è una produzione della Iván Fischer Opera Company con Società del Quartetto di Vicenza, Müpa Budapest, Spoleto Festival dei Due Mondi ed è realizzata con la collaborazione del Comune di Vicenza.
Nel consueto appuntamento sinfonico inserito all’interno del festival vicentino, sabato 28 ottobre al Teatro Olimpico la Budapest Festival Orchestra diretta da Fischer propone quest’anno un originale concerto a tema dal titolo “Musica Degenerata”, ovvero la musica bandita dal Terzo Reich. In programma brani di compositori che subirono l’ostracismo del regime nazista come Hanns Eisler, Paul Hindemith, Erwin Schulhoff e Kurt Weill. La Budapest Festival Orchestra sarà affiancata dal violista Maxim Rysanov (nel Concerto di Hindemith) e dalla voce di Nora Fischer nella parte finale dedicata a Kurt Weill.
Il concerto della Budapest Festival Orchestra ribadisce il forte impegno sociale del maestro Fischer, artista che attraverso il linguaggio universale della musica si pone l’obiettivo di trasmettere al pubblico messaggi profondi che parlano di inclusione, convivenza e solidarietà. Ne sono un esempio i concerti in luoghi di culto abbandonati, gli eventi pensati per le nuove generazioni di ascoltatori e per gli anziani, gli spettacoli musicali dedicati ai bambini affetti da autismo e alle loro famiglie. In linea con questa filosofia, nei giorni del Vicenza Opera Festival gli strumentisti della Budapest Festival Orchestra si esibiranno in alcune case di riposo della città per gli anziani ospiti, i loro familiari e il personale.
La Budapest Festival Orchestra rientra da parecchi anni nell’elenco delle 10 migliori orchestre del mondo stilato dalla prestigiosa rivista britannica Gramophone: nel 2022 si è classificata al primo posto.
Il giudizio del pubblico è stato confermato qualche settimana fa anche da 15 critici musicali di importanti testate – fra cui Le Figaro, The Times, Frankfurter Allgemeine, The New Yorker, Die Presse – ai quali è stato chiesto di redigere una speciale classifica delle migliori orchestre e dei migliori direttori dell’attuale panorama mondiale. Sia la Budapest Festival Orchestra che il maestro Iván Fischer sono stati inseriti nella top ten.
L’edizione 2023 del Vicenza Opera Festival sarà seguita da un pubblico internazionale – sono attesi in città 700 appassionati provenienti da vari Paesi Europei – e da spettatori di diverse regioni italiane richiamati nella città berica dalla bellezza incomparabile del teatro palladiano e dal cast stellare che darà vita a Pelléas et Mélisande.
Ce ne eravamo occupati anche noi, impressionati dalla bellezza di Villa la Rotonda e di Palazzo Thiene. E ora Storie Vicentine ci dà tutti i dettagli storici, artistici e architettonici.
I temi della villa in zona agreste e del palazzo in città costituiscono il punto focale della formazione architettonica e del successo di Palladio. La classicità è il tema preferito dalla sfera culturale veneta e ogni progetto palladiano propone schemi che soddisfano le richieste della committenza. Palladio realizza le due architetture ponendo una estrema attenzione ai luoghi, alle funzioni dell’edificio, alle necessità della committenza nella distribuzione degli ambienti e nella scelta stilistica per rafforzare la posizione sociale della casata.
L’amore per il mondo classico lo porta ad una scelta progettuale basata sulla costruzione filologica dei principali canoni compositivi. Tuttavia il mondo classico non costituisce una regola rigida da seguire, ma è lo strumento che gli permette di realizzare raffinate creazioni e di ripetere alcune esperienze importanti del Rinascimento di Giulio Romano a Roma e Mantova, di Michelangelo a Roma, di Baldassarre Peruzzi a Roma e di Sebastiano Serlio a Venezia. Durante i suoi frequenti viaggi a Roma elabora una serie di appunti e li raccoglie in un volume intitolato “L’antichità di Roma”, raccolta preventiva degli autori antichi e moderni (1555), dove unisce i concetti compositivi e gli ideali geometrici dell’antico.
Analogie archeologiche si leggono nella “Rotonda” del palazzo Thiene, ispirate all’esedra e al peristilio, ai vani ellittici (Colosseo) e circolari con cupola (Pantheon), ai vani di palazzi posizionati in modo simmetrico come il Palazzo di Diocleziano a Spalato (IV- III sec. d.C.), la Piazza d’Oro della Villa Adriana e la Basilica di Massenzio. Altre ville costruite dal Palladio in zone agresti rispecchiano l’organismo progettuale distributivo e i caratteri funzionali delle case latine e greche. La felice posizione sul colle, vicina alla città e distante dagli edifici agricoli, dichiara la villa “residenza suburbana” capace di coniugare la natura e la civiltà in perfetta armonia. L’arte scultorea e gli affreschi del Cinquecento rispecchiano la cultura elitaria delle diverse condizioni sociali, dove i soggetti delle commissioni private esaltano le “Glorie e Virtù” delle nobili casate.
I ritratti vengono sostituiti con raffinati affreschi di figure allegoriche, con personaggi mitologici e condottieri antichi. I temi trattati sono estremamente elitari e solo il ceto colto, educato alla filosofia e alle lettere, può cogliere il significato. Spesso per realizzare queste opere veniva interpellato un consulente che traduceva il programma iconografico al pittore sulla base di valide conoscenze letterarie, mitologiche e filosofiche. I riferimenti a queste immagini e ai grandi condottieri romani sono comuni alle due cupole, per desiderio delle due casate di sottolineare le loro autorevoli posizioni sociali ed economiche in città.
LE DUE CUPOLE
Le due sale circolari con cupola sono spettacolari: la sapiente orchestrazione prospettica degli affreschi dai ritmi classici, accompagnati da timbri coloristici accesi, sono destinate a intrattenere le nobiltà veneziane.
La Cupola della Rotonda
La villa, voluta da mons. Paolo Almerigo Capra nel 1550- 67, destinata a letture e riflessioni religiose, diventa residenza signorile, luogo dilettevole di mondanità e allo stesso tempo azienda agricola. L’impianto planimetrico della villa è strutturato sul modulo del quadrato e l’aspetto esterno richiama la tipica facciata del tempio caratterizzata da quattro pronai sulle facciate.
La tipologia a moduli è il tema della “quaternità”, il cui significato simbolico deriva dalla religione orientale, tanto da concretizzarsi nella forma di Budda o di due divinità accoppiate. La geometria della villa si schematizza in un quadrato iterativo. Il tema della cupola aperta si ricollega al pensiero ierogamo tra terra e cielo espresso molte volte nelle mitologie: pioggia-acquafonte mediatrice tra cielo e terra.
Il Fauno, mascherone centrale posto a terra del vano circolare, indica otto dire- zioni, la Rosa dei Venti, ma il suo significato simbolico suggerisce il tema della doppia divinità congiunta come l’Uomo e l’Animale e l’Istinto e lo Spirito.
La forma della cupola centrale è concepita come spazio celeste, luminoso, quasi a voler richiamare la caratteristica collinare ed esaltare il belvedere del panorama vicentino.
Tutti gli ambienti interni le gravitano attorno con preziosi decori, delicati stucchi, affreschi dai motivi classici, scene mitologiche, stemmi che vogliono comunicare il “Trionfo delle Virtù sui Vizi” dell’autorevole proprietario e il suo legame di amicizia con la sfera religiosa romana dalla quale ha ottenuto privilegi e prebende.
Il vano circolare presenta preziosi interventi pittorici di Alessandro Maganza della fine del Cinquecento e di Michel Dorigny del Tardo Seicento dove le letture delle opere si sovrappongono e visualizzano pareti impaginate da cornici che racchiudono le allegorie delle Virtù: Purezza, Temperanza, Fede, Fama, Clemenza, Fortezza, Eternità e Virtù Poetica.
A terra le otto divinità, dinamiche e scattanti nei movimenti tardo barocco, sono poste in corrispondenza dei percorsi e delle porte. Le interazioni di immagini e nature a livello scenografico è un’abituale tematica degli affreschi delle ville venete che offrono diverse letture degli spazi, a sostegno di un gioco illusionistico tipico della cultura manierista.
La Rotonda vicentina restituisce l’idea del Pantheon romano, anticamente chiamato Rotonda e richiama i meriti di gloria che monsignor Almerigo Capra ha ricevuto a Roma. La centralità della sala circolare, la cupola e i sontuosi repertori figurativi contenuti nella Villa illustrano le otto divinità, ricordando la fisionomia della villa- tempio (Saturno, Apollo, Diana, Marte, Mercurio, Giove, Bacco e Venere) in parallelo al tempio romano che è stato costruito per onorare sette divinità planetarie (Sole, Luna, Venere, Saturno, Giove, Mercurio e Marte).
Il significato della Villa–Tempio è in perfetta analogia con il binomio Padrone- Signore. Tali caratteristiche si identificano nelle vesti di mons. Paolo Almerigo: Uomo- Chiesa, cittadino romano e uomo religioso desideroso di ritiro spirituale in questa dimora circondata da un paesaggio idilliaco.
Il vano centrale, luogo di meditazione e tempio delle divinità antiche, si isola dal mondo, ma la spiritualità entra sotto forma di luce dalla sommità della cupola per dar vita ai grandi affreschi scenografici. Alcuni affreschi di divinità sono legati simbolicamente alla famiglia Capra- Valmarana.
La figura di Saturno ispira la realizzazione dello stemma gentilizio, mentre le immagini di Bacco che sta versando il vino nella coppa, assieme a Ganimede- coppiere celeste, alludono alla conduzione agricola della villa e della loro produzione vinicola sulle colline.
Palazzo Thiene e la cupola detta “La Rotonda”
La famiglia Thiene è privilegiata rispetto alla nobiltà vicentina, imparentata con i Gonzaga a Mantova e in buona relazione amichevole con le signorie di Venezia e Verona. Le loro cariche di ambasciatori presso la corona di Francia vengono poste su un piano prestigioso, di nota rilevanza politica, economica, sociale e culturale rispetto agli altri nobili vicentini.
Il palazzo preesistente su contrà Porti, risale alla fine del Quattrocento, costruito da Lorenzo da Bologna (1489) e dal maestro lapicida Tommaso da Lugano. La successiva
ristrutturazione del 1524-25, su progetto di Palladio, prosegue nel 1542-58 e fa vari riferimenti architettonici a Giulio Romano, ospite a Vicenza della famiglia Thiene e rinomato architetto nell’ambito romano e mantovano, ritenuto migliore allievo di Raffaello.
Il Palladio, come da testimonianza di Inigo Jones e dalla documentazione inserita dallo stesso architetto nei “Quatto Libri diArchitettura” (1570), dichiara di aver realizzato
la costruzione, peraltro in periodo giovanile, trasformandola in un ”palazzo sontuoso, dall’aspetto regale e degno di ricevere illustri ospiti”.
Le influenze architettoniche di Giulio Romano sono espresse nella monumentalità,
nell’impiego della bugnatura al piano terra, nei conci grezzi sporgenti dalle arcate e dalle chiavi di volta. Il rigore geometrico degli spazi interni ed esterni dei prospetti, nella nuova interpretazione della Domus Romana, appartengono alla moda manierista, visibile nell’armonia delle facciate al piano nobile, scandite da paraste corinzie che racchiudono le alte finestre e i moduli iterativi serliani.
I motivi architettonici esterni al piano terra, lisci con paraste corinzie al piano nobile, e la scelta di alternare gli stessi elementi in più riprese, in prossimità delle finestre e dei portici in forma aggettante, servono a creare effetti plastici e chiaroscurali. L’idea sembra ispirata da una forzatura manierista proposta da Giulio Romano a Roma, da Jacopo Sansovino a Venezia e da Michele Sanmicheli a Verona.
Il palazzo diventa il modello di uno Status Symbol architettonico più ammirato e replicato nell’ambito vicentino. L’angolo, detto il Torrione, a Nord-Est del palazzo, racchiude gli ambienti maggiormente caratterizzanti: il Vano Ottagonale del Sotterraneo, la Sala dei Principi al piano terra e la Sala delle Metamorfosi , detta “la Rotonda” al
piano nobile con chiusura a cupola.
All’internodellaSaladeiPrincipiilsoffitto, a spicchi ottagonali, sfoggia elegantementeledecorazionidistucchirealizzatida Alessandro Vittoria (1551-53) e alla base di ogni lato c’è una mensola che sorregge un condottiero romano, a sostegno del significato eroico che riveste la famiglia, affiancato da due allegorie dei Fiumi dalla barba e capelli lunghi sopra i quali proseguono scene simboliche racchiuse in cornici ellittiche.
Il soffitto è scandito da spicchi elaborati finemente da elementi figurativi: satiri, maschere, nastri e festoni. La sala espone tre sculture di condottieri romani per commemorare il legame della famiglia Thiene con il re francese Enrico II e la sua corte: il busto di Enrico II e le figure di Ottaviano Augusto, simbolo della gloria e dell’eroismo, e di Giulio Cesare, simbolo della sovranità romana.
Altro ritorno al passato glorioso dell’antica Roma Repubblicana sono le immagini di Vespasiano e Bruto, per ricordare agli ospiti e ai posteri gli incarichi di gran pregio dei committenti ricevuti nell’ambito cittadino e veneziano a rinforzo dei loro principi virtuosi ed eroici. La sala conclude il repertorio dell’antica Roma con Antonino Pio, Pompeo Magno e Marco Antonio.
La Sala della Metamorfosi chiamata “La Rotonda” si trova al primo piano sopra la Sala dei Principi. La sua particolare forma circolare ricorda l’analoga sala della Villa Capra. Le decorazioni a stucchi della volta sono cinquecenteschi e vengono attribuiti ad Alessandro Vittoria (1551-53).
Le statue poste a terra portano la firma di Orazio Marinali (1715-20) e raffigurano Paride mentre offre il pomo della vittoria a Venere. Venere simboleggia la dea della bellezza e dei sensi, Minerva rappresenta la dea dell’intelligenza e Giunone viene posta in atteggiamento austero e sprezzante nei confronti di Venere. Il periodo Tardo Barocco è accompagnato
anche da un ciclo di affreschi raffiguranti candelabri monocromi e cartigli inseriti in finte cornici architettoniche.
Gli affreschi del soffitto a cupola, in forma trapezoidale si ispirano al mito di Perseo, al ratto di Europa, Atlanta e Ippomene, Apollo e Dafne, mentre le cornici sono arricchite da immagini di uccelli, vasi, gabbie, congegni meccanici e da figure femminili illustrati da maestranze di Bernardino d’India.
Il Manierismo delle due cupole è l’esempio, in forma ridotta, della corrente artistica divulgata nelle corti europee, fondata su eclettiche combinazioni di stili e arti finalizzate al trionfo dell’estremo virtuosismo intellettuale ed estetico. La diffusione del Manierismo avviene dopo il Sacco di Roma del 1527 e il nome indica una definizione di estetica legata
ai valori antitetici dove, pur confermando il perfezionismo classico, gli artisti si sono concessi le licenze di modificare tali esempi del passato con notevole autonomia, in virtù di una nuova perfezione. La situazione cambia nel corso del Seicento e del Settecento dove la
maniera perde il contatto con il virtuosismo rinascimentale a favore di una pratica artistica già consolidata precedentemente divenendo così un’inerzia creativa.
L’inquietudine, l’armonia, le espressioni emotive delle scene vengono rivalutate nel corso dei secoli per essere integrate in altre componenti poetiche, alla luce di un nuovo contesto storico e culturale che le vuole materializzate con ampio respiro e genialità nelle diverse varianti locali e nazionali.
A Palazzo Cordellina, sede della Biblioteca civica Bertoliana, apre la mostra “Illustrazioni in alta quota – Flora e fauna delle nostre montagne”. Aquila, volpe, cince, cervo, civetta…le opere a colori ad acquerello e matite e quelle a grafite delle illustratrici Annalisa e Marina Durante, vincitrici di numerosi premi internazionali, portano a Vicenza la flora e fauna delle montagne, osservate con sguardo attento e illustrate con grande tecnica e maestria.
L’esposizione fa parte del festival “Vicenza e la montagna”, un mese di film, incontri ed esposizioni dedicati alla cultura delle terre alte, giunto alla XIV edizione grazie alla collaborazione tra CAI sezione di Vicenza, Giovane Montagna di Vicenza, Società Alpinisti Vicentini e MontagnaViva di Costabissara, il sostegno del Comune di Vicenza e la collaborazione della Biblioteca civica Bertoliana.
«Siamo felici di ospitare in Biblioteca Bertoliana questa mostra – ha detto all’anteprima l’assessore alla cultura, al turismo e all’attrattività della città Ilaria Fantin – che ci invita a fermarci ad osservare la natura. Anche questo è un modo per sottolineare l’attenzione all’ambiente che la nostra amministrazione condivide e promuove. È uno sguardo sulla montagna, e più in generale sul mondo, che sta raccogliendo grande interesse a tutte le età, come dimostra anche il successo dei laboratori, già esauriti per quanto riguarda i bambini».
L’inaugurazione della mostra, oggi alle 20.30, sarà accompagnata da una dimostrazione di tecnica di disegno naturalistico e dalla presentazione del libro delle illustratrici “Disegniamo gli animali. Guida al disegno naturalistico con le matite colorate” (Il Castello editore), nel “Salone Centrale Dalla Pozza” al piano nobile di Palazzo Cordellina.
La mostra è aperta con ingresso libero dal 14 ottobre al 12 novembre tutti i giorni , escluso il lunedì, dalle 10 alle 18.
Sono in programma laboratori di disegno per bambini (posti esauriti) e adulti.
Le opere installate saranno messe in vendita a partire dal 13 novembre. Una parte del ricavato sarà devoluto per gli eventi di Vicenza e la Montagna 2024.
Le illustratrici Annalisa e Marina Durante, sorelle gemelle, sono illustratrici e artiste naturalistiche. Attratte fin da bambine dal mondo degli animali e dal disegno, hanno fatto delle loro passioni la propria professione. Marina ama il trekking, le immersioni e la fotografia e viaggia raggiungendo luoghi inesplorati dove la natura regna incontrastata, alla ricerca d’immagini fotografiche che sono ispirazione per i suoi disegni.
La curiosità per gli animali di Annalisa è sottile e delicata, la sua natura è fatta di sussurri e lieto ascolto. Ama stare nei giardini e nei boschi in silenzio e in meditazione per osservare e ascoltare la vita nascosta.
Le loro illustrazioni sono state pubblicate su libri di molti paesi del mondo dalla Cina all’America. Sono state ospiti del Parco nazionale delle Galapagos per illustrare l’avifauna locale. Hanno lavorato per la FAO illustrando diverse specie di pesci.
Specializzate nell’insegnamento del disegno naturalistico tengono corsi dal vivo e on line e workshop rivolti a bambini, ragazzi e adulti e sono docenti di disegno naturalistico presso la storica Scuola del Castello di Milano.
Vantano diversi premi in concorsi nazionali e internazionali di wildlife art. Per informazioni: www.duranteillustrations.com
Laboratori ancora qualche posto libero per il workshop per adulti Sabato 14 ottobre nella sede Giovane Montagna di Vicenza, in via Borgo Scroffa 18, ci sono ancora posti disponibili per frequentare il laboratorio di acquarello naturalistico per adulti “Disegna la natura”, con le illustratrici della mostra Annalisa e Marina Durante.
In questo incontro Annalisa e Marina insegneranno una tecnica di disegno semplice ma efficace. Attraverso vari passaggi guideranno i partecipanti alla realizzazione di un disegno di quattro giovani civette.
L’iscrizione è obbligatoria. Costo 30 euro.
Sono invece già tutti esauriti i posti a disposizione per frequentare, domenica 15 ottobre in Biblioteca Civica Bertoliana, il laboratorio di disegno naturalistico per bambini dai 7 ai 14 anni “Disegniamo lo scoiattolo”.
In questo incontro Annalisa e Marina guideranno i partecipanti alla realizzazione di un disegno di uno scoiattolo. Si procederà poi alla colorazione del piccolo roditore utilizzando le matite colorate con la tecnica del chiaroscuro, creando le sfumature.
Prosegue nel frattempo la rassegna di film e incontri dedicati alla montagna. Martedì 17 ottobre nella sala cinematografica Patronato Leone XIII alle 20.45 è in programma la proiezione dei film Altavia4000, di Luca Matassoni e Marco Tonolli
Il film racconta la storia di un’amicizia che ha come sfondo i giganti delle Alpi. Gabriel Perenzoni e Nicola Castagna si conoscono durante i corsi per diventare guide alpine e scoprono di avere un sogno in comune: scalare tutti gli 82 Quattromila delle Alpi in una sola stagione. Il film racconta l’esperienza della scalata soffermandosi sul lato umano della storia, sui rapporti e sulle relazioni tra i protagonisti e dei protagonisti. Altavia 4000 è un viaggio attraverso le Alpi, un’avventura alla scoperta di se stessi e dei legami profondi che nascono lassù.
Il film ha vinto il premio “Città di Imola” al 71° Trento Film Festival. Saranno presenti in sala i registi.
Nella stessa serata sarà proiettato Ice Merchants, film d’animazione del portoghese João Gonzalez.
Ogni giorno, padre e figlio si lanciano con un paracadute dalla loro vertiginosa casa appesa a una montagna, per recarsi al villaggio, molto lontano sotto di loro, dove vendono il ghiaccio che producono.
Vincitore di numerosi premi, nel 2022 Gonzales è diventato il primo regista di animazione portoghese ad essere premiato al Festival di Cannes con Ice Merchants, che è diventato anche il primo film portoghese ad essere nominato per un Oscar.
João Gonzalez, regista, animatore, illustratore e musicista portoghese, è interessato a unire la sua formazione musicale e la pratica dell’animazione d’autore, rivestendo il ruolo di compositore e talvolta anche di strumentista nei film che dirige, accompagnandoli a volte con performance dal vivo.
Giovedì 19 ottobre il festival si sposta nella sala polifunzionale Patronato Leone XIII con la proiezione alle 20.45 del film La lunga scala verso l’Annapurna di Ennio Savio e Rosanna Bassan.
La proiezione descrive l’esperienza di un gruppo di amici appassionati di montagna, nel cammino lungo le valli del Nepal per raggiungere il campo base dell’Annapurna, uno degli Ottomila più affascinanti della catena himalayana, tra inaspettate piogge monsoniche che rischiano di vanificare lo scopo del viaggio e incontri straordinari con gli infaticabili abitanti dei villaggi.
Martedì 24 ottobre alle 20.45, infine, in collaborazione con il Trento Film festival 365 nella la sala cinematografica Patronato Leone XIII viene proiettato il film Ephemeral del regista Alastair Lee che mostra da vicino l’arrampicata scozzese in inverno, una stagione effimera che offre uno spettacolo senza precedenti.
La macchina da presa segue gli esperti scalatori Guy Robertson e Greg Boswell nella loro ricerca di nuove vie invernali nelle Highlands scozzesi. Greg e Guy riescono a completare prime ascese straordinarie in alcuni dei più impressionanti scenari di arrampicata.
Nel film sono intervistati anche Simon Richardson e Helen Rennard, due importanti alpinisti scozzesi.
La pellicola ha vinto il premio Ritter Sport per aver messo in scena la passione e lo spirito di avventura e condivisione che guidano i due alpinisti alla ricerca di nuove vie invernali nella severa Scozia.
La mostra, le proiezioni e gli incontri sono ad ingresso libero.
“Disegna Vicenza” è il primo urban sketching diffuso che si svolgerà in centro storico sabato 14 ottobre dalle 10 alle 16, organizzato da Arte a Km Zero in collaborazione con l’assessorato alla cultura, al turismo e all’attrattività della città e si inserisce all’interno dell’evento nazionale di Carta Fabriano, “Festival del Disegno all Around 2023”.
L’appuntamento dedicato alla creatività espressa con l’uso della carta è rivolto ad un pubblico di ogni età che potrà interagire con tre artisti a disposizione per trasmettere tecniche e suggerimenti.
L’attività si svolgerà nei porticidel Museo civico di Palazzo Chiericati e nel cortile delle Gallerie di Palazzo Thiene.
La partecipazione sarà libera e gratuita durante tutta la giornata per bambini, ragazzi e adulti.
Per i due corsi dedicati esclusivamente a bambini e ragazzi alle 10.30 e alle 14 è necessaria la prenotazione tramite i email [email protected] o whatsapp 3394753816.
Gli artisti presenti saranno Wilma Strabello, affermata autrice di manualistica femminile e per bambini, ha al suo attivo diversi libri pubblicati per le case editrici Giunti Demetra, Mondadori e Walt Disney; Carmine Bellucci padovano d’adozione, illustratore di mondi ipnotici e teatrali pieni di dinamismo ed energia; Roberta Piasentin, giovane artista vicentina, amante del colore e dell’arte africana, specializzata anche in l’arteterapia.
Storie Vicentine ci racconta una delle ville palladiane più belle del Vicentino: Villa Pisani Bonetti a Bagnolo di Lonigo.
La villa patrimonio dell’Unesco, tra le sua molte attrattive ospita anche un’importante collezione d’arte contemporanea, sia all’interno della villa che nel parco, ed è affiancata da un ristorante (Osteria del Guà) e da un elegante Relais.
Tra le più belle ville palladiane del Vicentino un posto d’onore spetta a villa Pisani a Bagnolo di Lonigo. Progettata da Andrea Palladio e costruita tra il 1544 e il 1545, è considerata l’opera più rappresentativa del periodo giovanile del grande architetto veneto. Con essa inizia la collaborazione del Palladio con la Serenissima e si apre anche la sezione dedicata alle Case di Villa nel famoso trattato I Quattro Libri dell’Architettura del 1570. La Villa di Bagnolo, ispirata ai monumenti dell’antica Roma, in particolare agli edifici termali, ne ripeteva la monumentalità e come tale ben si adattava a rappresentare il potere di Venezia sulla terraferma. La villa è oggi in perfetto stato di conservazione grazie all’opera dei proprietari precedenti e attuali. La villa patrimonio dell’Unesco, tra le sua molte attrattive ospita anche un’importante collezione d’arte contemporanea, sia all’interno della villa che nel parco, ed è affiancata da un ristorante (Osteria del Guà) e da un elegante Relais.
Nel complesso della villa, la Barchessa merita una menzione speciale per la sua eleganza e raffinatezza. Si tratta di un luogo di grande fascino in cui l’ospite o il visitatore possono ammirare un raro connubio di bellezza classicheggiante e di raffinata modernità. Le sale della Barchessa di villa Pisani e il suo parco offrono un’accoglienza di altissima qualità e possono ospitare ogni tipo di ricorrenze: matrimoni, feste private, cene di gala, battesimi, compleanni, anniversari e feste di laurea, proposte culturali e appuntamenti aziendali come meeting e congressi. Le sale, che occupano una superficie complessiva di 300 metri quadrati, sono in grado di accogliere fino a 250 persone. Nella struttura sono presenti anche zona benessere, piscina, palestra, biblioteca e ampio parco. Completano l’offerta la possibilità di fare escursioni in e-bike seguendo la Palladian Route, degustazioni in cantine del territorio. Falstaff, magazine internazionale rivolto ad un pubblico europeo di lingua tedesca (Germania, Austria e Svizzera) raccontando itinerari di viaggio e mete gastronomiche, di recente ha pubblicato un articolo sulle tappe consigliate in Veneto, menzionando proprio la Barchessa di villa Pisani come destinazione qualificata e ottimale.
All’interno della Barchessa di Villa Pisani, il Relais offre la disponibilità di 15 camere, ristrutturate lasciando intatta la struttura e la suggestione originarie. Ciascuna camera presenta un tocco di charme e di design rispettando l’unico fil rouge di un’eleganza rara, unita alla presenza costante di opere di arte contemporanea che insieme offrono un’accoglienza calda e ricca di ogni comfort. La Suite Palladio è un appartamento sito al primo piano della Villa Pisani Bonetti, affacciato sul parco. Dotata di soggiorno, due camere da letto, bagno privato, cabina armadio e una grande cucina, è perfetta per una vacanza in famiglia. Il Villino si trova in una posizione appartata e privilegiata, con accesso diretto alla piscina. È composta da un bel salotto con caminetto, veranda arredata con tavolo, sedie e sdraio, dal lato piscina. La camera da letto si trova al piano superiore, attigua all’ampio bagno con grande doccia.
Di Alessandro Scandale da Storie Vicentine n.13-2023
Tutto pronto per “Mutazioni 04”, la diciottesima edizione della stagione di spettacolo del Teatro Spazio Bixio, promossa dal Comune di Vicenza e curata da Theama Teatro, in collaborazione con FOR.THE – centro di formazione teatrale. Diciotto i titoli in cartellone, alcuni dei quali in doppia replica, fra debutti, allunghi nella musica e nella danza e uno spazio speciale riservato, ancora una volta, al teatro al e sul femminile, seguendo le tracce già lasciate dalla passata stagione, in un percorso di grande intensità.
La rassegna è stata presentata oggi a Palazzo Trissino dall’assessore alla cultura, al turismo e all’attrattività della città Ilaria Fantin, dal direttore artistico della rassegna Piergiorgio Piccoli e dal presidente di Theama Teatro Aristide Genovese.
«Teatro, prosa, musica, danza. Ma anche serate dedicate alla poesia, alle fiabe, alla tradizione folk. Theama Teatro risponde all’esigenza di avere un teatro in grado di coinvolgere un pubblico il più possibile eterogeneo ed è in grado di proporre in modo fresco temi sempre attuali e di grande profondità» –ha sottolineatol’assessorealla cultura, al turismo e all’attrattività della città Ilaria Fantin.
«La rassegna annuale del Teatro Bixio diventa maggiorenne – ha commentato Piergiorgio Piccoli per Theama -. È cresciuta, così come sono cresciuti molti degli artisti qui ospitati, molti diventati anche celebri e stimati. Con un numero sempre elevato di spettacoli a cadenza settimanale, abbiamo dato alla città uno dei riferimenti più completi per lo spettacolo dal vivo di ogni genere, dando voce anche alle realtà nascenti e a quelle del territorio, il tutto senza impegnare fondi pubblici oltre misura. Ci riteniamo un esempio, per la città e non solo, perché punto di riferimento anche per compagnie che vengono da più lontano. Uno spazio aperto, ben integrato col mondo della cultura vicentina, dove si è avviato un dialogo col pubblico sempre più stretto e costruttivo. Al Teatro Bixio ognuno può cogliere con continuità l’occasione per trovare un angolo creativo dove divertirsi, riflettere o emozionarsi».
Fra i diciotto appuntamenti in cartellone, tre saranno debutti, a partire dall’evento che aprirà la stagione, sabato 4 e domenica 5 novembre alle 21: “Salomè” di Oscar Wilde, produzione Theama Teatro Lab per la regia di Piergiorgio Piccoli, con Pietro Casolo, Anastasia Faccio, Michela Imbrunito e Tatiana Vedovato. Quattro personaggi e un autore iconici raccontano la storia un amore maledetto, tra simboli e fantasmi, insieme oscura e abbagliante. Un dramma sull’ossessione, che arriva da lontano per parlare alla contemporaneità.
Secondo debutto in programma a gennaio, sabato 14 e domenica 15. Theama propone “La scuola dei mariti e delle mogli” da Molière, nell’adattamento drammaturgico di Piergiorgio Piccoli, anche interprete con Daniele Berardi, Anna Farinello, Aristide Genovese, Paolo Rozzi e Anna Zago. Prendendo spunto dai testi dell’autore francese (che a sua volta si rifaceva alle proprie esperienze di vita, a partire dall’amore contrastato con la giovane moglie Armande Béjart) lo spettacolo proporrà una riflessione attualizzata sul rapporto uomo-donna e su come l’educazione sentimentale degli uomini influenzi le donne.
Doppia data di debutto, infine, sabato 6 e domenica 7 aprile, quando Theama presenterà “Il teatro è una trappola”, liberamente ispirato all’attrice e autrice francese Dany Laurent, con Piergiorgio Piccoli, anche alla regia, e Michela Imbrunito: una spassosa (e affettuosa) presa in giro degli attori, delle loro manie e debolezze e con la tendenza, sempre in agguato, a fondere la vita sul palcoscenico e quella “reale”.
Quanto al filone femminile che attraversa la stagione, oltre a “Salomè” il programma prevede altri quattro appuntamenti: sabato 18 novembre“Amy Winehouse – La sostanza di Amy”, teatro concerto di Giovanni Giusto, produzione di Teatro dei Pazzi, con lo stesso Giusto come voce narrante, Rita Bincoletto alla voce e Diego Vio alla chitarra, a raccontare la storia folgorante e drammatica della celebre cantante scomparsa a soli 27 anni, tra successo, fama e follia; sabato 16 dicembre“Maria. La Callas”, di e con Laura Murari per la regia di Vincenzo Raponi, nel centenario della nascita dell’icona cantante lirica; sabato 3 febbraio“From Medea”, intenso testo di Grazia Verasani diretto da Alice Pagotto e interpretato da Federica Bertolami, Elisa Piovan, Tiziana Pucci e Lisa Marton, donne e madri perdute nel dolore senza fine dell’infanticidio; e ancora, sabato 2 marzo, una storia femminile di casa nostra con “So dan!”, dall’omonimo romanzo di Arianna Franzan, con Sara Tamburello e l’accompagnamento musicale di Luca Nardon, sulle tracce di Isetta, la nonna dell’autrice.
Sul versante della prosa, nel variegato carnet di appuntamenti altri tre spettacoli da segnare in agenda: sabato 16 e domenica 17 marzo, la spassosa commedia “Camera con crimini” di Sam Bobrick e Ron Clark con Sergio Sgrilli e Corinna Grandi (volti noti di Zelig) interpreti insieme ad Aristide Genovese, per la regia di Piergiorgio Piccoli, produzione del Teatro de Gli Incamminati in collaborazione con Theama Teatro; sabato 23 marzo Teatro Fuori Rotta in un grande classico di Neil Simon come “La strana coppia”, con Giulio Cocchiarella, Sasha De Medici, Fausto Fusto, Elisa Pastore, Lahire Tortora e Gioele Peccenini, impegnato anche alla regia; domenica 5 maggio“Novecento” di Alessandro Baricco con Mauro Forlani diretto da Armando Carrara, produzione TIC Teatro Instabile di Creazzo.
Non poteva mancare, infine, un omaggio a Italo Calvino, nel centenario della nascita. L’appuntamento è per sabato 9 e domenica 10 dicembre con “Le fiabe sono vere. Italo Calvino e le radici dell’immaginario italiano nei 100 anni dalla nascita”, lavoro scritto e diretto da Leonardo Petrillo, con Maurizio Castè e Manuel Fiorentini e con la partecipazione di Sharon Amato, Vito Caputo, Annachiara Fanelli e Anastasia Marino.
Ricco anche il versante della musica e della danza. Sabato 23 dicembre di scena Giuseppe Dal Binco, con i suoi strumenti a fiato, e Giuseppe Laudanna, pianista, accompagnati da Piergiorgio Piccoli per la presentazione di “Aeternitas”, primo lavoro discografico del duo dopo otto anni di collaborazione. Laudanna tornerà sabato 20 aprile come “PoeMusìa – Poesia in concerto”, condividendo il palcoscenico con il poeta vicentino Edoardo Gallo.
Sabato 6 gennaio, invece, a chiudere le festività natalizie, “Gran Galà Lirico dell’Epifania” con la compagnia di canto Nuovascena: si esibiranno i soprani Anna Consolaro e Fiorella Ingrassia, il tenore Enrico Pertile e il baritono Pier Zordan, accompagnati al pianoforte da Stefano Bettineschi. Ancora musica sabato 24 febbraio con “Passeggeri. Taccuino musicale di un viaggio straordinario”, con Corrado Corradi, Rachele Colombo e Roberto Tombesi: in una parola, i Calicanto, storici musicisti del folk revival veneto che tornano con un nuovo progetto dopo venticinque anni, con la passione di sempre e nuove esperienze da condividere intorno al tema del viaggio.
Per la danza, spazio al flamenco sabato 27 gennaio con “Tablao ‘Mujeres’”, protagoniste Ester Bucci e Lara Ribichini, “bailaoras” italiane di altissimo livello, in uno spettacolo prodotto da Fuente Flamenca, con Angelo Giordano al cante, Marco Perona alla chitarra e Francesco Perotta alle percussioni. Ancora danza nel weekend di sabato 13 e domenica 14 aprile: sabato “From Malta with love”, con la Moveo Dance Company (in scena Charlotte Carpentier, Cindelle Bouard, Gabriele Farinacci, Victor Hermundstad e Irene Nocella) su coreografie di Diane Portelli e Dorian Mallia; domenica seminario con la stessa formazione, tra le principali compagnie di danza di Malta.
Biglietti interi a 15 euro, a 12 i ridotti. Per informazioni e prenotazioni (consigliate): [email protected] oppure 0444 322525, dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18; nel giorni di spettacolo, dalle 10 alle 18, è attivo il numero 392 1670914. Informazioni anche su www.teatrospaziobixio.com. Il Teatro Spazio Bixio si trova in via Mameli, 4.
Storie Vicentine ci racconta la storia degli archi sulla strada veneziana ad Altavilla Vicentina a partire dal 1328.
Siamo nell’anno 1328. Il vescovo di Vicenza Francesco Tempraini considerando che le colline tra i comuni di Altavilla, Brendola, Montecchio Maggiore sono terreno sterile e incolto decide di metterlo a coltura per gente germanica immigrata. Il vescovo concorda con il notaio Anzio Dyetmar che i luoghi siano ripuliti, coltivati e abitati dai germanici…
Via Ernesto Monico è così titolata in memoria del pilota da caccia e acrobatico Altavillese di nascita, medaglia d’oro. Prima, l’antica strada era nominata Strada Comunale Veneziana e, prima ancora, distinta dal toponimo antico di Strada Bassona. Era selciata con ciottoli di nero basalto, le cunette laterali formate da bianchi sassi tondi calcarei.
Portava ai campi del Palusello e alla contrada di Rio e poi ai boschi del Rovaron e dei Vigri. Sui lati la delimitavano case intervallate da portoni e stretti passaggi, simili a calli veneziane, ancora esistenti. Sul retro delle case si coltivavano piccoli orti di là dei quali si apriva l’aperta campagna. I varchi dei portoni davano su cortili comuni o corti esclusive.
L’unico arco, ancor oggi, si apre e campeggia imperioso in pietra bugnata (fig.1) e reca alla sommità del concio di chiave, una lapide (fig.2) incisa da una scritta in latino della cui traduzione non ho trovato traccia. Sui lati, a metà degli archi si aprono nel muro di tamponamento due fori finestra muniti di sola inferriata che alleggeriscono la struttura.
Dopo una ventina di passi, scendendo verso la campagna, si alza un secondo arco gemello di mattoni e sassi come a serrare le costruzioni antiche, ora restaurate, che si trovano sui lati. Questo arco è chiaramente datato sul concio di chiave dove si legge M.M – 1836 A.P. Marc’Antonio Morseletto – 1836 – APRILE.
E’ stato costruito, quindi, un cinquanta anni dopo il primo arco sulla pubblica via. Marc’Antonio Morseletto aveva inclinazioni poetiche. Scriveva versi in italiano e versi latini bucolici di squisita fattura, come quelli sulle due lapidi del vecchio asilo in centro del paese.
Prima che, negli anni 60 del 1900, l’autostrada arginasse crudelmente la campagna, si apriva, dopo il secondo arco, un passaggio in leggera discesa detto “del Canevon” per la presenza di un gran cantinone del quale rimanevano tracce di mattoni prima che l’autostrada scombinasse i luoghi. Una parte di questo passaggio esiste ancora fin a ridosso dell’autostrada: era il collegamento tra la Strada Veneziana e i coltivi a sud.
Dalla parte più alta del “Canevon” si poteva ammirare la vasta campagna fino sotto alle colline dei Vigri, preceduta dal Praroman e si poteva ascoltare il silenzio colloquiare solo con i suoni della natura. Chissà per quale miracolo, gli archi sono sopravvissuti a tutto: intemperie e interventi edilizi, scuotimenti, anni, vandalismi. Dei possenti portoni di legno restano solo i cardini.
La presenza di due archi così ravvicinati può individuare una “porta maggiore” nell’arco ver- so la pubblica via e una chiusura di protezione verso la libera campagna l’arco a valle. Tra i due archi si chiude uno spazio sicuro e protetto, una specie di corte fortificata interna ad uso dei fabbricati rurali prospettanti. Per i Vigri, luogo desolato parzialmente boscoso e per il resto incolto sterile con roccia affiorante, vale riportare un frammento di storia. Siamo nell’anno 1328.
Il vescovo di Vicenza Francesco Tempraini considerando che le colline tra i comuni di Altavilla, Brendola, Montecchio Maggiore sono terreno sterile e incolto decide di metterlo a coltura per gente germanica immigrata.
Il vescovo concorda con il notaio Anzio Dyetmar che i luoghi siano ripuliti, coltivati e abitati dai germanici. I seicentocinquanta campi saranno divisi in ventisei masi in modo da lasciare una parte dei terreni a pascolo per gli animali allevati dagli stessi abitanti. Il gastaldo nominato vi dovrà pure abitare in un maso a lui assegnato. Il vescovo riceverà ogni trenta novembre, giorno di San Andrea, un livello. Per ogni maso sono stabilite tre Lire più un pollo e la decima delle biade, uva, lino, olive e bestie minute, agnelli, capretti porcellini, nascenti. Se di detti animali non si poteva dare la decima, si sarebbero pagato il corrispettivo in denari.
Per i primi tre anni i tenutari dei masi non sono tenuti a pagare le tre Lire ma consegnare soltanto la decima prevista. Nel caso di vendita del maso, avrebbero fatto denuncia al vescovo o al gastaldo. Al vescovo avrebbero venduto per un prezzo di favore altrimenti l’acquirente sarebbe stato un abitante dei masi.
Gli occupanti dei Vigri dovevano essere solo germanici e non latini, né altri poteva- no ottenere l’investitura e abitarvi senza licenza del vescovo o del gastaldo. Metà delle tassazioni, multe e altri proventi del genere sono del vescovo e l’altra metà del gastaldo. Il vescovo avrà il diritto di eleggere i deca- ni, i guardiani e gli altri ufficiali che siano, comunque, sempre lì abitanti. Il gastaldo può esercitare questo diritto in funzione del vescovo.
Per ricompensare il notaio Anzio, il vescovo gli avrebbe assegnato in feudo le decime del territorio svegrato. Il notaio Anzio Dyetmar non riesce nell’intento per cui il vescovo Francesco Tempraini, nel maggio del 1329, affida l’incarico a Bertoldo Gualdemanno da Altissimo, un altro oriundo germanico.
Il documento ripete quello precedente con la sola eccezione che i campi da 650 si riducono a 550, forse perché sembrava più facile trovare ventuno nuclei familiari anziché venticinque, disposti a trasferirsi sulla collina berica.
Tuttavia anche la missione di Bertoldo non ha esito positivo, per cui il vescovo abbandona l’idea e i luoghi sono rimasti incolti, per massima parte, fino ai nostri giorni. I coloni tedeschi preferirono i monti Lessini prealpini. Occorre considerare che i notai Anzio e Bertoldo provenivano da Altissimo, Rovegliana, San Pietro Mussolino e non apprezzavano questa porzione dei Berici. Il Praroman è nome popolare antichissimo che individua il Prato assegnato agli Arimanni. Il regime longobardo chiamava Arimanni un servizio militare a cavallo, parte dell’esercito regio. Erano guerrieri acquartierati in guarnigioni in certe zone particolarmente importanti da un punto di vista strategico e direttamente dipendenti dal re.
Potevano esercitare l’agricoltura in tempo di pace, pur sempre pronti al servizio militare. Dopo questo brevi annotazioni stori- che, torniamo alla lapide riportando la lettura del testo latino e la traduzione. In rosso sono indicati i dubbi interpretativi.
Di Giorgio Rigotto da Storie Vicentine n. 13-2023.
Da Storie Vicentine, la storia dell’orologio civico di Torre Bissara in piazza dei Signori a Vicenza.
Come per Venezia e per molte altre città venete, anche l’orologio pubblico di Vicenza non era collocato sul campanile di una chiesa, in quanto sarebbe stato rappresentativo della superiorità del potere religioso, ma era posto nella torre del Palazzo della Ragione, dove si svolgeva la pubblica amministrazione della vita cittadina, diventando così un simbolo del potere civico.
Era il 1378 quando Faccio Pisano introdusse l’orologio sulla Torre Bissara, detta anche Torre di Piazza, che si affaccia su piazza dei Signori, affiancandosi alla Basilica Palladiana. Esso è visibile sia nella carta del Peronio del 1481, antica pianta della zona centrale di Vicenza che mostra una porzione circolare del quadrante in un punto della carta purtroppo danneggiato, sia nella Pietà di Giovanni Bellini, dipinto del 1505, dove si possono riconoscere alcuni edifici della città berica.
Le sorti dell’orologio fino al 1510 restano purtroppo ignote, a causa dell’incendio della Torre, avvenuto nel 1509, in cui erano conservati moltissimi documenti della comunità vicentina. Il quadrante fu nuovamente dipinto nel 1519 ad opera del celebre Giovanni Speranza, allievo di Benedetto Montagna.
Non sono state ancora individuate delle fonti in grado di testimoniarlo, ma si suppone che vi sia stato un passaggio da un quadrante in 24 a quello in 12 ore, ipotesi avvalorata dall’intervento di Cesare Capobianco regolatore dell’orologio di torre, che nel 1597 ne modificò la suoneria da 24 a 12 battiti, come dice il Castellini nella sua Descrizione della città di Vicenza dentro dalle mura: «Evvi un’ horologio perfettissimo in questa torre, qual già battendo le ore di vintiquatro à battere di dodici in dodici, dicendo l’inventori di tal cosa ciò essere a maggior comodità dè negozianti».
Le suonerie degli orologi pubblici italiani andarono ad evolvere in tale direzione già a partire dal XVI secolo: contare i battiti in 24 era difficile e la suoneria in 24 richiedeva una carica di maggior durata, per cui di fatto i rintocchi vennero portati a 12 + 12, forse introducendo anche la ribotta, pur se sovente il quadrante restava con le indicazioni in 24. Dai Documenti per la storia della torre di Piazza dei Signori a Vicenza, che raccolgono interessanti informazioni circa i lavori di manutenzione, i costi e gli eventi, sappiamo che molti furono i regolatori dell’orologio di torre, sin dal XVI secolo.
Nel 1519 a Giovan Battista subentrò il figlio Giuseppe, descritto come “…non all’altezza del compito”. Nel 1531 a Giuseppe successe Alessandro di Francesco da Venezia. Nel 1562 venne eletto regolatore Antonio Manzoni da Venezia che morì nel 1578: prese il suo posto Bernardino Finetti “fabro da Camisano”, al quale subentrò Francesco Drara Padoano.
A questi, nel 1591, successe il sopraccitato Cesare Capobianco. Si tratta dello stesso artista che costruì, intorno al 1577, il Gioiello di Vicenza, il modello della città realizzato in legno e rivestito con placche di argento. Capobianco era un noto orefice e orologiaio, dell’illustre famiglia dei Capobianco da Schio. Tra essi si ricorda anche la figura di Giovan Giorgio, orologiaio, orefice, disegnatore e matematico, che aveva la sua bottega sul corso.
Giulio Barbarani, autore dei Vicentiae Monumenta, pubblicato nel 1566, ci narra di come Giovan Giorgio Capobianco avesse realizzato due preziosi anelli nei quali era inserito un orologio. Uno di essi fu donato al Duca di Urbino. Su di esso e sulle straordinarie capacità dell’orologiaio vicentino ci fornisce maggiori dettagli il Marzari, nella sua Storia di Vicenza:
«… Giovan Giorgio Capobianco, nuovo Prassitele, merita di essere con gli altri vicentini ingegni noverato, avendo con la sottilità del sopra human intelletto suo fatte opere maravigliose et di stupendo magisterio. Fabbricò tra l’altre un horologio dentro di un portatile anello, che aveva intagliati nella testa i dodici Celesti segni, con una figurina fra mezzo, che signate mostrava per numero l’hore giorno et notte pulsanti il quale (havendolo donato all’eccellentissimo Duca d’Urbino Guido Baldo) fu potissima cagione della salvezza di sua vita, poiché havendo egli ucciso un nemico suo con un stiletto in Rialto di Venezia, et preso, et condotto nelle forze della giustizia, dovendo morire, operò Sua Eccellenza di modo presso la Serenissima Signoria, servendosi anche dell’autorità di Carlo V Imperadore, che gli fu salvata, restando esule. Un altro ne fece dentro di un Candeliere d’argento, che in dono diede al Sedunense Cardinale, il quale nel batter dell’hore accendeva in un medesimo tratto la candela in quello riposta. Costruì di più una Navicella di palmi cinque tutta d’argento, nella quale si vedevano figure diverse di perfetto rilievo, che facevano (non altrimenti che s’havessero avuto l’anima) moti diversi; reggeva un timoniero la nave, altri co’ remi la vogavano, dava fuoco un Bombardiere e sparava un pezzo d’artiglieria: eravi sotto la poppa un Re, che ora si sedeva, et hora si levava, con una donna, che suonando di lira cantava, et un cagnolino che abbajava, i quali tutti a un tempo stesso facevano detti moti camminando tutta- via la nave sopra una tavola per artificio di ruote et spenole occulte, la quale ebbe Sua Serenità per donarla a Sultan Soliman Imperador de’ Turchi…».
Possiamo quindi con orgoglio affermare che nel XVI secolo la terra vicentina vantasse valentissimi orologiai. Altra famiglia veneta di orologiai furono i Mazzoleni, attivi a Padova nella seconda metà del Cinquecento, dei quali parla Elda Martellozzo Forin nel suo approfondito studio intitolato La bottega dei fratelli Mazzoleni, orologiai in Padova (1569).
I Mazzoleni furono anch’essi temperatori di orologi da torre: in particolare i fratelli Paolo e Francesco che, nel 1557, aprirono una bottega nella città patavina, nella quale costruivano orologi da campanile, domestici e da persona e che fu luogo d’incontro di una clientela composita. In questo ambiente crebbe Marcantonio, figlio di Paolo Mazzoleni, che avrebbe sfruttato l’abilità ereditata dal padre per realizzare strumenti commissionatigli da Galileo Galilei.
Altra figura interessante è quella di Paulus de Polis, orologiaio attivo a Verona nella prima metà del XVII secolo, nominato nel 1622 temperatore, cioè manutentore e responsabile del caricamento, dell’orologio della torre del Gardello a Verona; della sua produzione sopravvive un bell’esemplare di orologio da soprammobile a edicola, con cassa di bronzo dorato.
Sul territorio veneto erano quindi presenti competenze locali di alto profilo e la produzione dei segnatempo ad opera di questi artisti ben poteva competere con le migliori disponibili negli altri Paesi.
Al via la seconda edizione del ciclo di incontri “MUSEo in Mostra“, proposta dai Musei civici di Vicenza, offrirà uno sguardo sugli eventi e progetti espositivi in corso nei quali il Museo civico di Palazzo Chiericati e le Gallerie di Palazzo Thiene sono coinvolti attraverso prestiti, scambi, collaborazioni, partnership. Gli incontri, concepiti come momenti di approfondimento storico-artistico, sono allo stesso tempo occasioni di rafforzamento delle collaborazioni e degli scambi istituzionali, di focalizzazione su opere specifiche delle raccolte permanenti e momenti di divulgazione e informazione alla città e al pubblico sui temi delle politiche culturali del museo e sulla pratica dei prestiti, temi troppo spesso confinati nel dibattito tra addetti ai lavori.
I cinque appuntamenti saranno dedicati sia ad alcune mostre che si terranno tra l’autunno 2023 e la primavera 2024 in prestigiose sedi, nelle quali il Museo Civico di Palazzo Chiericati è coinvolto come prestatore; sia ad alcune esposizioni o prestiti che caratterizzano la stagione culturale del nostro museo.
“Un museo è un luogo di conservazione e di tutela ma altrettanto di diffusione e valorizzazione – afferma l’assessore allacultura, al turismo e all’attrattività della cittàIlaria Fantin– e penso che il modo migliore per raggiungere questi obiettivi sia aprirsi al confronto con altre realtà artistiche e con esse mettersi in un proficuo dialogo. Attraverso questo programma, oltre a far apprezzare meglio le nostre collezioni d’arte e le mostre in cui esse sono direttamente coinvolte, allarghiamo i nostri confini e mettiamo a disposizione di tutti i cittadini conoscenze e informazioni che devono superare il confine degli addetti ai lavori”.
Si inizia giovedì 12 ottobre con una conferenza tenuta da Michele Nicolaci, curatore delle collezioni del Sei e del Settecento alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, e dedicata all’iniziativa che ha dato il via alla stagione culturale autunnale presso il Museo civico di Palazzo Chiericati “Ospiti al Chiericati. Il Saraceni di Basilea(3 ottobre 2023 al 7 luglio 2024)“. Si tratta di un prestito di un’importante opera del pittore veneziano Carlo Saraceni, un raffinatissimo olio su rame che raffigura un raro episodio biblico, “Un angelo appare alla moglie di Manoach“: uno straordinario esempio della pittura di paesaggio di primo Seicento, già concepito come genere autonomo per la committenza privata colta. L’opera è stata concessa dal Kunstmuseum di Basilea in occasione di un prestito delle collezioni civiche vicentine per la mostra internazionale Donne di genio. Le donne artiste e i loro compagni di viaggio (Amburgo, Bucerius Kunst Forum e Basilea, Kunstmuseum). Lo studioso, specialista di pittura e collezionismo, soprattutto romani, nel Seicento analizzerà il dipinto di Saraceni all’interno del contesto culturale e storico artistico in cui esso si colloca, nella Roma di primo Seicento, in dialogo con Caravaggio, i Carracci e i pittori paesaggisti fiamminghi attivi tra Venezia e la capitale, come Paul Brill e Adam Elsheimer.
Si prosegue giovedì 30 novembre con la presentazione della mostra“Il ritratto veneziano dell’Ottocento“che aprirà il il 21 ottobre alla Galleria Internazionale di Arte Moderna di Ca’ Pesaro a Venezia, organizzata dalla Fondazione Musei Civici di Venezia. Sarà presentata dai due curatori Elisabetta Barisoni, direttrice della Galleria Internazionale di Arte Moderna di Ca’ Pesaro a Venezia e Roberto De Feo, professore di storia dell’arte moderna all’Università degli Studi di Udine.
Giovedì 18 gennaio sarà un appuntamento speciale, dedicato alla presentazione dellamostra“Opere di Mario Mirko Vucetich. La donazione Breganze promossa dai Musei Civici di Vicenza“ in collaborazione con l’Accademia Olimpica.
Giovedì 15 febbraio il curatore Manuel Carrera presenterà la mostra Luigi Bartolini. Attraverso il colore“, che si aprirà il 26 ottobre ai Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi di Macerata e alla quale il Museo civico di Palazzo Chiericati presta l’olio su tela Zingari, dono del marchese Giuseppe Roi.
Il ciclo si chiuderà giovedì 11 aprile con la presentazione di una mostra di grande rilievo per Vicenza: “Corrispondenze. Italo Valenti e i sodalizi artistici di Vicenza e Locarno“, che si aprirà in primavera 2024 al Museo di Casa Rusca di Locarno. La mostra di Locarno sarà presentata da Simone Cornaro dell’Archivio Italo Valenti di Mendrisio, Sébastien Peter, direttore dei servizi culturali della Città di Locarno e dalla curatrice Veronica Provenzale.
Tutte le conferenze, gratuite e aperte alla cittadinanza, si tengono nel salone nobile del Museo Civico di Palazzo Chiericati alle 17.
Sarà un concerto di beneficenza lunedì 16 ottobre alle 20.45 al Ridotto del Teatro Comunale di Vicenza a celebrare i vincitori del Premio nazionale delle arti PNA per la sezione strumenti a fiato, sottosezione ottoni il cui concorso si tiene al Conservatorio di musica di Vicenza “Arrigo Pedrollo”.
Il concerto del Comunale dal titolo “Quel che solo tu puoi fare, è straordinario”, organizzato dal Conservatorio di musica di Vicenza “Arrigo Pedrollo” in collaborazione con la Fondazione San Bortolo e il Comune di Vicenza, con il patrocinio del Ministero dell’Università e della Ricerca, della Regione del Veneto e della Provincia di Vicenza, ha come finalità quella di contribuire a migliorare gli ospedali vicentini a favore di tutti i pazienti attraverso l’impegno della Fondazione San Bortolo in tutta la provincia. E’ consigliata una donazione consapevole di 10 euro; il ricavato sarà destinato a sostenere i progetti della Fondazione San Bortolo ed in particolare la Terapia Intensiva Neonatale.
Sarà anche l’occasione per esprimere un forte no alla violenza e riconoscere il valore unificante ed inclusivo dell’arte e in particolare della musica. Il concerto, infatti, sarà dedicato alla memoria del giovane cornista Giovanbattista Cutolo, barbaramente assassinato per futili motivi il 31 agosto a Napoli, a cui verrà dedicata anche una borsa di studio messa a disposizione dal Conservatorio Pedrollo. Alla serata sarà presente anche la madre di Cutolo, Daniela Di Maggio.
“Vogliamo che la musica e il conservatorio rappresentino il valore dell’inclusività – ha sottolineato l’assessore alla cultura, al turismo e all’attrattività della città Ilaria Fantin – per questo l’istituto musicale offre nuove opportunità per i giovani musicisti”.
Il direttore del Conservatorio, Stefano Lorenzetti ha così presentato l’evento: “Siamo onorati di avere il Premio nazionale delle arti a Vicenza per la sottosezione ottoni e siamo ancora più orgogliosi di aver istituito la borsa di studio a nome del cornista Giovanbattista Cutolo e di poter sostenere il lavoro della Fondazione San Bortolo. Invitiamo tutti a partecipare”.
“La Fondazione San Bortolo opera in tutti gli ospedali della provincia per poter intervenire ed essere di supporto nelle situazioni di emergenza rispetto alla gestione quotidiana – spiega il presidente Franco Scanagatta – Gli ospedali sono di tutti e vorremmo che il nostro simbolo del cuore crociato fosse un punto di riferimento a favore di tutti i pazienti”.
Ha concluso gli interventi il presidente del conservatorio, Francesco Passadore: “Solo lavorando insieme come fanno i musicisti di un’orchestra, è possibile realizzare grandi obiettivi. Questa è una regola nella musica ma anche nella vita, per questo promuoviamo valori come il rispetto, la stima reciproca e la collaborazione con gli enti e le realtà del territorio”.