Era il 3 settembre 1786 quando Johann Wolfgang von Goethe, letterato tedesco il cui nome echeggia nel mondo intero, iniziò il suo viaggio in solitaria da Karlsbad verso l’Italia («Conosci il paese dove fioriscono i limoni, / tra scure foglie le arance d’oro risplendono…?».” scrisse al riguardo), fermandosi anche a Vicenza dove arrivò da Verona.
La partenza del grande autore è stata oggetto di numerose ipotesi e discussioni, vista la sua singolarità. Fu notturna, segreta e sotto fittizia identità, ed è stata quindi interpretata da molti come una fuga. Altri invece sono di parere discordante, in quanto Goethe si era comunque preparato con studi approfonditi riguardo la lingua e la storia della sua destinazione. Ragion per cui le cause di questa repentina partenza potrebbero essere legate invece a motivi personali, politici o esistenziali.
In modo particolare, tra le principali tappe di questo discusso viaggio, dal 19 al 26 Settembre 1786 Goethe soggiornò presso la nostra bella città, Vicenza (leggi anche «Goethe e Vicenza: la città vista con i suoi occhi», ndr), che lo ricorda con una lapide a palazzo Garzadori vicino ponte S. Michele (autrice della foto in copertina è Diana Cocco per ComuniItaliani.it, ndr).
Aveva da poco iniziato la sua avventura e rimase qui per una settimana, alloggiando al “Cappello rosso”. Dopo Roma, Vicenza fu la città che lo interessò maggiormente dal punto di vista artistico: l’architettura palladiana gli apparve varia di prospettive scenografiche e suggestioni fantastiche (da “fantasia”), mentre gli uomini e le cose della città gli sembrarono così integrate da renderla la patria, oggi diremmo la location, ideale per ispirare un’idea grande di se stessi.
Nei “Tagebücher1775 – 1803”, i suoi Diari di quel periodo, si trova in particolare la profonda ammirazione che Ghoete nutriva per Andrea Palladio, tanto da attribuirgli l’aggettivo “göttlich” ovvero “divino”. Di lui, infatti, scrisse: “C’è qualche cosa di veramente divino nei progetti del Palladio, proprio come la forza di un grande poeta che dalla verità e dalla finzione plasma una terza cosa che ci incanta”. Fu l’equilibrio nelle opere del grande maestro a colpirlo e ne scrisse, infatti, molto nelle sue annotazioni. La Basilica e la Rotonda lo affascinarono profondamente e, per quanto lo riguarda, pose il Teatro Olimpico in contrapposizione con i grandi teatri moderni. Lo paragonò, infatti, ad un bambino nobile, ricco, educato con cura in confronto a uomini sapienti e di mondo, che hanno a disposizione tutti i mezzi per funzionare bene.
La permanenza a Vicenza permise a Goethe di ammirare le meraviglie della nostra città, antica ma al contempo moderna, elaborata ma allo stesso tempo lineare e dotata di un fascino senza eguali, che ancora oggi non è valorizzato quanto anche Johann Wolfgang von Goethe avrebbe suggerito.
È partita stamane alla presenza del sindaco Giacomo Possamai l’operazione che consentirà di restituire alla città all’inizio del 2024 la chiesa di Santa Maria Nova. L’edificio, attribuito a Palladio eprogettato intorno al 1578, ospita infatti dal 2007 gli archivi e i materiali documentari della Biblioteca Bertoliana che ora saranno spostati all’ex scuola Giuriolo.
«È iniziato il trasloco dei beni della Biblioteca Bertoliana conservati nella chiesa di Santa Maria Nova, l’unica chiesa della nostra città attribuita a Palladio, beni che confluiranno nella ex scuola Giuriolo che già conserva parte del patrimonio della biblioteca cittadina – ha dichiarato il sindaco Giacomo Possamai -. Riusciremo, così, a raggiungere un obiettivo che ci eravamo fissati in campagna elettorale a completamento di un iter già avviato dalle precedenti amministrazioni: entro la fine dell’anno il trasloco verrà completato e appena possibile riusciremo a rendere accessibile a tutti uno dei luoghi più affascinanti della città».
Dopo un lungo intervento di riqualificazione dell’ex scuola media di contra’ Riale, che si è concluso ad ottobre con il collaudo degli impianti anti intrusione,antincendio e spegnimento automatico con aerogel, e con il sopralluogo dei vigili del fuoco, parte dunque il trasferimento in questa sede degli archivi e materiali documentari stoccati a Santa Maria Nova.
Le operazioni di trasloco, che si concluderanno entro fine anno, permetteranno non solo di spostare dalla chiesa 1.100 metri lineari di documentazione, ma di alleggerire in parte anche i magazzini della sede storica di Palazzo San Giacomo in contra’ Riale 5: all’ex Giuriolo verranno infatti spostati oltre 650 metri lineari di periodici, per alleggerire il carico dei magazzini collocati all’ultimo piano dell’ex convento dei padri somaschi, adibito a Biblioteca nel 1910.
Contemporaneamente verranno spostati e ricompattati nei magazzini di San Giacomo anche 820 metri lineari di libri antichi, operazione necessaria per recuperare spazio utile per le nuove acquisizioni.
Preliminare al trasloco vero e proprio dei materiali è un delicato intervento di depolveratura degli archivi storici e dei libri antichi, garantito attraverso macchinari aspiranti in grado di evitare qualsiasi danno ai documenti.
Una volta spolverati, archivi e libri verranno riposti su scaffalature metalliche collocate nei tre piani fuori terra dell’ex Giuriolo.
L’utilizzo del nuovo deposito sarà finalizzato esclusivamente alla conservazione libraria; la consultazione dei documenti da parte del pubblico continuerà a essere garantita nelle sale studio di Palazzo San Giacomo.
Questo eccezionale evento è organizzato dall’assessorato alla cultura, al turismo e all’attrattività della città ed è parte del cartellone della prima edizione del Festival Internazionale di Musica del Veneto, promosso dall’associazione Musica & Cultura con il patrocinio della presidenza del consiglio regionale del Veneto e il sostegno di numerosi enti pubblici che partecipano all’evento.
Il festival mira a mettere in rete le diverse municipalità della Regione del Veneto per valorizzare le peculiarità e le bellezze del patrimonio locale attraverso un circuito di concerti ad alto valore artistico, che vede la partecipazione di musicisti di fama internazionale e giovani talenti emergenti.
Il programma della serata prevede l’esecuzione di brani di compositori quali Rachmaninov, Busoni e Stravinsky.
L’ingresso al concerto all’Odeo di Vicenza è gratuito, ma è necessario prenotare i posti inviando una email a [email protected].
Ettore Pagano, nato a Roma nel 2003, ha iniziato a studiare il violoncello all’età di nove anni. Ha ricevuto la sua formazione presso l’Accademia Chigiana sotto la guida di Antonio Meneses e David Geringas, e ha frequentato la Pavia Cello Academy con Enrico Dindo, oltre all’Accademia W. Stauffer di Cremona. Ha concluso il suo corso di Laurea triennale al Conservatorio S. Cecilia di Roma, ottenendo il massimo dei voti, la lode e una menzione speciale.
Dal 2013, ha vinto il primo premio in oltre 40 concorsi nazionali e internazionali. Il suo più recente riconoscimento internazionale è il primo premio al prestigioso Khachaturian Cello Competition, tenutosi a Yerevan nel giugno 2022. È stato invitato a esibirsi su importanti palcoscenici internazionali, sia in recital che come solista con orchestre in molte parti del mondo, tra cui Parigi, diverse città in Germania, Austria, Ungheria, Croazia, Lituania, Albania, Armenia, Kuwait, Oman e Stati Uniti d’America. Per il periodo 2023/24, ha già ricevuto inviti da rinomate società concertistiche italiane e istituzioni sinfonico-orchestrali, con impegni confermati in città come Torino, Milano, Genova, Verona, Venezia, Trieste, Bologna, Ancona, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari. Inoltre, sarà ospite dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, con esibizioni programmate all’Auditorium Toscanini di Torino con diretta su Radio3 e Rai Cultura, oltre a una tournée presso la Royal Opera House di Muscat, Oman.
All’ingresso di Lonigo, sul colle che domina la città, salta subito all’occhio la maestosa Villa San Fermo, una bellezza architettonica che risale al X secolo quando una comunità di monaci provenienti da Mantova fondò qui un’abbazia e un luogo di culto. Il complesso passò successivamente ad un’altra comunità di religiosi, ovvero i monaci di San Giorgio in Alga, finché, a metà del 1600, il monastero venne acquistato dal procuratore di San Marco, Nicolò Venier.
Fu, però, con i successivi proprietari, dapprima i Contarini e poi i Giovannelli, che Villa San Fermo raggiunse l’apice del suo splendore. Andrea Giovannelli, nominato principe dall’Imperatore d’Austria nel 1838, stabilì qui la sua dimora e ben presto il convento divenne una villa-palazzo, come simbolo di potenza della famiglia. Conclusa l’era dei principi, seguì il ritorno nell’ambito religioso con i Gesuiti e infine con i Pavoniani.
La struttura architettonica, che si sviluppa dal basso verso l’alto, incomincia col monumentale ingresso dei Fiumi situato lungo la strada comunale, progettato dallo scenografo Francesco Bagnara. Composto da due enormi propilei collegati dalla cancellata e da una loggia, l’ingresso presenta delle statue dedicate all’Italia e ai suoi fiumi, assumendo così un significato allegorico.
Varcato il possente cancello ha, quindi, inizio il percorso che conduce alla villa culminante conmaestose scale d’epoca. Attraverso l’entrata principale, attorniata da aiuole perfettamente curate, si giunge al piano terra, dove si trova la limonaia, antico giardino invernale, con le sue ampie e luminose vetrate. Salendo, poi, le eleganti scale di marmo decorate ai lati con magnifici stucchi, si giunge al piano nobile di Villa San Fermo.
Qui la suggestiva biblioteca d’epoca, ricca di arredamenti originali, vantaraffigurazioni di Dante, Beatrice, Petrarca, Laura e, infine, dall’Aldilà Paolo e Francesca, arricchendo così l’ambiente con riferimenti letterari. Spalancate, quindi, le porte a doppio battente si ha accesso alla sala rossa, affrescata ispirandosi al palazzo ducale di Venezia, dove si fondono soggetti moderni e mitologici.
Nel mezzo della stanza, addossato alla parete ed opposto a fastosi tendaggi, si trova un camino d’epoca in pietra nera, che contrasta con la successiva tenue sala della musica, dove si sviluppano le stagioni danzanti. Il cuore pulsante della villa è però l’antico chiostro, al centro del quale si trova un antico pozzo, circondato da maestosi colonnati.
Ad incorniciare l’intero complesso di Villa San Fermo ci pensa, infine, il vasto parco circostante, ricco di sentieri, alberi secolari e punti panoramici, creando così un’atmosfera suggestiva ed indimenticabile.
Villa San Fermo, che attualmente ospita visitatori ed artisti da tutto il mondo ed è anche scenario di numerosi eventi, è la chiara dimostrazione di come il passato e il presente possano convivere in perfetta armonia tra loro: un gioiello antico che sovrasta una moderna piccola città, rendendo l’intera struttura una bellezza senza tempo.
In occasione del cambio dell’ora previsto nella notte tra il 28 e il 29 ottobre, quando le lancette degli orologi dovranno essere spostate all’indietro di 60 minuti, passando così dall’ora legale all’ora solare, il salone d’onore del Museo civico di Palazzo Chiericati ospiterà la conferenza “Comereligione,politica,trasporti ecomunicazioni hanno cambiato nei secoli la lettura deltempo“. L’appuntamento, ad ingresso libero fino ad esaurimento posti, organizzato da Soprana dal 1910 “da oltre 100 anni segniamo il tempo delle vostre emozioni” e associazione Pigafetta 500, in collaborazione con il Comune di Vicenza, è in programma sabato 28 ottobre alle 16.30 e interverrà in veste di relatore Stefano Soprana.
L’appuntamento si configura come un viaggio nel tempo per comprendere come l’uomo ha misurato nei secoli la lettura del tempo.
La Torre Bissara ne è testimone perché in essa fu collocato nel 1378 uno dei primi orologi meccanici. Il Ferracina nel 1744 realizzò una misurazione del tempo unica nel suo genere testimoniata anche dalla veduta della Torre nel quadro del Ferrari. Un’iscrizione sul lato della Torre ricorda che nel 1884 Vicenza unificò la sua ora a quella di Roma.
La testimonianza dell’uso religioso del tempo si trova a Vicenza nella chiesa di Sant’Agostino, dove un affresco del 1400 indica la misurazione del tempo in 24 ore: la prima ora inizia con il tramonto del sole come il quadrante di San Marco a Venezia.
Il primo uomo che misurò l’influenza del tempo negli spostamenti fu Antonio Pigafetta rendendosi conto che la misurazione si perde navigando sempre ad ovest.
La lettura dell’ora nei diversi paesi non coincide esattamente con i meridiani. Se un meridiano misura 15 gradi, perché l’ora di Londra è diversa da quella di Parigi che dista ad est di Greenwitch di soli 2,5° circa e l’ora di Madrid posta ad ovest di Greenwich usa l’ora Italiana? In Europa oggi si discute di abrogare l’ora legale, perché?
L’obbiettivo dell’incontro sarà dare risposte a tutti questi interrogativi.
Stivalaccio Teatro, affermata compagnia vicentina, è stata insignita del premio dell’Associazione nazionale dei critici del teatro (Anct) per il teatro popolare, la commedia dell’arte, il teatro ragazzi e l’arte di strada.
«La compagnia Stivalaccio Teatro in questi anni ha riportato in luce la commedia dell’arte, attraendo nelle sale il pubblico più esperto e conquistando la passione di tantissimi nuovi spettatori – commenta l’assessore alla cultura, al turismo e all’attrattività della città Ilaria Fantin – . A Vicenza da sette anni durante l’estate organizza il sempre apprezzato e partecipato Be Popular, festival di teatro popolare, che rientra nel cartellone degli eventi estivi del Comune. Ma la compagnia ha un notevole riscontro anche oltre le mura della nostra città, con un lavoro attento e scrupoloso di ricerca che fa risuonare il nome di Vicenza a livello nazionale. In occasione del decimo anniversario della Trilogia dei commedianti, Stivalaccio sarà al Teatro Olimpico – prosegue l’assessore – domenica 5 novembre alle 21, per lo speciale allestimento di Don Chisciotte – tragicommedia dell’arte, uno degli spettacoli di maggior successo della compagnia».
Lo spettacolo fa parte di Laboratorio Olimpico, organizzato dall’Accademia Olimpica in collaborazione con il Comune di Vicenza.
Dal terzo progetto di residenza artistica di Bacàn, svoltasi a Palazzo Cordellina tra luglio e settembre 2023, è nato un quintetto che traendo ispirazione da “Lezioni americane” di Italo Calvino ha realizzato “Six memos”, una performance site-specific che è stata registrata e che si può vedere nel canale YouTube VicenzaCultura al link https://bit.ly/Bacan_PalazzoCordellina
L’iniziativa realizzata con il contributo dell’assessorato alla cultura, al turismo e all’attrattività della città, della Biblioteca civica Bertoliana e della Fondazione Monte di Pietà, è una produzione di associazione culturale Bacàn in coproduzione con OperaEstate Festival Veneto.
La residenza si è sviluppata dal 18 al 20 luglio nella sala Udienze al piano terra di Palazzo Cordellina: quattro musicisti under 35 hanno lavorato da mattina a sera a improvvisazioni che hanno restituito al pubblico giovedì 20 luglio nel giardino del palazzo e in un concerto il 30 settembre, in occasione della Notte europea dei ricercatori.
L’associazione vicentina Bacàn ha voluto rendere omaggio al grande scrittore italiano nel centenario dalla nascita, chiedendo infatti ai musicisti in residenza di rielaborare artisticamente, trasponendo in musica, i sei capitoli che formano il saggio.
Leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità e coerenza (solo progettata) sono i valori che per Calvino deve avere la letteratura del ventunesimo secolo e che il linguaggio improvvisativo dell’ensemble ha fatto propri.
Nello storytelling di progetto le voci dei musicisti protagonisti (Beatrice Miniaci – flauto, ottavino; Ludovico Franco – tromba, piatto, live electronics; Dan Kinzelman – sassofono, clarinetto; Nicola Traversa – chitarra, banjo, voce; Nicolò Masetto – contrabbasso) raccontano l’esperienza e il processo creativo che hanno vissuto. Le immagini sono relative alla prima resitituzione pubblica avvenuta il 20 luglio. Il pubblico presente ha potuto cogliere l’interazione tra i musicisti, da cui è scaturito un flusso sonoro sviluppatosi in stretta relazione con il luogo che ha ospitato la performance. Il cortile di Palazzo Cordellina è diventato dunque esso stesso elemento caratterizzante per l’evolversi dell’improvvisazione.
Improvvisazione performativa ispirata a Lezioni Americane di Italo Calvino: Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità, Coerenza.
Beatrice Miniaci – flauto, ottavino
Ludovico Franco – trombe, live electronics
Dan Kinzelman – sassofono, clarinetto, mentor artistico
Nicola Traversa – chitarra, banjo, voce
Nicolo’ Masetto – contrabbasso
produzione BACÀN
coproduzione OperaEstate Festival
con il supporto di Biblioteca Civica Bertoliana, Comune Città di Vicenza, Fondazione Monte di Pietà di Vicenza
Martino Cuman – fonica
Raffaele Schiavone – graphic designer
Valentina Fin, Augusto Dalle Aste – project management
Domenica 22 ottobre, i bambini dai 7 ai 10 anni avranno l’opportunità di immergersi nelle discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) con il coinvolgente laboratorio intitolato “Segnali Elettrici a Palazzo Thiene”. Questo avvincente evento si svolgerà nelle suggestive sale ipogee delle Gallerie di Palazzo Thiene.
Il laboratorio è organizzato con cura dal museo MUST ITIS A. Rossi in collaborazione con l’Associazione Ex Allievi, come parte della mostra “Un grande passato, il resto è futuro”, che è aperta al pubblico gratuitamente dal giovedì alla domenica dalle 9:00 alle 17:00, con l’ultimo ingresso consentito alle 16:30.
L’Assessore alla Cultura, al Turismo e all’Attrattività della città, Ilaria Fantin, esprime gratitudine all’Associazione Ex Allievi dell’Istituto Rossi per aver creato questo spazio dedicato ai più giovani. Sottolinea l’importanza di avvicinare le nuove generazioni alle materie scientifiche e alla tecnologia, poiché queste rappresentano vere opportunità di crescita e, un giorno, di possibile occupazione.
Per partecipare al laboratorio, è necessario prenotare scrivendo a [email protected] entro sabato 21 ottobre. È possibile indicare la fascia oraria preferita: dalle 15:00 alle 15:45 oppure dalle 15:00 alle 16:45.
Domenica 22 ottobre, presso il Teatro Olimpico, si terrà un evento speciale in occasione dell’apertura del Digital Meet 2023. Questa iniziativa è promossa in collaborazione con il Comune di Vicenza e avrà come ospite d’onore Federico Faggin.
Federico Faggin è un protagonista della storia come rinomato fisico, inventore del primo microprocessore al mondo, autore e divulgatore scientifico. La sua presentazione, inedita, si concentrerà sul concetto di “5.0”, il nuovo paradigma produttivo orientato all’umanità, progettato per promuovere la cooperazione tra l’uomo e la tecnologia. Negli ultimi anni, Faggin ha esplorato temi fondamentali che riguardano il rapporto tra l’uomo e la macchina, spaziando dalla teoria quantistica alla coscienza. Questi temi sono stati affrontati nei suoi libri, tra cui “Irriducibile” e “Silicio”, nonché nella sua autobiografia intitolata “Silicon”, in cui racconta delle sue “quattro vite”.
L’evento, dal titolo “Uomo, Intelligenza Artificiale, Società 5.0: Il mondo tra consapevolezza e tecnologia”, inizierà con i saluti introduttivi del sindaco Giacomo Possamai. Seguiranno gli interventi di Gianni Potti, presidente di Fondazione Comunica e fondatore di Digital Meet, e di Gianni Dal Pozzo, presidente di Associazione Alumni.
La presentazione magistrale di Federico Faggin sarà preceduta da una introduzione a cura del professor Luciano Gamberini, docente di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni presso l’Università degli Studi di Padova, che affronterà il tema “L’uomo, le tecnologie e il mondo del lavoro che cambia”. Le conclusioni dell’evento saranno tenute dal professor Andrea Furlan, docente di Management presso l’Università degli Studi di Padova.
La partecipazione a questo evento è gratuita, ma è necessario registrarsi in anticipo. Per prenotare il tuo posto, invia un’e-mail a [email protected] entro sabato 21 ottobre, specificando la fascia oraria di tua preferenza: dalle 15:00 alle 15:45 oppure dalle 15:00 alle 16:45.
Digital Meet giunge alla sua undicesima edizione, con un focus sull’approccio “friendly” alla digitalizzazione e alla diffusione dell’Intelligenza Artificiale. L’evento si svolgerà dal 23 al 28 ottobre in molte città italiane e avrà come tema principale per il 2023: “Dal Commodore 64 all’Intelligenza artificiale fino al Metaverso”. Questo tema esplorerà come abbiamo imparato a utilizzare nuove soluzioni per lo sviluppo umano, partendo dai vecchi computer e arrivando all’Intelligenza Artificiale e al Metaverso. In tutto il paese, sono previsti oltre 130 eventi con 220 relatori, evidenziando un crescente interesse per gli sviluppi e l’impatto dell’Intelligenza Artificiale sulla società. Questo argomento è stato al centro dell’attenzione dei leader mondiali, dai vertici del G20 in India al G7 previsto in Italia l’anno successivo. Anche Papa Francesco ha scelto il tema “Intelligenza artificiale e sapienza del cuore” per la 58esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 2024.
Federico Faggin, originario di Vicenza e trasferitosi negli Stati Uniti nel 1968, è un fisico, inventore, imprenditore e saggista di grande rilevanza. Nel 2010, è stato insignito della Medaglia Nazionale per la Tecnologia e l’Innovazione dal presidente Obama in riconoscimento della sua invenzione del microprocessore. Nel 2019, il presidente Mattarella gli ha conferito il titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. La sua carriera è stata caratterizzata da importanti contributi all’innovazione tecnologica, tra cui il design del primo microprocessore al mondo, l’Intel 4004, e la co-fondazione dell’azienda Synaptics, nota per i Touchpad e i Touchscreen. Nel 2011, ha fondato la Federico and Elvia Faggin Foundation, un’organizzazione no-profit dedicata allo studio scientifico della coscienza, finanziando programmi di ricerca presso università e istituti di ricerca negli Stati Uniti e in Italia.
Giovanni Battista Pittoni realizza nel 1580 una straordinaria veduta di Vicenza, oggi conservata alla Biblioteca Angelica di Roma. Il racconto da Storie Vicentine.
Nella seconda metà del Cinquecento, l’architetto bolognese Ottaviano Nonni, detto Mascherino, eseguì in Vaticano dei lavori al terzo piano dell’ala di ponente dell’attuale Cortile del Belvedere. Venne così a crearsi un corridoio lungo centoventi metri, largo sei e illuminato da diciassette grandi finestre per lato, che conduce verso la Cappella Sistina e le Stanze di Raffaello e che ha, su un lato, i Giardini vaticani e, sull’altro, il Cortile stesso.
Conclusosi l’intervento edilizio tra il 1578 e il 1580, papa Gregorio XIII, forse ispirato dalla
Sala delle Carte geografiche di Palazzo Vecchio a Firenze, dove sono collocate cinquantatré
tavole dipinte con le terre dell’Europa, dell’Africa, dell’Asia e del nuovo mondo così come
conosciute nella seconda metà del XVI secolo, conferì l’incarico al domenicano matematico, astronomo e cosmografo Egnazio Danti, premiato poi con la nomina a vescovo di Alatri, di
raffigurare l’Italia, le sue regioni e le piante delle sue principali città, oltre ad Avignone, Malta e Corfù.
Nacque così quella che oggi vien detta la Galleria delle Carte Geografiche. Più precisamente, sulle pareti del corridoio sono disposte quaranta monumentali carte delle varie regioni d’Italia, ciascuna con le mappe delle principali città e le vedute dei principali porti italiani del Cinquecento: Civitavecchia, Genova, Ancona e Venezia.
L’Italia, allora divisa politicamente, è rappresentata nella sua unità storica, religiosa, artistica e culturale, «… quasi ad adombrare, se non proprio precise mire egemoniche del papato sull’intera penisola, quanto meno un progetto di governo del territorio italiano ispirato alla supremazia del potere spirituale su quello temporale, secondo una visione provvidenziale che trova conferma nel ciclo pittorico apprestato sul soffitto. Qui, infatti, attraverso una serie di cinquantuno episodi edificanti o miracolosi legati alle località sottostanti, viene tracciato una sorta di Atlante storico-religioso dell’Italia cristiana (nota 1)». Ed è anche un modo, per il Pontefice, di andare a «spasseggio(2)» per tutta l’Italia senza dover uscire dalla sua residenza. Questo grandioso apparato è dovuto ad
una équipe di pittori, fra i quali Gerolamo Muziano, Cesare Nebbia, Nicolò Circignani,
detto il Pomarancio, e i paesaggisti fiamminghi Matthjis e Paul Brill, che riversò, in un imponente ciclo di affreschi terminato nel 1581, i cartoni preparatori disegnati dal medesimo Danti, che fu anche l’orchestratore e regista di tutta l’operazione.
E’ grazie all’intervento del vicentino padre agostiniano Spirito Pelo Anguissola, «theologo, & predicatore eccellentissimo, & d’altre varie scienze & virtù ornatissimo», confessore e «spirituale padre di Sua beatitudine» Gregorio XIII, come attesta Marzari3, che anche la nostra Vicentia è fra le quattordici «città d’Italia delle più honorate4» presenti nella Galleria. L’Anguissola, infatti, venuto a conoscenza, in virtù del suo ufficio, delle intenzioni del papa, si affrettò a sollecitare la comunità vicentina affinché inviasse a Roma un «simulacrum civitatis», una immagine della città, che servisse da modello al freschista incaricato di eseguire l’impresa.
Ecco allora che i Deputati ad utilia affidarono, nella primavera del 1579, ad una squadra di rilevatori e perticatori, molto probabilmente capeggiata da Giandomenico Scamozzi, padre del più celebre Vincenzo, il compito di delineare la pianta della città.
Toccò poi a Giovanni Battista Pittoni assemblare, nel 1580, sulla scorta dei rilievi effettuati, quella che oggi vien detta «Pianta Angelica», perché custodita presso la Biblioteca
Angelica di Roma. Si tratta di un rilievo planimetrico generale della città, colta non da sud, come fino ad allora accaduto, ma da nord-ovest «a volo d’uccello», con proiezione
assonometrica, che riporta le planimetrie, l’alzato e le altezze dei vari edifici. Incerto era, fino al 2015, il punto di vista, vale a dire il luogo di rilevazione.
Accurato studio di Adolfo Trevisan, già dirigente del Comune di Vicenza e Segretario della Commissione consultiva per la toponomastica, ha dimostrato che la città è ripresa dal santuario di Santa Maria del Cengio a Isola Vicentina, che sorge a 175 mslm. E la scelta del sito di rilevamento potrebbe essere stata una sorta di omaggio all’Anguissola, essendo a quel tempo il convento gestito dall’ordine degli agostiniani.
La pianta – giunta a Roma nel mese di febbraio del 1580 e ricevuta da padre Anguissola – fu quindi trasferita in affresco, a mo’ di trompe-l’oeil, in un apparente foglio (mt. 0,42 di larghezza x mt. 0,47 di altezza), affisso con quattro immaginarie borchie
agli angoli, nella grande carta (mt. 4,27 di larghezza x mt. 3,21 di altezza), denominata
Traspadana Venetiarum Ditio, riferita alla maggior parte dei domini di Venezia ad ovest del Piave. Alla raffigurazione di Vicenza è affiancata quella di Padova.
Tra la pianta Angelica e la pianta eseguita nella Galleria vi sono coincidenze e differenze.
L’orientamento è identico, come pure la «forma civitatis», con al centro il nucleo storico più antico. Le differenze dipendono dal metodo esecutivo. «L’Angelica è una minuta, puntigliosa
ricostruzione in punta di penna su carta della “facies” urbana indagata capillarmente; la Vaticana, la necessaria trasposizione dei risultati di questa indagine sul piano più largo e disinvolto di una panoramica compiaciuta di effetti cromatici e, in buona misura, paesaggistici: con la sprezzatura dell’affrescatore5».
Più precisamente, «la figura di Vicenza …volge anch’essa il levante verso l’alto. Vi si distingue lucidamente la forma ovoidale del suo primo impianto medievale, chiuso dalla lingua di confluenza fra il Bacchiglione e il Retrone, che poi dal secolo XIII – quando vi prese slancio l’arte della lana – fu affiancata in ogni direzione e oltre i due fiumi da vari borghi, circondati infine ad opera degli Scaligeri da una nuova, più vasta cerchia di
mura, portata a termine nel secolo XV dai Veneziani. Cerchia che la pianta descrive con
le porte e torri, facendo notare che entro ad essa restano fra i borghi molti spazi ad orto,
non costruiti, e che ad ovest (in basso nella figura) era sorto con ortogonale sistemazione
urbanistica e isolati di uguale sagoma e misura un quartiere frutto di progettazione in
blocco. E fuori dalle mura (a destra in basso) su di un terrazzo che guarda al Retrone fra i
campi alberati, è schizzata con notevole cura e nelle sue forme originali la basilica romanica
dei Santi Felice e Fortunato (oggi oppressa da insipienti grattacieli di recente data) nota 6».
Di Giorgio Ceraso da Storie Vicentine n.13-2023.
Note
1. A. A., La Galleria delle Carte geografiche in
Vaticano, a cura di G. Malafarina, s.l. 2005, p. 6.
2. M. C. CIAPPI, Compendio delle heroiche et
gloriose attioni, et santa vita di papa Greg. XIII
raccolte da Marc’Antonio Ciappi senese, Roma
1591, p. 7.
3. G. MARZARI, La Historia di Vicenza, II, Vicenza
1604, p. 203.
4. Così si legge nella delibera del Consiglio
cittadino di mercoledì 6 aprile 1580, contenuta
nel Libro Parti, 1572-1595, c. 314, già presso
l’Archivio Torre e ora presso la Biblioteca Civica
Bertoliana.
5. F. BARBIERI, La pianta prospettica di Vicenza
del 1580, Vicenza 1973, pp. 15-16.
6. A. A., La Galleria delle carte geografiche in
Vaticano, a cura di L. Gambi e A. Pinelli, Modena
1994, p. 293.