Il 12 dicembre 1944, all’età di trentadue anni, Toni Giuriolo affrontò consapevolmente una dura morte, colpito da un proiettile al petto, per cercare di salvare un compagno di soli 18 anni, Pierino Galiani, ferito da una raffica di colpi giunti dritti alle gambe. Un momento di oscura violenza, di esecuzione sommaria.
Quali furono i suoi pensieri, dove rivolse il suo sguardo chiaro o le voci che sentì prima di abbandonarsi al sonno carezzevole della morte, possiamo solo immaginarlo nel crescendo di un dolore che lo dilaniò. La paura ripiegava su sé stessa lasciando il suo corpo sanguinante; fra l’odore acre di spari giungeva il buio e il freddo. L’arditezza temeraria lo aveva incoraggiato e le più dure fatiche materiali non lo avevano piegato, ma adesso sprofondava nell’erba e la terra frenava la sua volontà di rialzarsi e correre.
Forse, Toni Giuriolo non perse la speranza, aspettò che i compagni gli cingessero il collo e gli fasciassero il viso nell’atto di quell’abbraccio che lo avrebbe sollevato e portato via da quel luogo nefasto, sottraendolo alle mani furibonde dei tedeschi, uomini irascibili, violenti e brutali che giunti in ricognizione dopo gli scontri a fuoco, gli fissarono un ordigno carico ad una gamba, per provocare l’esplosione e la lacerazione delle sue membra, o dei compagni che l’avrebbero soccorso.
Un gesto ignobile e vile che ha dell’assurdo, ma che può ben rappresentare l’odio di quegli anni privi di raziocinio dove uomini più potenti o più armati erano protagonisti di tristi ruoli sociali, basati sulla sottomissione di altri uomini, in un dominio patetico fatto di ostilità e irragionevolezza. Toni Giuriolo era un ragazzo comune, con una vita ispirata all’ottimismo, fondata sull’educazione e sull’esempio, ricca di consapevolezza, impegnata da passioni, sentimenti, speranze e vissuta con assoluto rispetto per il prossimo e il mondo.
Attraverso lo studio e la lettura, ma anche l’educazione familiare, la sua personalità si sviluppò pienamente e vigorosamente; le intuizioni e le idee avrebbero fatto di lui, l’uomo che è divenuto ma che non è riuscito ad avere la piena e definitiva attuazione di quella vita, che tutti gli esseri umani si prefiggono – per la logica stessa del vivere – mancando, a causa della precoce morte, quel tempo necessario a realizzare il proprio personale sviluppo.
D’aspetto esteriore me lo immagino come di una bellezza tipica della sua età, concentrato, assorto, fiducioso, pervaso da dignitosa onestà, lealtà e profondo senso della misura; immagino la liricità essenziale del suo essere in rapporto con gli altri, l’immenso lavoro di ricerca sui libri, la vaga idea di grazia di uno sguardo chiaro e gentile nel suo approccio con il mondo. Con la sua disposizione d’animo volta al bene, Toni Giuriolo, rafforzava e perfezionava la determinatezza quotidiana delle sue scelte e delle sue ideologie e per questo rifiutò con volontà risoluta, di prendere la tessera del Partito nazionale fascista, e da persona che non sa darsi pace, nel carattere e nei sentimenti, si oppose a ogni forma di avvilimento morale e all’incombere minaccioso di quel malessere malvagio, chiamato nazifascismo.
L’abito semplice ed essenziale della sua anima, era una camicia a maniche lunghe con ampie tasche sul petto, pantaloni e scarponcini; una divisa mezza di partigiano e mezza di soldato. Abbandonò la sua famiglia e tutte le sue ambizioni, per dedicarsi completamente agli avvenimenti politici – militari della Resistenza italiana durante la seconda guerra mondiale. L’impegno assunto da Toni, di opposizione al regime fascista significò concretamente, dover rinunciare alla propria identità: firmava le recensioni ai libri sotto falso nome, aveva un documento d’identità con false attestazioni, gli fu negato l’insegnamento pubblico perché l’iscrizione al Partito fascista era necessaria per ottenere un posto nell’amministrazione statale.
A dispetto di questo dato momento, Toni, non si arrese e sentiva come necessario lo svolgimento di qualche azione seppur penosa, dura e dall’esito incerto e rischioso: antepose alla sua vita, con grande coraggio, la partecipazione alla lotta armata con i partigiani.
Iniziò con la politica, che il quel periodo si ridestava da uno stato di inerzia assoluta; scriveva per Giustizia e libertà, il foglio del Partito d’Azione (PdA) un’associazione volontaria di cittadini impegnati politicamente, appartenente a gruppi legati al liberalismo progressista e al socialismo. In quel periodo o immediatamente dopo, vennero elaborati nuovi programmi per altrettante formazioni: la Democrazia cristiana (Dc), Il Partito liberale (Pli), il Partito repubblicano (Pri), il Partito socialista di unità proletaria (Psiup), la Democrazia del lavoro e il Partito comunista (Pc), che riuscì a riproporsi con cognizione, dopo la liberazione di molti Capiguida dal carcere. I rappresentati di questi partiti, si riunirono a Roma, immediatamente dopo l’8 settembre del ‘43, e istituirono il Comitato di liberazione nazionale (Cln) con lo scopo di incitare e far sorgere moti di ribellione nell’animo della popolazione, affinché potesse partecipare attivamente e numerosa alla lotta armata. I partiti del Cln rappresentavano politicamente i gruppi di partigiani che si aggregarono in base alle loro scelte politiche: con le Brigate Garibaldi i comunisti, con la formazione di Giustizia e Libertà il Partito d’Azione, con le Brigate Matteotti i socialisti, cattolici, liberali e bande autonome.
In Veneto viene a costituirsi il Comitato di liberazione nazionale regionale veneto (Clnrv), con lo scopo e con l’intenzione di configurare un’azione efficace, ed è in tale circostanza che viene assegnato a Toni, il coordinamento delle forze partigiane nel Bellunese, dove egli rimase per cinque mesi. Toni impiegò tutta la sua operosità e il suo contributo per l’unificazione delle forze combattenti, cercando sempre di rispondere alle funzioni per cui era stato incaricato e sforzandosi di attenuare le difficoltà, le criticità e lo scetticismo reattivo da parte di gruppi autonomi, nell’accettare l’autorità dell’esecutivo regionale. La scelta di divenire un combattente, per Toni, è nata dalla sua volontà di non rifuggire dal lottare con ogni mezzo per i propri ideali; si era già esposto ai rischi e ai pericoli e aveva vissuto anni senza alcuna garanzia perché la clandestinità durante il periodo fascista era la condizione per essere liberi. La scelta dello scontro e del contrasto duro e violento fu la sola opzione possibile per opporsi al potere e alle sue istituzioni. Toni lascia Vicenza, qualche giorno prima che le truppe tedesche occupassero la città, l’undici settembre del ‘43. Il suo corpo farà ritorno il venticinque giugno del ‘45, dopo sedici mesi vissuti incessantemente fra Udine, Belluno, Asiago e Lizzano in Belvedere dove guidò la formazione partigiana “Matteotti”.
In questo lunghissimo tempo, fu testimone di feroci rastrellamenti, ritorsioni violente e indiscriminate con la quale le forze tedesche occupanti operavano, sfogando la loro insoddisfazione e il loro risentimento. Affrontò la dura e spietata perdita dei compagni, egli stesso aveva una mano dolorante e quasi putrefatta che tenne avvolta in uno straccio di lana inzuppato di sangue per oltre due mesi, unica condizione che lo costrinse, di malavoglia a tornare a casa per farsi curare, in un brevissimo periodo. Preparazione alla lotta, combattimento: Imbracciare! Impugnare! Scaricare! Tiratori e soldati armati; offesa e difesa; il tiro continuo delle canne d’acciaio puntate sugli avamposti che divampano e bruciano con fragore, sotto l’azione di un fuoco che prosegue ininterrottamente, battendo, ferendo, fino a lasciar morire per poi piombare nella solitudine totale. Il suo ultimo inverno, coincise con il momentaneo arresto dell’offensiva anglo-americana. Il fronte italiano si bloccava lungo la linea gotica, fra Rimini e La Spezia e a novembre del ‘44, il generale inglese Alexander invitava i partigiani a sospendere la lotta, in un crescendo di discordanze e divergenze con le linee direttive e ideologiche del Cln e degli stessi partigiani, che proseguirono nelle loro azioni senza remora. Mancavano pochi mesi al verificarsi di quell’avvenimento tanto atteso e desiderato con impazienza timorosa e per lungo tempo: la pace. Il 25 aprile il Cln lanciava l’ordine di insurrezione generale, i tedeschi si ritiravano e l’Italia era finalmente libera.
Nel suo diario, nel ’42 Toni, ricordando la morte del padre, scriveva: “Eppure la mia costante aspirazione morale è di considerare gli altri come fine e non come mezzo”. I mezzi sono approssimativi, insufficienti, utili o indispensabili ma nulla di più. Per un attimo Giuriolo associa le personalità altrui a mezzi e strumenti che egli stesso possa usare come arricchimento ma poi, sposta la sua attenzione e il suo pensiero su ciò che realmente gli preme: considerare gli altri come il fine ultimo.
Il fine è il completamento, la conclusione necessaria, dopo molto tempo e sacrificio. È lo scopo, l’obiettivo, il risultato a cui tendiamo ogni giorno o che ci promettiamo di raggiungere, avvolte senza tregua e impegnando tutte le nostre forze. È la finalità ultima, costruita sulla base delle nostre motivazioni che giustificano ogni nostra decisione e comportamento; è l’istinto, la forza generatrice che ci spinge a considerare i limiti come valicabili. Considerare “gli altri” come il fine dà adito ad una via di comunicazione che tesse relazioni uniche e durature nel tempo tra gli individui.
Toni riuscì meravigliosamente a creare relazioni uniche con i suoi compagni e con le persone che ebbero modo di conoscerlo; i ricordi su di lui, parlano delle sue qualità abituali e caratteriali, delineando e tracciando con parole e a voce, l’indole buona e gentile della sua anima.
Credo che Toni sia stato eccellente in questo, se ancora vogliamo protenderci verso di lui nel desiderio di incontrarlo, fare conoscenza del suo pensiero e mantenerne vivo il ricordo.
Bibliografia
Le informazioni che sono contenute in questo articolo, sono state tratte da:
Antonio Trentin 1984, Antonio Giuriolo (un maestro sconosciuto), Neri Pozza Editore
Antonio Trentin 2012, Toni Giuriolo. Un maestro di libertà, Cierre Edizioni
Renato Camurri 2016, Pensare la Libertà. I quaderni di Antonio Giuriolo, Marsilio Editori
Manuale di Storia. L’età contemporanea a cura di, A. Giardina, G. Sabatuc- ci, V. Vidotto 2000, Editori Laterza.
di Mirella Tirenni da Storie Vicentine n. 7 marzo-aprile 2022
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