venerdì, Aprile 26, 2024
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Anni Cinquanta a Vicenza, i luoghi della memoria

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Infanzia e giovinezza di una vicentina negli Anni Cinquanta e nei luoghi che sembrano oggi appartenere a un’ altra epoca, ma che sono ancora vivi nei ricordi come teatro di esperienze e conoscenze.

Il cinema Patronato

Da bambina, al cinema Patronato, cinema parrocchiale, andavo con la mia amichetta Giusi, da adolescente con la mia compagnia di amici. Ci eravamo iscritti tutti al Cineforum, che si teneva il sabato pomeriggio. Era tenuto da un sacerdote, mi pare si chiamasse don Mario, un tipo moderno, molto aperto di idee. Prima del film, ce lo presentava, alla fine gestiva il dibattito. Ammiravo molto chi interveniva, sempre i maschi a dire il vero, noi ragazze insicure ascoltavano analisi complicate. Il Cineforum era seguito soprattutto da ragazzi di sinistra proprio per le scelte che faceva don Mario. Spesso interveniva Alberto Gallo, figlio del Presidente della Corte costituzionale. Non era ancora il segretario della Fgci. Quando anch’io, qualche anno più tardi, mi iscrissi alla Fgci, presi una cotta per lui, ricambiata. Così avemmo una storia, malvista dalla madre di lui che aspirava a ben altro per suo figlio primogenito, una storia che durò quasi un anno e che troncai io, perchè Alberto parlava di matrimonio, di figli, e io mi sentivo soffocare Quando lo lasciai, lui rimase malissimo. La lettera che mi scrisse, e che ho conservato, a rileggerla e` raggelante, ma a me, allora, non importò. Ogni anno, don Mario proponeva una tematica diversa, il Terzo mondo, le lotte anticolonialiste, i problemi esistenziali e religiosi. Conobbi, così, Glauber Rocha Bergman, Pasolini, Tarkoskji, Bellicchio… e vidi film bellissimi, Il Vangelo secondo Matteo, Edipo re, Medea, La guerra di Ivan, Quando volano le cicogne, Il settimo sigillo, La Cina e` vicina, I pugni in tasca e anche il famoso La corazzata Potiomkin. Troppo progressista per la bigotta Vicenza, a don Mario il Cineforum fu tolto. Se ne aprì un altro, al cinema Odeon. Provai un anno, ma non mi piacque perchè c’era solo la visione del film, senza presentazione ne` dibattito, la differenza tra consumare e guardare un film in modo consapevole. A scuola ogni anno io organizzavo il Cineforum, molto amato dagli alunni. Si dovrebbe riprendere a aprire cineforum e a far dibattere i giovani E` un modo eccellente per educarli al gusto e allo spirito critico. Mi viene in mente la scena di “Amarcord” di Fellini in cui i ragazzi guardano un film tutti in un lettone. Una meravigliosa rappresentazione del piacere di condividere.

anni cinquanta vicenza
Celeste che vende camei in Piazza dei Signori e il Cinema Patronato

La scuola media Scamozzi

Negli anni cinquanta la scuola era classista e operava una rigida selezione sociale. Per i figli dei benestanti c’era la scuola media, cui si accedeva con l’esame di ammissione dopo gli esami di quinta, la scuola commerciale per chi pensava di fare l’impiegata, e l’avviamento professionale per chi doveva dopo tre anni, andare a svolgere un lavoro più umile. Superato l’esame di ammissione, mi ero iscritta alla media Scamozzi, anche se lontana da casa, perche “lì andava la mia amica Adriana.” Sezione E, una insegnante di Lettere, figlia di Scipio Slataper, che andava per la maggiore, ma che in me non suscitò entusiasmi. Le medie non mi entusiasmarono. Dopo cinque anni di scuola partecipata, la mia maestra faceva lezioni di tirocinio alle future maestre una volta alla settimana, le medie mi apparvero terribilmente noiose. Grandissima noia l’Epica e i lunghi esercizi di versione in prosa, terribili le lezioni di matematica, con una insegnante rossa di capelli e fredda come il ghiaccio, ridicole le lezioni di Economia domestica, nelle quali avremmo dovuto imparare a lavorare a maglia!.

Ciononostante, i miei voti erano buoni. Gli unici momenti piacevoli erano quelli dei temi e delle ore di disegno, due attività che amavo e che mi facevano andare in una sorta di trance. I miei temi alle elementari, prendevano quasi sempre dieci, erano letti a tutta la classe e alle altre sezioni e venivo anche mandata alle Magistrali, come esempio. Alle medie erano piu`”tirati” nei voti e il massimo era otto. Io ero, però, anche un po’ cialtrona. Quando ci dettero come tema ‘Un libro che mi e`piaciuto”, io inventai di sana pianta, solo per il sentito dire perche` non lo avevo letto, “Il diario di Anna Frank” e meritai un voto molto alto. Alla Scamozzi le migliori allieve, a fine anno, venivano premiate con libri dalla preside, un’algida e elegante signora dai capelli bianchi.. Io li conservo ancora, libri di Geografia, Veneto e Lombardia, e, inoltre, venivano citate sul diario scolastico della scuola. La rivalità tra me e Adriana continuava, nonostante l’amicizia e, agli esami, grazie all’italiano, io la superai. All’uscita della scuola ci aspettavano le delizie di Celeste dei caramei, frutta secca caramellata, noci, fichi, uvetta, prugne. Riuscivo a comprarmene due. C’era poi il gioco del sorteggio, se ti andava bene, Celeste te ne regalava un altro. Il giorno degli esami orali di terza media nel ricordo mi vedo in piedi davanti al comò nella camera dei miei genitori, con il libro di latino posato sul ripiano, che ripasso la favola di Fedro “Lupus et agnus”, “Il lupo e l’agnello”. “Superior stabat lupus…” . La mamma quel giorno era nervosa, probabilmente aveva litigato con il nonno Michele. Quando uscii di casa per recarmi a scuola, non mi dette un bacio e neppure mi fece gli auguri per l’esame. Ci rimasi male. Sostenni l’esame, mi chiesero della volpe e l’ uva, mi imbrogliai un pò con il verbo videor, mi fecero i complimenti per il tema che, come altre volte, avevo inventato di sana pianta. Quando uscii, pensierosa, ebbi la bella sorpresa di vedere, ad attendermi, la mamma e la mia bellissima sorella bionda, la Maurizia, in un abitino blu molto elegante che le donava moltissimo. Fui accolta con un bacio e premiata con un bel cono gelato. Uscii dalle medie con una media molto alta e tutte le insegnanti consigliarono i miei genitori di mandarmi al Liceo classico. Non si usava, a quei tempi, chiedere cosa volessero i figli, decidevano i genitori e basta. Io, infatti, avrei voluto andare al Liceo artistico ma, sfortunatamente c’era solo a Padova e, con quella scusa, i miei mi mandarono al Classico, condannandomi a cinque anni di dissociazione perchè troppo lontani erano i due mondi sociali, quello dei miei compagni tutti benestanti, c’era perfino un conte, il nipote di Guido Piovere, e il mio, figlia di un operaio magazziniere e di una casalinga. Anche l’’amicizia con Adriana al Liceo sarebbe finita, lasciandomi con l’amaro in bocca. Delle medie non mi sono rimasti ricordi particolari. Come dicevo, molta noia e la sensazione di non imparare nulla di interessante, come, invece, era avvenuto alle elementari. Solo in prima Liceo ritrovai il piacere di studiare, soprattutto grazie alla Filosofia e alla Storia dell’arte.

Di Emanuela Mariotto da Storie Vicentine n. 8 giugno-luglio 2022


In uscita il numero di Maggio 2023
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