Giovanni Battista Pittoni realizza nel 1580 una straordinaria veduta di Vicenza, oggi conservata alla Biblioteca Angelica di Roma. Il racconto da Storie Vicentine.
Nella seconda metà del Cinquecento, l’architetto bolognese Ottaviano Nonni, detto Mascherino, eseguì in Vaticano dei lavori al terzo piano dell’ala di ponente dell’attuale Cortile del Belvedere. Venne così a crearsi un corridoio lungo centoventi metri, largo sei e illuminato da diciassette grandi finestre per lato, che conduce verso la Cappella Sistina e le Stanze di Raffaello e che ha, su un lato, i Giardini vaticani e, sull’altro, il Cortile stesso.
Conclusosi l’intervento edilizio tra il 1578 e il 1580, papa Gregorio XIII, forse ispirato dalla
Sala delle Carte geografiche di Palazzo Vecchio a Firenze, dove sono collocate cinquantatré
tavole dipinte con le terre dell’Europa, dell’Africa, dell’Asia e del nuovo mondo così come
conosciute nella seconda metà del XVI secolo, conferì l’incarico al domenicano matematico, astronomo e cosmografo Egnazio Danti, premiato poi con la nomina a vescovo di Alatri, di
raffigurare l’Italia, le sue regioni e le piante delle sue principali città, oltre ad Avignone, Malta e Corfù.
Nacque così quella che oggi vien detta la Galleria delle Carte Geografiche. Più precisamente, sulle pareti del corridoio sono disposte quaranta monumentali carte delle varie regioni d’Italia, ciascuna con le mappe delle principali città e le vedute dei principali porti italiani del Cinquecento: Civitavecchia, Genova, Ancona e Venezia.
L’Italia, allora divisa politicamente, è rappresentata nella sua unità storica, religiosa, artistica e culturale, «… quasi ad adombrare, se non proprio precise mire egemoniche del papato sull’intera penisola, quanto meno un progetto di governo del territorio italiano ispirato alla supremazia del potere spirituale su quello temporale, secondo una visione provvidenziale che trova conferma nel ciclo pittorico apprestato sul soffitto. Qui, infatti, attraverso una serie di cinquantuno episodi edificanti o miracolosi legati alle località sottostanti, viene tracciato una sorta di Atlante storico-religioso dell’Italia cristiana (nota 1)». Ed è anche un modo, per il Pontefice, di andare a «spasseggio(2)» per tutta l’Italia senza dover uscire dalla sua residenza. Questo grandioso apparato è dovuto ad
una équipe di pittori, fra i quali Gerolamo Muziano, Cesare Nebbia, Nicolò Circignani,
detto il Pomarancio, e i paesaggisti fiamminghi Matthjis e Paul Brill, che riversò, in un imponente ciclo di affreschi terminato nel 1581, i cartoni preparatori disegnati dal medesimo Danti, che fu anche l’orchestratore e regista di tutta l’operazione.
E’ grazie all’intervento del vicentino padre agostiniano Spirito Pelo Anguissola, «theologo, & predicatore eccellentissimo, & d’altre varie scienze & virtù ornatissimo», confessore e «spirituale padre di Sua beatitudine» Gregorio XIII, come attesta Marzari3, che anche la nostra Vicentia è fra le quattordici «città d’Italia delle più honorate4» presenti nella Galleria. L’Anguissola, infatti, venuto a conoscenza, in virtù del suo ufficio, delle intenzioni del papa, si affrettò a sollecitare la comunità vicentina affinché inviasse a Roma un «simulacrum civitatis», una immagine della città, che servisse da modello al freschista incaricato di eseguire l’impresa.
Ecco allora che i Deputati ad utilia affidarono, nella primavera del 1579, ad una squadra di rilevatori e perticatori, molto probabilmente capeggiata da Giandomenico Scamozzi, padre del più celebre Vincenzo, il compito di delineare la pianta della città.
Toccò poi a Giovanni Battista Pittoni assemblare, nel 1580, sulla scorta dei rilievi effettuati, quella che oggi vien detta «Pianta Angelica», perché custodita presso la Biblioteca
Angelica di Roma. Si tratta di un rilievo planimetrico generale della città, colta non da sud, come fino ad allora accaduto, ma da nord-ovest «a volo d’uccello», con proiezione
assonometrica, che riporta le planimetrie, l’alzato e le altezze dei vari edifici. Incerto era, fino al 2015, il punto di vista, vale a dire il luogo di rilevazione.
Accurato studio di Adolfo Trevisan, già dirigente del Comune di Vicenza e Segretario della Commissione consultiva per la toponomastica, ha dimostrato che la città è ripresa dal santuario di Santa Maria del Cengio a Isola Vicentina, che sorge a 175 mslm. E la scelta del sito di rilevamento potrebbe essere stata una sorta di omaggio all’Anguissola, essendo a quel tempo il convento gestito dall’ordine degli agostiniani.
La pianta – giunta a Roma nel mese di febbraio del 1580 e ricevuta da padre Anguissola – fu quindi trasferita in affresco, a mo’ di trompe-l’oeil, in un apparente foglio (mt. 0,42 di larghezza x mt. 0,47 di altezza), affisso con quattro immaginarie borchie
agli angoli, nella grande carta (mt. 4,27 di larghezza x mt. 3,21 di altezza), denominata
Traspadana Venetiarum Ditio, riferita alla maggior parte dei domini di Venezia ad ovest del Piave. Alla raffigurazione di Vicenza è affiancata quella di Padova.
Tra la pianta Angelica e la pianta eseguita nella Galleria vi sono coincidenze e differenze.
L’orientamento è identico, come pure la «forma civitatis», con al centro il nucleo storico più antico. Le differenze dipendono dal metodo esecutivo. «L’Angelica è una minuta, puntigliosa
ricostruzione in punta di penna su carta della “facies” urbana indagata capillarmente; la Vaticana, la necessaria trasposizione dei risultati di questa indagine sul piano più largo e disinvolto di una panoramica compiaciuta di effetti cromatici e, in buona misura, paesaggistici: con la sprezzatura dell’affrescatore5».
Più precisamente, «la figura di Vicenza …volge anch’essa il levante verso l’alto. Vi si distingue lucidamente la forma ovoidale del suo primo impianto medievale, chiuso dalla lingua di confluenza fra il Bacchiglione e il Retrone, che poi dal secolo XIII – quando vi prese slancio l’arte della lana – fu affiancata in ogni direzione e oltre i due fiumi da vari borghi, circondati infine ad opera degli Scaligeri da una nuova, più vasta cerchia di
mura, portata a termine nel secolo XV dai Veneziani. Cerchia che la pianta descrive con
le porte e torri, facendo notare che entro ad essa restano fra i borghi molti spazi ad orto,
non costruiti, e che ad ovest (in basso nella figura) era sorto con ortogonale sistemazione
urbanistica e isolati di uguale sagoma e misura un quartiere frutto di progettazione in
blocco. E fuori dalle mura (a destra in basso) su di un terrazzo che guarda al Retrone fra i
campi alberati, è schizzata con notevole cura e nelle sue forme originali la basilica romanica
dei Santi Felice e Fortunato (oggi oppressa da insipienti grattacieli di recente data) nota 6».
Di Giorgio Ceraso da Storie Vicentine n.13-2023.
Note
1. A. A., La Galleria delle Carte geografiche in
Vaticano, a cura di G. Malafarina, s.l. 2005, p. 6.
2. M. C. CIAPPI, Compendio delle heroiche et
gloriose attioni, et santa vita di papa Greg. XIII
raccolte da Marc’Antonio Ciappi senese, Roma
1591, p. 7.
3. G. MARZARI, La Historia di Vicenza, II, Vicenza
1604, p. 203.
4. Così si legge nella delibera del Consiglio
cittadino di mercoledì 6 aprile 1580, contenuta
nel Libro Parti, 1572-1595, c. 314, già presso
l’Archivio Torre e ora presso la Biblioteca Civica
Bertoliana.
5. F. BARBIERI, La pianta prospettica di Vicenza
del 1580, Vicenza 1973, pp. 15-16.
6. A. A., La Galleria delle carte geografiche in
Vaticano, a cura di L. Gambi e A. Pinelli, Modena
1994, p. 293.