Da Storie Vicentine, la storia dell’orologio civico di Torre Bissara in piazza dei Signori a Vicenza.
Come per Venezia e per molte altre città venete, anche l’orologio pubblico di Vicenza non era collocato sul campanile di una chiesa, in quanto sarebbe stato rappresentativo della superiorità del potere religioso, ma era posto nella torre del Palazzo della Ragione, dove si svolgeva la pubblica amministrazione della vita cittadina, diventando così un simbolo del potere civico.
Era il 1378 quando Faccio Pisano introdusse l’orologio sulla Torre Bissara, detta anche Torre di Piazza, che si affaccia su piazza dei Signori, affiancandosi alla Basilica Palladiana. Esso è visibile sia nella carta del Peronio del 1481, antica pianta della zona centrale di Vicenza che mostra una porzione circolare del quadrante in un punto della carta purtroppo danneggiato, sia nella Pietà di Giovanni Bellini, dipinto del 1505, dove si possono riconoscere alcuni edifici della città berica.
Le sorti dell’orologio fino al 1510 restano purtroppo ignote, a causa dell’incendio della Torre, avvenuto nel 1509, in cui erano conservati moltissimi documenti della comunità vicentina. Il quadrante fu nuovamente dipinto nel 1519 ad opera del celebre Giovanni Speranza, allievo di Benedetto Montagna.
Non sono state ancora individuate delle fonti in grado di testimoniarlo, ma si suppone che vi sia stato un passaggio da un quadrante in 24 a quello in 12 ore, ipotesi avvalorata dall’intervento di Cesare Capobianco regolatore dell’orologio di torre, che nel 1597 ne modificò la suoneria da 24 a 12 battiti, come dice il Castellini nella sua Descrizione della città di Vicenza dentro dalle mura: «Evvi un’ horologio perfettissimo in questa torre, qual già battendo le ore di vintiquatro à battere di dodici in dodici, dicendo l’inventori di tal cosa ciò essere a maggior comodità dè negozianti».
Le suonerie degli orologi pubblici italiani andarono ad evolvere in tale direzione già a partire dal XVI secolo: contare i battiti in 24 era difficile e la suoneria in 24 richiedeva una carica di maggior durata, per cui di fatto i rintocchi vennero portati a 12 + 12, forse introducendo anche la ribotta, pur se sovente il quadrante restava con le indicazioni in 24. Dai Documenti per la storia della torre di Piazza dei Signori a Vicenza, che raccolgono interessanti informazioni circa i lavori di manutenzione, i costi e gli eventi, sappiamo che molti furono i regolatori dell’orologio di torre, sin dal XVI secolo.
Nel 1519 a Giovan Battista subentrò il figlio Giuseppe, descritto come “…non all’altezza del compito”. Nel 1531 a Giuseppe successe Alessandro di Francesco da Venezia. Nel 1562 venne eletto regolatore Antonio Manzoni da Venezia che morì nel 1578: prese il suo posto Bernardino Finetti “fabro da Camisano”, al quale subentrò Francesco Drara Padoano.
A questi, nel 1591, successe il sopraccitato Cesare Capobianco. Si tratta dello stesso artista che costruì, intorno al 1577, il Gioiello di Vicenza, il modello della città realizzato in legno e rivestito con placche di argento. Capobianco era un noto orefice e orologiaio, dell’illustre famiglia dei Capobianco da Schio. Tra essi si ricorda anche la figura di Giovan Giorgio, orologiaio, orefice, disegnatore e matematico, che aveva la sua bottega sul corso.
Giulio Barbarani, autore dei Vicentiae Monumenta, pubblicato nel 1566, ci narra di come Giovan Giorgio Capobianco avesse realizzato due preziosi anelli nei quali era inserito un orologio. Uno di essi fu donato al Duca di Urbino. Su di esso e sulle straordinarie capacità dell’orologiaio vicentino ci fornisce maggiori dettagli il Marzari, nella sua Storia di Vicenza:
«… Giovan Giorgio Capobianco, nuovo Prassitele, merita di essere con gli altri vicentini ingegni noverato, avendo con la sottilità del sopra human intelletto suo fatte opere maravigliose et di stupendo magisterio. Fabbricò tra l’altre un horologio dentro di un portatile anello, che aveva intagliati nella testa i dodici Celesti segni, con una figurina fra mezzo, che signate mostrava per numero l’hore giorno et notte pulsanti il quale (havendolo donato all’eccellentissimo Duca d’Urbino Guido Baldo) fu potissima cagione della salvezza di sua vita, poiché havendo egli ucciso un nemico suo con un stiletto in Rialto di Venezia, et preso, et condotto nelle forze della giustizia, dovendo morire, operò Sua Eccellenza di modo presso la Serenissima Signoria, servendosi anche dell’autorità di Carlo V Imperadore, che gli fu salvata, restando esule. Un altro ne fece dentro di un Candeliere d’argento, che in dono diede al Sedunense Cardinale, il quale nel batter dell’hore accendeva in un medesimo tratto la candela in quello riposta. Costruì di più una Navicella di palmi cinque tutta d’argento, nella quale si vedevano figure diverse di perfetto rilievo, che facevano (non altrimenti che s’havessero avuto l’anima) moti diversi; reggeva un timoniero la nave, altri co’ remi la vogavano, dava fuoco un Bombardiere e sparava un pezzo d’artiglieria: eravi sotto la poppa un Re, che ora si sedeva, et hora si levava, con una donna, che suonando di lira cantava, et un cagnolino che abbajava, i quali tutti a un tempo stesso facevano detti moti camminando tutta- via la nave sopra una tavola per artificio di ruote et spenole occulte, la quale ebbe Sua Serenità per donarla a Sultan Soliman Imperador de’ Turchi…».
Possiamo quindi con orgoglio affermare che nel XVI secolo la terra vicentina vantasse valentissimi orologiai. Altra famiglia veneta di orologiai furono i Mazzoleni, attivi a Padova nella seconda metà del Cinquecento, dei quali parla Elda Martellozzo Forin nel suo approfondito studio intitolato La bottega dei fratelli Mazzoleni, orologiai in Padova (1569).
I Mazzoleni furono anch’essi temperatori di orologi da torre: in particolare i fratelli Paolo e Francesco che, nel 1557, aprirono una bottega nella città patavina, nella quale costruivano orologi da campanile, domestici e da persona e che fu luogo d’incontro di una clientela composita. In questo ambiente crebbe Marcantonio, figlio di Paolo Mazzoleni, che avrebbe sfruttato l’abilità ereditata dal padre per realizzare strumenti commissionatigli da Galileo Galilei.
Altra figura interessante è quella di Paulus de Polis, orologiaio attivo a Verona nella prima metà del XVII secolo, nominato nel 1622 temperatore, cioè manutentore e responsabile del caricamento, dell’orologio della torre del Gardello a Verona; della sua produzione sopravvive un bell’esemplare di orologio da soprammobile a edicola, con cassa di bronzo dorato.
Sul territorio veneto erano quindi presenti competenze locali di alto profilo e la produzione dei segnatempo ad opera di questi artisti ben poteva competere con le migliori disponibili negli altri Paesi.
Di Stefano Soprana da Storie Vicentine n.13-2023