(Articolo di Michele Lucivero su Sauvignon e Franciacorta da L’AltraVicenza n. 3- aprile 2025, allegata a Vicenza PiùViva n. 297, sul web per gli abbonati).
Giunto dalla regione del Bordeaux, sulla costa occidentale francese, il vitigno Sauvignon, detto anche non a caso Bordeaux Bianco, è stato introdotto in Italia nell’Ottocento e si è assestato inizialmente molto bene e in maniera preponderante nel clima settentrionale del nostro Paese, per poi diffondersi anche nella parte centrale e meridionale dell’Italia.
Non c’è dubbio che la zona più vocata per il Sauvignon in Italia resti il Nord Est, infatti tra Friuli-Venezia Giulia, Trentino Alto-Adige e Veneto si possono trovare delle vere e proprie perle vinicole di Sauvignon in purezza oppure tagliate con altri vitigni in modo da offrire struttura, persistenza, acidità e aromaticità per vini indimenticabili.
In questo numero, dunque, per i lettori e le lettrici di VicenzaPiù Viva abbiamo avuto modo di degustare un Sauvignon in purezza di Torre dei Vescovi. Le uve, allevate sulle dolcissime colline vicentine dei Colli Berici, su un terreno che si presenta calcareo e arenaceo, dopo la fermentazione fanno solo sei mesi di affinamento in acciaio e poi sono pronte per l’imbottigliamento, in modo da restituire un prodotto fresco, abbordabile e assolutamente gradevole.

Torre dei Vescovi è una linea economica e alla portata di tutte le tasche della casa vitivinicola Colli vicentini, che offre anche altre due linee più impegnative: Romeo&Juliet, dedicata giustamente alla vicenda che ha avuto come prima ambientazione quella dei castelli di Montecchio Maggiore e Le Edizioni Speciali con tre vini impegnativi, tra metodo classico e lunghi affinamenti, che rendono omaggio alla storia della cantina.
Il Sauvignon degustato, con i suoi 13% vol., si presenta alla vista di colore giallo paglierino, mentre all’olfatto, tipici, spiccano i sentori di frutta esotica, pompelmo, ma anche di ortica ed erbe aromatiche di campo. In bocca si rivela un vino sapido, ma anche dalla grande freschezza con un discreta struttura, elegante e persistente, coerente con le note olfattive.
Qualche parola vogliamo spenderla a proposito dell’etichetta di questo vino, giacché, l’esperienza di degustazione di un prodotto vitivinicolo non è unicamente di tipo sensoriale, per cui occorrerebbe anche una buona formazione e preparazione, ma è un percorso culturale a tuttotondo, un’esperienza “sinestetica”, cioè un processo percettivo mediante il quale si ha una contaminazione di tutti i sensi, i quali poi inducono ad ulteriori esperienze di tipo sensoriale o cognitivo.
Ebbene, non trascurabile è, sull’etichetta anteriore, il richiamo letterario ad un componimento di Marin Sanudo, storico e politico veneto, risalente al 1483, in cui si viene descritto il bellissimo paesaggio – leggendo si riesca davvero a immaginarselo – che un viaggiatore può ammirare tra Vicenza e Verona con i suoi imponenti castelli di Montebello, Arzignano e Montecchio.
Ci spostiamo tra le colline lombarde della Franciacorta per farci inebriare dal profumo e dalla cultura di un prodotto che resta una delle eccellenze italiane. Ci troviamo in provincia di Brescia, a Monticelli Brusati, dove esattamente 50 anni fa, nel 1975, Elena Nulli, poetessa dialettale, e Renato Alberti, imprenditore, decidono di investire i loro risparmi per ingrandire un appezzamento già in loro possesso nei pressi del Santuario della Madonna della Rosa: nasce così la Cantina Castelveder, già alla terza generazione di viticoltori.
Dire Franciacorta vuol dire metodo classico di casa nostra, cioè significa essere al cospetto di un prodotto che, per metodo di produzione e qualità, è assolutamente in grado di competere con gli champagne dei cugini francesi, sebbene il termine Franciacorta non abbia nulla a che fare con i parenti d’oltralpe! Sembra, infatti, che Franciacorta derivi dal latino “curtes francae”, che indicava le piccole comunità (curtes) di monaci benedettini insediatesi nel Medioevo vicino al Lago d’Iseo e che erano esentate dal pagamento dei dazi (francae).
Abbiamo degustato della Cantina Castelveder il loro prodotto più iconico, cioè il Brut da uve Chardonnay, un vitigno a bacca bianca che si presta molto bene alla spumantizzazione sia in purezza sia, come fanno i francesi per lo champagne, in combinazione con il Pinot Nero e il Pinot Meunier, che sono entrambi a bacca nera.
Alla vista questo metodo classico ci appare di colore giallo paglierino, assolutamente brillante con una bollicina fine e persistente, ma non resistiamo a cogliere i suoi profumi intensi di mela matura e di fiori bianchi, tipici dello Chardonnay, combinati con i profumi terziari dell’affinamento, cioè la tipica crosta di pane, la vaniglia, il burro.
Con queste premesse olfattive è difficile resistere all’assaggio, per cui l’immersione sensoriale gustativa è totale con la percezione delle note gustative lunghe e coerenti nelle tonalità fruttate, floreali, minerali, speziate e balsamiche. Tecnicamente si presenta come un vino molto equilibrato, con una persistenza lunga e una dimensione strutturata al punto da poter decretare di essere davanti ad un vino eccellente.
Abbinamenti
Per gli abbinamenti dei vini, se proprio si decide di accompagnarli con un companatico, dal momento che anche da soli i vini si possono degustare con piacere, ci affidiamo solitamente al criterio della territorialità. Al Sauvignon vicentino, quindi, si potrebbe abbinare in antipasto un piatto di salumi e formaggi molto delicati, non troppo grassi e nemmeno tanto stagionati, ma anche un primo con verdure poco invadenti o un secondo a base di uova e asparagi. Il Franciacorta Brut, invece, a dispetto della sua territorialità, lo vediamo molto bene con un antipasto a base di frutti di mare con ostriche, scampi crudi, fasolari, cozze pelose, ecc. Noi lo abbiamo provato così e lo abbiamo apprezzato davvero tanto! Prosit!