(Articolo sui depuratori della Valchiampo da VicenzaPiù Viva n. 299, sul web per gli abbonati).
“Acque del Chiampo”, struttura a partecipazione pubblica, è in prima linea anche per il monitoraggio dei PFAS, fin dal 2013.
Non ci sono dubbi sul fatto che il territorio della Valchiampo è il più monitorato d’Italia con le sue oltre 50 centraline stabili che controllano il livello dell’aria, i sistemi di verifica a monte e a valle dell’acqua e un mega depuratore che filtra i carichi da lavorazione di 130 concerie, con una capacità di smaltimento che potrebbe servire 1,6 milioni di abitanti.
La gestione del servizio idrico integrato di 10 comuni della Valchiampo e zone limitrofe ed il
controllo dei livelli di inquinamento sono in carico ad “Acque del Chiampo”, una struttura che annovera 193 dipendenti, di cui due terzi rappresentano l’unità operativa che interviene anche nelle situazioni emergenziali ed opera h24. Ci sono tre direzioni tecniche che coprono i settori operativo, delle infrastrutture e della progettazione.
Come si diceva, da tempo i reflui conciari non vanno più nel Chiampo ma confluiscono negli stabilimenti di depurazione.
Il direttore è Andrea Chiorboli che sottolinea un piano di investimento importante per il 2026/2027 di ben 69 milioni per mantenere alta l’efficienza della depurazione industriale attraverso la realizzazione di nuovi impianti sempre più moderni. Ma non sarà l’unico investimento ed altri ne sono già stati fatti.

Salute e ambiente
“Abbiamo investito 9 milioni di euro per il centro idrico di Canove – afferma Andrea Chiorboli – dove abbiamo realizzato il trattamento delle acque per il contenimento delle sostanze PFAS, un progetto che rientra nei 37 milioni spesi per l’eliminazione totale dagli acquedotti.
Investiamo molto anche sull’attività di ricerca e di laboratorio per poter fare indagini su altre sostanze micro inquinanti, in modo da essere sempre al passo con le normative europee che, giustamente, sono sempre più restrittive.
“Acque del Chiampo” ha sempre rispettato i limiti PFAS ed è sempre stata sul pezzo anche con interventi in anticipo rispetto alle varie situazioni perché abbiamo sempre lavorato a stretto contatto con i Comuni soci, che sono stati sempre molto attenti e sensibili”.
In effetti i primi interventi risalgono al 2013, diciamo la prima fase di somma urgenza dopo le prime segnalazioni e con l’installazione dei primi filtri a Brendola e nei paesi più colpiti. Una seconda fase, nei successivi 5 anni, è stata dedicata alla messa in sicurezza con i filtri a carboni attivi e l’eliminazione dei pozzi più inquinati che hanno permesso di raggiungere la stabilizzazione dei valori.
Infine la terza fase dopo l’introduzione della normativa nazionale che ha indicato i valori limite nel 2023 con la messa in sicurezza di tutti i sistemi acquedottistici.