(Articolo su Tommaso Cevese di Federica Zanini da VicenzaPiù Viva n. 294, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Ancora fresca di stampa, è appena uscita la sua antologia poetica Iridescenze per Guido
Miano Editore-Milano, ma la passione di questo vicentino per i versi, la musica, la storia,
la filosofia, la fotografia e per la sua terra è un fiume in piena. Inarrestabile e trascinante.
Come si fa a parlare semplicemente di figlio d’arte, quando le arti sono più d’una? Quando dalla linfa originaria prende vita un albero tutto nuovo, dalle infinite, magiche ramificazioni?
Dal padre Renato – celebre storico dell’arte e dell’architettura vicentino, tra i fondatori dell’associazione degli Amici dei Monumenti, dei Musei e del Paesaggio per la città e la Provincia di Vicenza (APS), promotore di Vicenza città Unesco, a lungo direttore del Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio, membro dell’Accademia Olimpica,
Medaglia d’Oro ai benemeriti della cultura e dell’arte – Tommaso Cevese ha certamente ereditato l’amore per e la dedizione al territorio berico, in tutte le sue caratteristiche tipicità e sfaccettature.
Tra le mille cose con cui dà ritmo alla sua vita, infatti, Tommaso si (pre)occupa di indagare, cantare, promuovere e immortalare il territorio.
Se il padre si è schierato soprattutto in difesa del patrimonio artistico e architettonico, le ville in particolare, del Vicentino, muovendo passi determinanti per la sua iscrizione nella Lista Unesco del Patrimonio Mondiale dell’Umanità, Tommaso – che è comunque vittima dello stesso incantesimo – allarga il suo cuore, la sua penna e il suo obiettivo fotografico a quello che è il patrimonio naturalistico di queste terre.
Tommaso Cevese è tanti talenti, che convivono tutti insieme appassionatamente. Incarna tutto ciò che gli consente di esprimere le sue tante emozioni. È insegnante, musicista, poeta, fotografo e chissà quanto altro che non ha il tempo di svelare.
La sua biografia è lunga, affollata e variegata. Cevese è laureato in Lettere moderne con indirizzo musicale e in Filosofia con indirizzo epistemologico, professore di storia e filosofia al liceo Quadri – che da illuminato organizza lezioni interdisciplinari di storia e di ascolto della musica con la “nostra” soprano Alessandra Borin (ndr. autrice della rubrica che esordisce su questo numero), sensibile e “colorato” fotografo naturalista ma non solo, scrittore, poeta e musicista.
Assolto il dovere di cronaca, c’è da dire che a noi tutto sommato poco importa della biografia nei nostri ritratti: quello che indaghiamo è l’uomo che ne esce.
Lo stesso dicasi per la bibliografia: elencare tutti i tanti volumi – tra fotografia, poesia e turismo – di cui è autore o co-autore Cevese servirebbe solo a rubare spazio prezioso al racconto della sua anima.
Cominciamo allora dalla creatività, condita di caparbietà, che lo distingue fin da giovanissimo. A 22 anni, già appassionato di musica e ammiratore del padre, desidera un pianoforte su cui esercitarsi, ma Renato, laureato al Conservatorio, rifiuta di noleggiarne uno per il figlio, di cui stronca (o almeno ci prova) l’entusiasmo affermando che ha mani troppo piccole e non è abbastanza metodico per fare il pianista.
Tommaso, però, non si arrende e si arrangia da autodidatta. Oltre ad avere un bel caratterino, ha molto orecchio e una predisposizione per l’ascolto musicale. Nei suoi viaggi in treno da pendolare universitario non fa che fischiettare – in suoi personali riadattamenti – i temi musicali ascoltati qua e là. Nasce così, sui binari, la sfida di arrivare a scrivere le proprie composizioni. Tre o quattro lezioni con padre Antonio Cozza – altro vanto vicentino, per diciassette anni organista del Duomo, deceduto tre anni fa – e arriva il primo brano firmato Tommaso Cevese. Il neo-compositore continua poi ad ascoltare, ispirarsi, suonare e scrivere alacremente sui suoi amati quadernoni, che ancora conserva.
Qualche lezione, questa volta con Pierangelo Valtinoni, rinomato compositore di Montecchio Maggiore, e nasce la sua prima Ave Maria, ancora mai suonata e attuale ‘grillo per la testa’ di Tommaso, che ritiene sia “giunta l’ora di riprenderla in mano”. C’è poi un’altra sua Ave Maria, per piano, oboe e soprano (ancora la “nostra” Borin), invece offerta al pubblico lo scorso settembre in occasione del 15° anniversario della morte del padre, eseguita nella cornice di Palazzo Leoni Montanari insieme ad Alessandra Borin. Nel frattempo, però, sui quadernoni prima e sugli spartiti poi, danzano e si posano le note di diverse composizioni originali, per pianoforte, flauto, organo, violoncello, tromba e arpa.
È testardo Cevese, ma non si intestardisce su un solo strumento, né sul singolo talento. Svolazza con eleganza e curiosità, le antenne sempre ben alzate, tra un’emozione e l’altra, che si tratti delle note sul pentagramma, i tasti del pianoforte, i versi di una poesia, la risposta dei suoi ragazzi a scuola, le inquadrature della sua macchina fotografica. Ma anche i sentieri delle sue montagne, tra esplorazioni e scatti di cui poi riempie le guide turistiche al territorio.
Il babbo, nel 2005, ha pubblicato la prima guida in assoluto alla nostra città (Vicenza. Ritratto di una città), oggi lei continua a tracciare il suo solco, ma abbraccia l’intero territorio con un occhio di riguardo alle ville palladiane, di firma o di stile che siano, ma con una passione particolare per altri capolavori, quelli di Madre Natura.
«Si, inevitabile quando ami la tua terra non renderle omaggio. Soprattutto se lo merita, come quella berica. Papà ha lavorato tanto perché lo straordinario patrimonio storico e architettonico di Vicenza non solo non fosse trascurato, ma fosse salvaguardato e passasse sotto tutela Unesco. Io personalmente ho curato e fornito la documentazione fotografica per l’inserimento nella Lista Mondiale. Continuo, come lui, ad avere il pallino delle ville venete, che non mi limito a fotografare e porre al centro di iniziative editoriali,
ma da cui traggo continue ispirazioni. Nel 2010 mandai il mio libro su Villa Velo Guardini di Isola Vicentina a Papa Benedetto; mi rispose il segretario del pontefice, inviando per suo conto la benedizione apostolica. Tornando agli input ricevuti da papà, negli anni Novanta aveva avuto l’idea di un sentiero che ripercorresse le tracce geo-letterarie di Antonio Fogazzaro, a Tonezza; ne è nata la mia guida, realizzata con Chiara Faresin, Il Cammino Fogazzaro-Roi, cui ho in programma di far seguire, l’anno prossimo, Il Cammino Rigoni Stern, con la chicca di un’introduzione al violino e al piano. Nel frattempo, sempre per Cierre, sto lavorando ai testi di Valli d’incanto tra l’Astico e Posina, un libro fortemente evocativo, la cui parte fotografica ho già finito di curare, in cui a raccontare è un emigrato di ritorno alla sua terra. Tra i progetti per il prossimo futuro c’è infine un vasto libro sulla Pedemontana del Brenta e l’Altopiano dei Sette Comuni».
La sua opera è stata definita sensoriale. In ogni sua declinazione, parte da emozioni veicolate da tutti e cinque i sensi. Io la trovo anche perfetta come l’8 dell’infinito: il poeta che scrive versi, che trova la poesia nel paesaggio e lo immortala con colori e luci poetici, che si riempie di sensazioni che poi traduce in musica, componendo brani a loro volta poetici… e via così in uno straordinario circolo virtuoso.
«Per me è una cosa naturale, che non decido. È tutto espressione dei miei sentimenti e in tutto metto sentimento. Un’espressione artistica non esclude, non preclude e non prevarica l’altra. Al contrario, le mie creazioni fondono spesso più espressioni. Un esempio davvero singolare? Mentre la mia antologia poetica Iridescenze, cui tengo molto ma che è il frutto di una mia pur entusiastica adesione a un progetto più ampio dell’editore, è appena approdata in libreria, nel 2025 pubblicherò Fili di vita, un libro tutto mio, particolarissimo, che unirà poesia (di impronta filosofica), foto e musica (che si potrà ascoltare tramite QRcode). È un’opera, tornando al discorso delle diverse espressioni artistiche, che mi rappresenta davvero tanto. Infine, sto lavorando al libro di foto e poesie Dialogo con la mia ombra».
Non è uno che se la tira, detto in maniera non esattamente poetica, Tommaso Cevese, è che inevitabilmente, una volta che l’hai conosciuto, te lo ritrovi un po’ ovunque.
Ovunque ci sia lo splendore del mondo da accogliere, che è poi, secondo Goethe, la vocazione del vero poeta.
Sul sito www.tommasocevese.it si può scoprire nei dettagli chi è davvero, tutto quello che ha fatto, sta facendo e farà, e qualche chicca, come i video di Alessandro Quasimodo, figlio del Premio Nobel Salvatore, che legge alcune sue poesie, scelte personalmente e accompagnate da particolari ambientazioni.