(Articolo di Federica Zanini sull’anti-sushi da VicenzaPiù Viva n. 302, sul web per gli abbonati).
Sushi, sushi, sempre sushi. Sushi di qua, sushi di là, sushi giapponese che troppe volte è invece cinese, sushi all you can eat e sushi da mutuo in banca. Sushi con gli amici, con la fidanzata, con i colleghi di lavoro, per una ricorrenza speciale ma anche senza bisogno di un pretesto. E basta!
Non che non cada pure io in tentazione una volta ogni tanto, eh. Però mi pare la moda sia ormai… smodata. Tutti vogliono il sushi, tutti si mettono a fare il sushi.
È diventato quasi una sorta di pane (anzi, riso) quotidiano, tanto che alla fine fa quasi più “esotico” andarsi a mangiare una normalissima, gustosissima, verace pizza (non v’allargate però: ordinarla con l’ananas non è esotico, è sacrilegio).

Chiariamoci. Con le scorpacciate di roll, sashimi, nigiri, onigiri, maki, uramaki e temaki che con una certa ricorrenza mettono la mia famiglia intorno a un tavolo con il grande pregio di soddisfare tutti, giovani e meno giovani, non posso (e non voglio) smettere, ma a casa, ai miei fornelli, la tradizione la tradisco a modo mio, senza voltarle le spalle in favore di cucine etniche, ma semplicemente reinventando i nostri invidiabili e inimitabili sapori. Ed evitando al contempo lo spreco.
Ed eccola lì quella ciotola di riso bianco avanzato. Eccola lì l’occasione di fartela vedere, caro il mio sushi. Eccola lì, frugando ancora nel frigo, l’ispirazione dell’anti-sushi, il sushi de noartri.
Per prima cosa, fate bollire di nuovo il riso bollito fino a scuocerlo, così che raggiunga una consistenza tale da incollarsi un po’ e riuscire a mantenere la forma senza “sbriciolarsi”. Lasciatelo quindi raffreddare bene.

Nel mentre, scottate appena in acqua bollente e salata le foglie di cavolo cappuccio (ma andranno bene anche di verza o coste), scolatele e fatele asciugare bene su un canovaccio, quindi asportate con un’incisione a triangolo la parte dura centrale. Su un doppio foglio di carta forno, disponete le foglie una accanto all’altra, leggermente sovrapposte, così da formare una base rettangolare, sui cui disporre -con l’aiuto di una spatola- il riso ormai freddo. Pressate bene, salate e passate allo strato successivo. Nel mio caso, piselli saltati in padella, ma andrà bene qualsiasi tipo di verdura cotta. A questo punto un po’ di proteine, che non devono mai mancare, come direbbero i miei figli ben poco veg. Ho optato per delle fette di speck, ma anche qui potete valutare qualsiasi altro affettato, dal prosciutto cotto al tacchino, dalla mortadella alla bresaola ecc.
Per dare un cuore morbido al maxi-roll che nascerà da questa variegata e variopinta stratificazione, ho mescolato del formaggio spalmabile con grana grattugiato e paprika dolce e ho spalmato il mix ottenuto sullo speck. Ancora un po’ di verde con uno strato di zucchine grigliate e qualche pomodorino tagliato a metà. Badate bene a lasciarli distanziati, perché abbiano agio di muoversi quando, dopo averli cosparsi di foglioline di basilico e averli salati, andrete a chiudere il roll.

Questa è infatti l’operazione finale. È un po’ delicata, è vero, ma con l’aiuto della carta forno, movimenti lenti e presa sicura, vi riuscirà perfettamente. Abbiate cura di arrotolare il più stretto possibile. All’ultimo giro, pressate bene per sigillare il rotolo, quindi avvolgetelo bello stretto con la pellicola trasparente. Stringete ancora un po’ con le mani il vostro polpettone per compattare bene i vari strati e riponetelo in frigo per un paio d’ore almeno.
Poco prima di portarlo in tavola tagliate delle fette spesse e, volendo, accompagnatele con una salsa a piacere. Magari a base di yogurt greco ed erbe aromatiche.
Con buona pace di sushi, soia e wasabi. Sayonara, fusion restaurant. Almeno per ora.


