Palazzo Franceschini Folco sorge all’inizio dell’allora Contrada Pusterla, un’area che tradizionalmente era sede di attività “industriali”, grazie anche alla vicinanza con il torrente “Astego”.
Nella seconda metà del Settecento, i fratelli Giovanni e Girolamo Franceschini -famosi setaioli dell’epoca- incaricarono l’architetto Ottavio Bertotti Scamozzi della realizzazione di un edificio che doveva essere più imponente e importante delle costruzioni già presenti, ma che doveva comunque comprendere la filanda e i locali per le attività mercantili preesistenti.
È nato così il primo esempio di casa-fabbrica in città, un’abitazione grandiosa che era anche fondaco e sede di attività commerciali nonché collegata con il retrostante opificio che sfruttava, per il funzionamento delle sue macchine, le acque dell’Astichello.
Nell’Ottocento il Palazzo viene venduto alla famiglia Folco di Schio, che completa l’edificio nelle parti incompiute. Ottocentesche sono anche le decorazioni che abbelliscono l’edificio: di Sebastiano Santi gli affreschi nel soffitto e nelle pareti del salone, e di Giovanni Demin le allegorie nel soffitto dello scalone e nelle tre stanze del primo piano.
Tali decorazioni evocano le virtù sociali dei committenti, negli spazi che rappresentano le caratteristiche “pubbliche” del palazzo. Nel 1927 il Palazzo viene alienato dalla “Società Anonima di macinazione Vercellese”, all’Amministrazione Provinciale di Vicenza.
È dapprima sede del Direttorio Federale del Partito Nazionale Fascista, che lascia il posto, dopo la guerra, alla Questura cittadina. Tra il 1995 e il 2002 la Provincia di Vicenza è intervenuta per restaurarlo; i lavori effettuati hanno permesso di riportare alla luce le decorazioni presenti nel corpo laterale fino a quel momento non conosciute: sono tempere miste ad affresco della seconda metà del Settecento attribuite al decoratore Paolo Guidolini. Nel 2002, inoltre, viene riportato al suo splendore il prospetto principale che possiede riferimenti storici e architettonici degni dei monumenti più importanti del nord Italia.
I restauri hanno permesso – infine – di restituire alla città un edificio che, per le sue caratteristiche architettoniche, storiche e figurative, racconta una parte della storia di Vicenza, che si è voluta conservare attraverso un intervento che ne preserva l’autenticità.
Da Storie Vicentine n. 1 2020