(Articolo di Padre Gino Alberto Faccioli sulle povertà sanitarie da VicenzaPiù Viva n. 299 , sul web per gli abbonati).
Le povertà sanitarie e come superarle alla luce della Costituzione Italiana e del Manifesto di Verona. Sono 4,5 milioni gli italiani che rinunciano a curarsi per ragioni economiche e, in parallelo, per effetto delle liste d’attesa della sanità pubblica.
“Non ho nessuno che mi immerga”. Universalità e diritto di accesso alle cure. È il titolo del XXV Convegno Nazionale della Pastorale della Salute, tenutosi a Verona il 7-15 maggio del 2024. “Non ho nessuno che mi immerga”, è stato declinato dal vangelo di Giovanni, dove un paralitico pur trovandosi vicino alla piscina di Betzatà (luogo dove era possibile guarire), non riesce ad avvicinarsi alla guarigione, perché non c’è nessuno che lo accompagni: il suo problema era avvinarsi alla cura.
Come prendersi cura di qualcuno è un tema che da sempre affascina l’umanità. Siamo passati dalla “Non ho nessuno che mi immerga”: le povertà sanitarie e come superarle alla luce della Costituzione Italiana e del Manifesto di Verona. Sono 4,5 milioni gli italiani che rinunciano a curarsi per ragioni economiche e, in parallelo, per effetto delle liste d’attesa della sanità pubblica semplicità di piccoli gesti di aiuto a forme di cura organizzata sempre più evolute. La sapienza del cristianesimo e il senso di una solidarietà diffusa hanno generato l’istituzione “ospedale” insieme ad altre strutture specializzate. Nel tempo, tutti i paesi nel mondo si sono dotati di un sistema più o meno ampio di assistenza.
In Italia, la cura delle persone affette da problemi di salute ha un carattere universalistico. Chiunque risieda, anche temporaneamente, sul nostro territorio ha diritto ad essere curato.
Tuttavia, oggi, questo più che un diritto sembra essere diventato una sorta di privilegio, legato alla soglia della povertà. Scriveva, papa Francesco, in un messaggio del 13 aprile 2023 all’Associazione religiosa istituto socio-sanitario: «Ci sono persone che per scarsità di
mezzi non riescono a curarsi, per le quali anche il pagamento di un ticket è un problema; e ci sono persone che hanno difficoltà di accesso ai servizi sanitari a causa di lunghissime liste d’attesa, anche per visite urgenti e necessarie! Il bisogno di cure intermedie poi è sempre più elevato, vista la crescente tendenza degli ospedali a dimettere i malati in tempi brevi, privilegiando la cura delle fasi più acute della malattia rispetto a quella delle patologie croniche: di conseguenza queste, soprattutto per gli anziani, stanno diventando un problema serio anche dal punto di vista economico, con il rischio di favorire percorsi poco rispettosi della dignità stessa delle persone».
Le parole pronunciate nel 2023 dall’allora pontefice, hanno trovato conferma nel Rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile) del 17 aprile del 2024.
In questo rapporto, come anche quello della Fondazione Gimbe, emerge chiaro come i dati del capitolo salute sono allarmanti: aumentano a 4,5 milioni gli italiani che rinunciano a curarsi, sia per ragioni economiche sia, soprattutto, per effetto delle liste d’attesa. A far aumentare gli italiani che rinunciano alle cure – l’anno scorso erano poco più di 4 milioni – sono state proprio le attese troppo lunghe.
Nel 2022 4,2 milioni di famiglie hanno limitato le spese per la salute, in particolare al Sud. Secondo i dati ISTAT sul cambiamento delle abitudini di spesa nel 2022 il 16,7% delle famiglie dichiarano di avere limitato la spesa per visite mediche e accertamenti periodici preventivi in quantità e/o qualità.
Risultati sovrapponibili, seppur in percentuali ridotte, vengono restituiti dall’indagine ISTAT sulle condizioni di vita. Il 4,2% delle famiglie dichiara di non disporre di soldi in alcuni periodi dell’anno per far fronte a spese relative alle malattie.
Secondo le statistiche ISTAT sulla povertà, tra il 2021 e il 2022, l’incidenza della povertà assoluta per le famiglie in Italia – ovvero il rapporto tra le famiglie con spesa sotto la soglia di povertà e il totale delle famiglie residenti – è salita dal 7,7% al 8,3%, ovvero quasi 2,1 milioni di famiglie.
Questi dati preoccupanti hanno portato le undici Federazioni e Consigli nazionali dei Professionisti della salute, a partecipare al Convegno di Verona sul tema delle povertà sanitarie e si sono impegnate, a firmare il cosiddetto Manifesto per il superamento della
povertà sanitarie.
In questo documento dopo aver ricordato:
• che le professioni sanitarie e sociosanitarie sono garanti della dignità della persona e del diritto alla tutela della salute al di là di ogni logica di profitto;
• che l’universalità, l’equità e la solidarietà assistenziale sono e devono restare le finalità prioritarie del Servizio Sanitario Nazionale;
• che questo, dopo quarantacinque anni, rappresenta uno strumento in grado di garantire a tutti i cittadini elevati livelli di tutela della salute individuale pubblica, tra i migliori al mondo
alla luce di questa allarmante soglia di povertà indicano alcune possibili soluzioni, quali:
• un Piano Nazionale di Azione per il contrasto delle diseguaglianze nell’accesso alle cure;
• come compito delle autonomie locali garantire a tutti i cittadini il diritto alla tutela della salute (art. 3 e 32 Costituzione Italiana);
• promuovere un regionalismo solido;
• rivedere il sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria degli assistiti;
• garanzia diritto salute non come mero calcolo di utilità economica, ma fondandosi su
“dignità e libertà”, i due capisaldi del Servizio Sanitario Nazionale.
Tuttavia, alla luce del rapporto Bes del 3 marzo del 2025, in cui emerge che la soglia della povertà è rimasta costante se non aumentata rispetto al 2024, le possibili soluzioni sono
rimaste solo dei buoni propositi, e tali rimarranno se non si deciderà di mettere al centro l’essere umano, con la sua dignità e libertà come ricorda il SSN, e non l’aspetto meramente economico.
Infatti, quando i medici, vengono convocati per fissare il budget per il nuovo anno, a loro prima di tutto vengono fatte precise richieste in ordine di entrate economiche, ciò vuol dire che devono aumentare le prestazioni sanitarie con tutto quello che ne consegue.
Per uscire da questa situazione la politica, perché fondamentalmente si tratta di questo, deve avere il coraggio di guardare al passato, alla storia degli ordini e delle congregazioni religiose che hanno nel loro carisma l’attenzione ai malati, di come i fondatori e coloro che hanno proseguito la loro opera hanno messo sempre al centro l’essere umano, uomo o donna che sia, che prima di tutto va accolto ed aiutato e non lasciato in disparte perché «Non ha nessuno che lo immerga» (cf. Gv 5.7).