venerdì, Marzo 29, 2024
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Il Monte di Pietà: l’origine del sistema bancario

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Da un punto di vista storico, il Monte di Pietà può essere inquadrato nella tradizione delle fondazioni religiose cristiane nel Medioevo che, attraverso gli ordini militari (in primo luogo i Templari), non soltanto avevano sperimentato una inedita combinazione di vita religiosa e azioni civili e militari, ma avevano avviato la prima attività bancaria dell’Occidente.

I Templari, i Cavalieri Teutonici, e diversi altri ordini, infatti, non avevano soltanto combattuto tenacemente contro i musulmani, ma anche fornito servizi finanziari efficienti e capillari, inizialmente rivolti ai pellegrini in viaggio verso la Terrasanta e poi estesi a tutta l’Europa, erogando crediti ed impiegando il plusvalore delle loro attività economiche per finanziare gli avamposti combattenti e per il soccorso agli indigenti.

Sotto l’aspetto economico-finanziario, i Templari costituirono una estesa rete finanziaria e, grazie anche ai privilegi concessi dal papa, arrivarono a rivestire un ruolo di tale importanza da prestare agli Stati europei ingenti somme di denaro e gestire perfino le finanze di Stati come la Francia.

Nonostante fossero animati da intenti nobili e facessero un uso oculato delle ingenti ricchezze accumulate, senza perseguire scopi personali, questi ordini monastico-cavallereschi erano comunque divenuti assai potenti ed erano malvisti da alcuni settori della popolazione, anche per il problema morale posto dalla richiesta di pagamento dei servizi. Forse anche per questo quasi nessun operatore cristiano li aveva sostituiti, lasciando campo aperto ai banchieri ebrei e a veri e propri usurai.

A differenza degli ordini monastici e cavallereschi, tra il XII e il XIII secolo nacquero e si diffusero nella cristianità latina gli Ordini mendicanti, il cui voto di povertà non era solo individuale (come per i Templari), ma valeva anche per i conventi e l’Ordine stesso: quanto necessario per la sussistenza doveva essere frutto o del lavoro dei frati, o di elemosine.

Questi nuovi Ordini ben presto si posero il problema dei servizi di credito, sia per ampliare le possibilità di soccorso dei poveri, sia come alternativa ai prestiti ad interesse dei banchieri ebrei. Per rispondere a queste istanze, i Francescani Osservanti, prendendo spunto dagli stessi banchi ebraici e con l’intento di soppiantarli, avviarono attività creditizie operanti con fini solidaristici e soprattutto senza scopo di lucro: i Monti di Pietà. Fino al Medioevo centrale ogni forma di arricchimento basata sul far circolare denaro a interesse era stata bollata come usura; la lezione del grande intellettuale Pietro di Giovanni Olivi aveva però avviato una nuova riflessione sul denaro (testi Sull’usura, Sulle vendite): le riflessioni del francescano occitano sul denaro erano assai spregiudicate, soprattutto se si pensa che l’Olivi era uno strenuo sostenitore della povertà (ma, si noti, soltanto della povertà “volontaria” nella Chiesa).

monte di pietà
Veduta della facciata da Contrà del Monte da una fotografia del 1908.

Agli inizi del Trecento veniva così delineato in un modo nuovo il discrimine tra usura e giusto interesse nel prestare denaro. Fu a questo punto che cominciò a nascere una nuova razionalità economica. Nel Quattrocento si ritrova così, nei predicatori osservanti, una valorizzazione del mercante-banchiere e insieme una feroce condanna dell’usuraio (che nelle prediche si identificava con l’ebreo): un punto di forza degli osservanti fu proprio questa loro alleanza con il nuovo ceto emergente della borghesia.

Esattamente in questo periodo, tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento, cambiò il rapporto con gli Ebrei e incominciò una nuova ondata, forte e violenta, di antigiudaismo: episodi di violenza scoppiavano in occasione del Natale, della festa di Santo Stefano, della Pasqua, e soprattutto in connessione con campagne di predicazione dei frati minori o dei domenicani. Gli osservanti (per esempio il domenicano Vincenzo Ferrer), all’arrivo in una città o in una regione, insistevano perché negli statuti fossero inserite norme per limitare l’attività degli Ebrei (in Savoia nel 1403, a Cuneo poco dopo, etc.): imposizione del segno distintivo, limitazione della libertà di insediamento e di movimento nella città.

È così che, giunti alla seconda metà del XV secolo, le campagne di predicazione degli osservanti contro la ricchezza degli Ebrei si tradussero in un’azione concreta: l’istituzione dei Monti di pietà. Il principio del Monte di Pietà era l’asta. Fino ad un certo punto, il Monte di Pietà funzionava come un banco ebraico: concedeva piccolo credito su pegno; ma se il debitore non riusciva a saldare il debito, il pegno doveva essere messo all’asta in città, non venire rivenduto altrove. In questo modo il bene restava all’interno della comunità, che così – nel suo complesso – non si impoveriva.

Quando i Monti di Pietà furono istituiti, molto acceso fu il dibattito sulla liceità dell’imposizione di un tasso di interesse. Alcuni (sulla scorta, per esempio, di Tommaso d’Aquino) consideravano infatti inammissibile l’interesse, in quanto vietato dalla morale cristiana (Cfr. Lc 6,34-35); fu proprio per questo motivo che gli Ebrei, ai quali erano state vietate tutte le attività professionali che facevano capo alle corporazioni, avevano sviluppato l’attività finanziaria prima dei cristiani, i quali, pur sfruttando questo loro servizio, continuavano a considerarli avidi e strozzini.

Alla fine, comunque, nei Monti di Pietà furono ammessi tassi oscillanti tra il 6 ed il 10%, considerati una forma di protezione contro le insolvenze, così da consentire la sopravvivenza del Monte stesso ed un autofinanziamento utile per ampliarne le possibilità di soccorso (in sostanza, l’interesse non era un “costo del denaro” prestato, ma un “costo del servizio” operato dal Monte, con una giustificazione etica molto simile a quella che ispira anche la finanza islamica.

Di Davide Lovat da Storie Vicentine n. 5 Novembre-Dicembre 2021


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