domenica, Gennaio 5, 2025

La Gypsoteca di Antonio Canova: uno scrigno nascosto tra le colline venete

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È una mattina di fine dicembre riscaldata timidamente da raggi di sole che si fanno spazio tra le nebbie di campagna. Approfittando del tempo libero di fine settimana, ho deciso di andarmi a visitare un posto che da un po’ mi incuriosiva: Possagno, in provincia di Treviso, e le tracce lasciate da un artista conosciutissimo, Antonio Canova, e nato proprio lì il 1º novembre 1757 e morto a Venezia il 13 ottobre 1822

Il paesaggio a mano a mano dalla pianura diventa ondulato, con i filari di vigneti che contornano le dolci colline, le casette di campagna sparse qua e là, i boschi spogliati dal freddo dell’inverno rendono tutto molto suggestivo e diverso rispetto alla classica città e, se tutto ciò fa da sfondo ad un pranzo dai sapori caratteristici con vista, il risultato non potrà che sorprendere, sempre che siate buongustai sia con il palato che con gli occhi!

Tempio di Antonio Canova, Chiesa della Santissima Trinità, Possagno (foto di Virginia Reniero)
Tempio di Antonio Canova, Chiesa della Santissima Trinità, Possagno (foto di Virginia Reniero)

Prima di visitare la Gypsoteca (si chiama così un museo che conserva riproduzioni in gesso, in greco gypsos, di statue in bronzo, marmo e terracotta), vi consiglio di entrare nel Tempio del Canova e completare la visita salendo fino alla Cupola di questa Chiesa – ho scoperto in loco che è usato ancora come chiesa parrocchiale del paese -, ottimo punto di osservazione del luogo con perdita d’occhio che in una limpida giornata arriva fino alle lontane colline euganee che si perdono all’orizzonte.

Pronao con le colonne del Tempio al calare del sole (foto di Virginia Reniero)
Pronao con le colonne del Tempio al calare del sole (foto di Virginia Reniero)

L’imponenza del tempio la si inizia a percepire già imboccando il lungo viale in salita che porta dritto al piazzale del santuario. Di questa maestosa costruzione, che si staglia in pieno equilibrio architettonico sullo sfondo delle colline verdi e silenziose si rimane colpiti dal pronao, il loggiato sorretto da possenti colonne doriche che creano chiaro scuri di luce bellissimi richiamo evidente al Partenone di Atene.

Entrando lo spazio è avvolgente proprio perché il corpo centrale è di forma circolare, simile al Pantheon di Roma, con varie nicchie impreziosite elegantemente da statue e bassorilievi, illuminati dalla delicata luce che filtra dalla sommità della cupola sovrastante decorata a cassettoni. Il significato simbolico rappresenta il cielo stellato, richiamando l’idea di divinità e trascendenza.

Interno del Tempio Canoviano con dettagli della cupola, Possagno (foto di Virginia Reniero)
Interno del Tempio Canoviano con dettagli della cupola, Possagno (foto di Virginia Reniero)

Dopo questa primo accenno alla maestria architettonica dell’artista, la tappa è la casa natale di Antonio Canova che ora ospita proprio il Museo.

Entrando qui, si respira proprio un clima di Neoclassicismo e sperimentazione artistica come testimoniano i suoi modelli in gesso di varie dimensioni, gli strumenti di lavoro quali bulini e le spatole, la riproduzione in terracotta dei primi esemplari di capolavori senza tempo.

Sono rimasta a bocca aperta nel vedere come può una semplice piccola terracotta modellata diventare una statua di marmo talmente verosimile al reale da far rimanere sbalorditi.

Ma ciò che più stupisce, specialmente se la si visita al calare del sole, è l’Ala Ottocentesca dove il bianco dei gessi con tutto l’ambiente anch’esso bianco crea una purezza quasi palpabile e vorrei dire divina. Qui sono conservati i modelli originali da cui sono stati plasmati i più grandi capolavori del genio di Antonio Canova che oggi, sono custoditi nei più prestigiosi musei del Mondo!

All’ingresso subito i visitatori sono accolti con quello che è l’unico esempio delle varie fasi della realizzazione di un’opera canoviana.

Il lavoro di realizzazione prevedeva, infatti, una serie di passaggi, che l’artista stesso descrive nei suoi scritti. Il primo momento riguardava l’ideazione del soggetto attraverso il disegno, per poi il dare vita a modellini in argilla, a volte cotti e quindi più solidi. Era questa una fase decisiva perché la scultura iniziava a essere tridimensionale. Seguiva, poi, un modello in argilla, che finalmente aveva le dimensioni desiderate, e da questo ricavava la cosiddetta “forma” in gesso. L’unico esempio ancora tangibile dell’intero percorso creativo è l’Adone incoronato da Venere, che che si trova, appunto, all’ingresso della gypsoteca.

Tra le sculture più celebri, il cui modello in gesso si trova nella gipsoteca di Possagno, vanno menzionate Dedalo e Icaro, Venere e Adone, Venere e Marte, Ercole e Lica, Amore e Psiche e, ovviamente, Le Grazie, che racchiudono in un’unica opera tutti gli elementi connotativi del Neoclassicismo, di cui Canova fu sublime rappresentante. Da menzionare anche Perseo, Teseo sul Minotauro e Teseo e il centauro, che possono essere considerate composizioni con un unico protagonista, tratto sempre dal mito greco.

Ala Scarpa con le terrecotte e in fondo le Tre Grazie, Gypsoteca di Antonio Canova (foto di Virginia Reniero)
Ala Scarpa con le terrecotte e in fondo le Tre Grazie, Gypsoteca di Antonio Canova (foto di Virginia Reniero)

A chiudere le rappresentazioni preparatorie delle grandi statue ecco, infine, la copia anticipatrice del Monumento a Vittorio Alfieri, per Canova emblema della nuova Italia da realizzare, ispirata direttamente alla civiltà greco-romana, a cui la nostra, ormai prossima, nazione si sarebbe dovuta ispirare e, capolavoro conclusivo, il busto di se stesso, la copia in gesso di un autoritratto che è auto celebrativo.

Un museo importante, quindi, e, soprattutto, meritorio, quello con i gessi di Canova, perché è unico nel suo genere e c’è tutto il suo mondo di sculture che l’hanno reso immortale.

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