(Articolo di Federica Zanini su come riciclare la polenta avanzata da L’AltraVicenza allegato a VicenzaPiùViva n. 296, sul web per gli abbonati, acquistabile in edicola in versione cartacea).
Ci siamo. La primavera si affaccia, neanche troppo timidamente. Quel germogliare nuovo nei prati, sui rami e negli orti stuzzica la voglia di una cucina leggera, fresca, colorata… Ma non qui, nel profondo Veneto. Qui so di giocare in casa. Qui è ancora, anzi sempre, tempo di polenta! Spezzatini, arrosti, baccalà, formaggi alla piastra, sopressa alla griglia, pesci in umido possono anche avere i giorni contati (chi ci crede?) ma lei, la regina di piatti poveri diventati gourmet, è una tentazione quattro stagioni. Non solo nelle feste e sagre di paese da qui all’eternità, ma anche nelle case.
Polenta sempre presente. E abbondante.
Riciclarla è un gesto antico, spontaneo, radicato in tempi in cui quel miracolo di farina di mais e acqua riempiva piatti e stomaci da colazione a cena, senza attingere al borsellino vuoto.
Con la ricetta antispreco di questo mese, dunque, non ho l’ardire di insegnare quello che è già golosa e saggia tradizione. Abbrustolita od onta, talora trasformata in gnocchi e persino in frittelle dolci e salate, semplicemente affogata nel latte caldo (che ricordi!), la polenta in Veneto semplicemente non si butta.
Questa volta non è il riciclo (che comunque resta imperativo) a muovere le mie dita sulla tastiera, ma il cuore, la nostalgia. Questa volta non devo inventarmi niente, solo pensare intensamente alla mia mamma e alle sue famose cestine di polenta. Un piatto semplice eppure strutturato, una creazione buona e anche bella, una leccornia da consumare in famiglia ma con cui poter sorprendere gli ospiti. E a casa nostra ne giravano tanti!
Il che mi fa pensare a un altro pregio di questo piatto: sazia, senza appesantire. E
comunque val la pena di concederselo, tanto – come detto – per insalatine, radicchietto, erbe di campo e altre meraviglie da prova costume, la stagione è solo all’inizio.
Ecco come procedere. Passate la polenta, rigorosamente almeno del giorno prima, nello schiacciapatate o nel passaverdura, avendo cura di scegliere la trama a buchi grossi.
In una terrina, in cui avrete aggiunto una o due uova intere, a seconda della quantità del vostro avanzo, mescolarla a tutta la farina bianca che l’impasto “chiama” (la quantità dipenderà molto dalla densità della polenta e dal suo grado di umidità).
Una volta ottenuto un impasto bello denso e lavorabile, regolate di sale.
A questo punto, preparate un vassoio cosparso di farina o ricoperto di carta forno, un piatto con della farina bianca e una ciotolina di acqua. Bagnandovi leggermente i palmi delle mani, formate delle palle non troppo piccole (la misura di un bell’arancino e anche più) e infarinatele, disponendole sul vassoio.
Finito l’impasto, procedete a formare i “nidi”: con il fondo di un bicchiere infarinato, premete al centro delle palle per crearvi lo spazio necessario ad accogliere il ripieno, avendo cura di non rompere i bordi e, anzi, raccogliendoli attorno al buco.
Preparate un altro vassoio, ricoperto questa volta di carta assorbente. In un tegame dai bordi alti, scaldate bene abbondante olio di semi, insaporendolo magari con uno spicchio d’aglio, che tra l’altro vi segnalerà quando l’olio ha raggiunto la temperatura ideale. A quel punto ricordatevi di toglierlo, perché brucerebbe e lascerebbe un sapore amaro.
Immergete una o più cestine, a seconda del tegame scelto, nell’olio bollente e fate dorare per bene, avendo cura di girarle anche dall’altra parte.
Scolate bene e posizionate a testa in giù sul vassoio, così che eventuale olio in eccesso coli giù. Per lo stesso motivo (ma, se l’olio è alla giusta temperatura e l’impasto della giusta consistenza e non bagnato, il fritto risulterà leggero, tranquilli), una volta fritte tutte le cestine, tamponatele anche sopra con altra carta assorbente. Lasciate riposare.
Nel frattempo, trifolate in una padella con poco olio e qualche spicchio d’aglio dei funghi. In questa stagione vanno benissimo quelli surgelati (consiglio, per evitare che l’acqua prodotta rischi di lessarli, di scongelarli in anticipo in un colino), purché abbiano una buona percentuale di porcini. Agli amanti dei sapori decisi propongo di rafforzare il misto bosco con qualche porcino secco, messo precedentemente ad ammollare in acqua. A piacere, aggiungete una manciatina di prezzemolo tritato a fine cottura.
Mentre i funghi cuociono, preparate dei cubetti di formaggio a vostro gusto. Io ho compensato il sapore deciso del taleggio con dell’Asiago fresco.
Ci siamo: disponete le cestine, ben asciugate, a testa in su sopra la placca del forno, rivestita di carta forno. A questo punto, riempite ogni cestina con una base di funghi ben asciutti e ricoprite con abbondante formaggio. Spolverate con un po’ di pepe e sale e infornate a 200 gradi, giusto il tempo di far sciogliere il formaggio e farlo dorare appena appena. Ed ecco pronti i miei nidi di sapore e di amore. Grazie mamma.