Anche nel corso dell’Ottocento la moda ed il look creavano un vero e proprio status symbol variegato e multiforme e sempre attento alle nuove e popolari tendenze. Anche Vicenza seguiva la moda dell’epoca.
In particolare erano presenti tre ditte (Panzoni, Carraro e Castellan) che vestivano i vicentini. Gli uomini più facoltosi erano soliti portare pantaloni, gilet, giacca, camicia, cravatta tipo foulard, soprabito, cappotto a falde, pastrani, cappelli di vario tipo, rigidi o di feltro colorati.
I convittori dell’aristocratico collegio San Marcello portavano la feluca (cappello retaggio settecentesco stile Napoleone) sotto il braccio. Nei contadini persistevano le “brache corte, i velluti e le tele grigie o tabari, mantelle”.
I preti indossavano “foggie attillate col tabarrino a striscia, col collettino di perline cilestri, e l’ampio tricorno”. Specialmente di moda era il taglio di capelli cosiddetto “alla Fieschi”, le basette “alla Palmerston”, baffi alla tedesca e pizzetto cosiddetto all’italiana. Per quanto riguarda l’universo femminile, foleggiava il “toupè alla Grisi” imitazione dell’acconciatura del soprano italiano Giulia Grisi.
I corsetti si chiamavano “alla Pompadour”, “all’Antonietta” e “alla Giuseppina”. Anche le donne portavano cappelli “all’Ernani” per la fama del bandito omonimo, soprattutto per esprimere ribellione, cosicché gli Austriaci lo dovettero vietare e poi si usavano berretti “alla Calabrese”, “alla Garibaldi” e “alla Bolivar” (patriota che lottò per l’indipendenza del Venezuela). Naturalmente c’erano cappelli femminili con pizzi e velette.
Gli abiti erano sempre di tendenza accompagnati da monili. Le mode allora, come le sete e le stoffe, duravano anni, a differenza delle odierne “che possono dirsi giornaliere”.
Di Loris Liotto da Storie Vicentine n. 7 marzo-aprile 2022