giovedì, Novembre 21, 2024
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L’arte di Francesca Candito in mostra al bar Matteotti di Vicenza: “gli artisti devono vivere e andare incontro alla gente”

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L’artista valtellinese Francesca Candito, con base operativa a Milano e più recentemente Verona, finalista di diversi premi e protagonista di molte mostre e più recentemente di una monografia, sta esponendo le sue opere vicino a una pinacoteca importante anche se poco sfruttata, cioè quella del Chiericati, ma comunque fuori dai luoghi di solito consoni alle esposizioni, cioè appunto i musei e le gallerie, cioè il bar Matteotti di Vicenza. Un locale che non è certo estraneo all’arte, come può notare qualsiasi avventore entrando e scorgendo i vari libri esposti e le poesie attaccate alle pareti e considerando le molte presentazioni di libri e concerti che ivi avvengono. Abbiamo dunque deciso di fare quattro chiacchiere con Candito per farci spiegare la sua scelta e, per quanto possibile in poche righe, la sua arte.

Perché Vicenza?
Il mio primo collezionista che ha comprato il mio quadro quindici anni fa mi ha sempre seguito, io abito a Verona non da tanto tempo perché la mia città di riferimento prima era Milano. Ora lui si trova spesso a lavorare a Vicenza negli ultimi anni e mi ha detto che voleva farmi conoscere ai vicentini e siccome conosceva il gestore di un bar (Loris Azzolin, n.d.r.) che è appassionato dell’arte e della cultura, ho accettato questa forma di esposizione diversa dal solito anche per portare l’arte fuori, il più possibile vicino alle persone, fuori dal contesto tipico dell’arte, facendo trovare l’inaspettato alle persone e con l’artista che va incontro alle persone comunicando con il mondo esterno.

L’idea di esporre in un bar è nuova per lei o lo ha già fatto?
Esporre in un bar è una cosa nuova per me, ma è voluta, nasce dalla mia volontà di andare dove c’è la gente, perché le gallerie sono vuote in questo momento; io ho una galleria in centro Duomo a Milano e una in Germania, ma voglio andare incontro alla gente; io dedico tutto il mio tempo all’arte e ho scelto di fare solo questo.

Il tono dei suoi quadri, possiamo definirlo gotico e dark? È una fase o è il suo stile ricorrente?
Molto spesso la gente ha paura del nero, ma è un preconcetto; nel mio caso uso il nero per evidenziare la luce, quindi il nero non è definibile dark, ma piuttosto una quinta teatrale per evidenziare l’espressione delle persone, e con espressione intendo non solo il volto, ma tutto quello che c’è; non è una fase, non è un caso, io mantengo sempre elementi di acqua e olio, a scuola ci hanno sempre insegnato che acqua e olio non si mischiano, ma è un altro preconcetto; per cercare di avvicinarmi sempre di più al volto che mi restituisce la storia ho sempre messo insieme elementi di acqua e olio, e in un libro su Leonardo da Vinci ho scoperto che lui faceva lo stesso e mi è venuto da sorridere perché spesso non facciamo una cosa solo perché ci hanno detto di non farlo.

Francesca Candito opere
Francesca Candito opere

C’è un’ispirazione particolare, nella realtà o in altri artisti, per i suoi quadri?
Io non ho mai copiato un volto da un’immagine o da una persona, la mia ispirazione è la vita; io sto anche giorni a dipingere il fondo nero e questo mi serve per entrare in profondità e mi faccio guidare dalla definizione di questo volto e mi faccio portatrice di queste forme; molti artisti mi dicono che si ispirano viaggiando e andando a mostre, io se potessi dipingerei tutto il giorno, ho molta ispirazione, anzi, il problema è il contrario, cioè contenere tutto quello che ho dentro.

Molti dei volti da lei dipinti sembrano tristi. È d’accordo?
Io non direi che sono volti tristi, sono volti di persone che si stanno ritrovando, molti si fermano alla tristezza, ma c’è molto di più, è una sorta di processo di risveglio, sia del soggetto dipinto, sia dello spettatore che sta guardando, quindi c’è una forma di stupore, è tutto in movimento, sia lo spettatore sia il volto, che descrive una vita e forse non una sola, ma tanti passati, c’è quello sguardo di inaspettata visione, di risveglio.

L’artista ha poi un messaggio per tutti gli artisti o aspiranti tali, in tutti gli ambiti artistici, siano essi, cinema, musica, poesia, letteratura, scultura, videoarte etc.
Vorrei sfatare uno dei tanti luoghi comuni circa il fatto che è difficile campare solo della propria arte; questo è un preconcetto che va tolto. Mio padre mi diceva di non fare l’accademia di Brera, io ho fatto architettura e sono contenta, per l’impostazione che mi ha dato, ma ho deciso di fare solo l’artista e l’arte può essere cibo per i miei figli. L’artista non deve essere distratto, quindi consiglio di scommettere tutto e andare avanti e tutto quello che deve arrivare prima o poi arriva. È importante dare il messaggio che qualsiasi forma di arte va portata avanti e chi vuole fare l’artista non può fare altro e non deve avere il problema di sopravvivere, deve vivere, e non sopravvivere.

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