martedì, Luglio 22, 2025

La montagna come cura, ma attenzione ai rischi per la salute in alta quota

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ROMA (ITALPRESS) – Trascorrere del tempo in montagna fa bene al corpo e alla mente. Innanzitutto in montagna aumenta la probabilità di attività fisica all’aria aperta, che rafforza i muscoli e le ossa e stimola il sistema cardiovascolare e il sistema nervoso. Anche il benessere psicologico migliora: camminare tra i boschi, immergersi nel silenzio dell’alta quota o semplicemente osservare un paesaggio alpino riducono lo stress, migliorano l’umore e favoriscono il sonno. Tuttavia l’ambiente montano può anche presentare delle sfide: l’altitudine comporta una minore disponibilità di ossigeno, costringendo il cuore a lavorare di più. Le condizioni climatiche variabili, il freddo intenso e gli sforzi fisici possono inoltre aggravare problemi preesistenti: è fondamentale quindi affrontare la montagna con consapevolezza, informazione e preparazione. “Salire in montagna si associa a una riduzione della pressione barometrica: questa condizione causa una riduzione della pressione respiratoria dell’ossigeno e tale problema si ha soprattutto oltre i 2.500 metri di altezza”, ha detto Lorenza Pratali, coordinatrice del gruppo di ricerca Medicina di montagna presso il Cnr di Pisa, intervistata da Marco Klinger per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.

Tale scenario è meglio noto come ipossiemia e, spiega Pratali, “fa scattare un allarme: noi siamo macchine quasi perfette e al livello della carotide abbiamo dei corpuscoli che stimolano immediatamente una risposta cardiovascolare, che inizia dopo qualche secondo; aumenta la frequenza cardiaca, perché dobbiamo spingere più velocemente il sangue perché vada in circolo. I soggetti con malattie cardiovascolari di qualsiasi tipo possono andare anche oltre i mille metri, la controindicazione è legata alla gravità di queste malattie: è necessario che a valutarle sia un cardiologo con esperienza in medicina di montagna”. Un altro aspetto su cui si sofferma è il valore terapeutico dell’esperienza montana: “Di solito chi ci va lo fa per attività fisica, camminare permette di godere le bellezze paesaggistiche e di muoversi per più tempo rispetto a quello che si impiegherebbe a casa. L’Oms ci dice che per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari è meglio fare almeno 300 minuti di attività fisica o aerobica moderata ogni settimana: quando si va in montagna le camminate migliorano il metabolismo, riducono i valori della pressione a lungo termine e il peso corporeo; sono tutti fattori di rischio maggiore per l’incidenza delle malattie cardiovascolari”.

Tuttavia, conclude Pratali, per evitare rischi per la salute è fondamentale “non andare in montagna senza aver fatto niente a casa: bisogna essere abituati a un minimo di attività fisica, così soprattutto per chi arriva ad alta quota la riduzione del quantitativo di ossigeno crea meno problemi di fatica; per chi si reca a quote superiori a 2.500 metri bisogna acclimatarsi, ovvero muoversi lentamente, camminare con calma e idratarsi in modo ottimale. Non ci sono differenze nelle casistiche tra uomini e donne: c’è un’attitudine ventilatoria diversa, ma l’importante è sempre essere abituati a quegli ambienti e andare in montagna con esperienze pregresse”.

– foto tratta da video Medicina Top –

(ITALPRESS).

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