(Articolo di Giorgio Ceraso sui Da Ponte da Vicenza In Centro n.7-luglio 2025)
La feconda bottega dei pittori bassanesi da Ponte sfornarono numerosi dipinti con scene di mercato. Al di là della maggiore o minore tecnica e valenza artistica caratterizzanti le singole tele, si tratta sempre di immagini che propongono concitati momenti di vita in piazze venete del Cinquecento ostentanti opulenza: un tripudio di merci e animali e un brulicante ammasso di varia umanità. Con una vena descrittiva forse dissonante rispetto alla situazione reale. Il XVI sec., infatti, fu tutt’altro che paese di Cuccagna, terra della felicità, caratterizzato come fu dall’aumento dei prezzi e dalla diminuzione del potere d’acquisto della moneta (nulla di nuovo sotto il sole!). Forse proprio per questo i da Ponte hanno voluto, con le loro tele, far da contrappeso alla critica situazione socio-economica, che il padoano Angelo Beolco, alias Ruzante, ben tratteggia nei suoi lavori letterari.
In queste scene di genere, che si stagliano sull’immancabile sfondo di colline emergenti dalla luce e punteggiate da case dal caratteristico ripido tetto di paglia, si assiste al frenetico dilagare di popolani, mercanti, fanciulli, dame, gentiluomini, questuanti, curiosi. Talora sono presenti anche ciarlatani e gabbamondo. Le immagini culinarie fanno, ovviamente da padrone. Appesi alle stanghe di improvvisati padiglioni sono esibiti sapidi insaccati (soppresse, salami) e rettangoli di lardo, mentre sugli scaffali campeggiano invoglianti forme di formaggio e luccicanti ampolle contenenti chissà quale salvifico intruglio. Pure grandissima la presenza di animali. Candide colombelle, galline, oche dagli occhi vitrei, tacchini dal carnoso rosso bargiglio, vitelli squartati e quarti di manzo, “testine” mozzate, già pronte per il bollito, candidi ricciuti agnelli, talora impietosamente sgozzati tra la generale indifferenza, con bambini inginocchiati a raccogliere in luccicanti bacini il sangue zampillante dalle gole squarciate. E poi uova, cipolle, aglio, patate, cespi di radicchio, zucche, mele, pere, tutto stipato in grandi ceste di vimine intrecciato.
Spesso non mancano decorate maioliche che, un secolo e mezzo più tardi, faranno la fortuna dei ceramisti bassanesi. Immancabili semplici dolciumi e le più raffinate ciambelle, parenti più o meno strette dei buranesi bussolai. Un mondo, dunque, di esibita opulenza, che, forse, risente dell’arte fiamminga. E i cani, in primo piano, come di consueto in tutte le tele dei da Ponte, osservano con elegante distacco.
Giorgio Ceraso