(Articolo sulla Corte dei Miracoli di Adriano Bevilacqua da Vicenza In Centro n. 7- luglio 2025).
Per chi, passeggiando per il borgo di Berga, chiedesse ad un residente dove trovare la corte dei miracoli, sarebbe sicuramente indirizzato verso la fine di contrà S.S. Apostoli in direzione della piazzetta S. Giuseppe. Qui in effetti al numero civico 51 si apre un androne ad arco che immette in un cortile interno non molto grande, circondato da case su tutti i quattro lati, chiamato da tutti, La corte dei miracoli.
Nessuno vi saprà dire il perchè di questo nome. Or, dunque, che ci azzecca questa corte dei miracoli, con la più nota Corte dei miracoli descritta nel romanzo I miserabili di Victor Hugo? Andiamo con ordine: Victor Hugo, nel suo grande romanzo, descrive un luogo, a Parigi, dove i mendicanti dell’Argot (una congrega di pezzenti) gerarchizzati e perfettamente organizzati eleggevano un loro re, chiamato Coésrae. Questo teneva la sua corte nel II arrondissement, in un luogo situato dietro il convento delle Figlie di Dio tra la “rue du Caire e la rue Rèaumur”. Tutti i mendicanti, la sera, vi si radunavano e consegnavano le elemosine raccolte quel giorno, al loro re, che le ridistribuiva equamente a tutta la sua corte. Questi mendicanti, che di giorno apparivano ciechi, zoppi o sciancati, al ritrovarsi alla sera, miracolosamente guarivano. Da questo il nome La corte dei miracoli. Corte inteso come cortigiani del re Coèsrae. La nostra corte dei miracoli non è un insieme di
cortigiani. È, invece, da intendersi come cortile e non ha mendicanti che si riuniscono. Ma allora perchè dei miracoli?
Azzardo un’ipotesi. In un fabbricato all’interno di questo cortile, fino agli inizi degli anni Sessanta e fino al suo trasferimento nella costruenda zona industriale, era prospero e funzionante il maglificio Pesavento. Era un’attività molto importante per la città e dava lavoro a molte donne e ragazze. Qualcuna di loro era addetta al telaio e qualcuna alla cucitura. Durante la pausa per il pranzo, tutte queste donne si trovavano nel cortile a consumare il cibo portato da casa e a chiacchierare in attesa del suono della campanella che indicava la ripresa del lavoro. Chiacchiere tra donne che inevitabilmente sfociavano in accese discussioni per sgarbi durante il lavoro o per gelosie nei riguardi del loro uomo.
Discussioni che facilmente si tramutavano in liti con accapigliamento. Succedeva, però, che nel momento in cui la campanella suonava la ripresa del lavoro, miracolosamente tutto si rasserenava e ognuna riprendeva la sua postazione di lavoro. Forse, la mia è una eccessiva
semplificazione del significato di Corte dei miracoli ma mi piace pensare che tutte queste donne e ragazze, pur di mantenere il proprio lavoro, accantonassero ogni screzio. Se non un miracolo, quasi.
Adriano Bevilacqua