A Vicenza esiste una colonna infame, ovvero un monumento che ha lo scopo di ricordare un grave fatto criminoso. Vicenza ha un lato oscuro, fatto di misteri e di cruenti fatti di sangue. Ecco il racconto di un omicidio che ha coinvolto una delle più importanti famiglie nobili di Vicenza e che viene ricordato da una lapide nel cuore della città. Galeazzo fu un cittadino benestante con una grande passione per l’occultismo e le armi. Nel XVI secolo molte delle famiglie vicentine erano in perenne conflitto tra di loro e non mancavano mai le occasioni per offendersi strada facendo e per sfidarsi a duello in Piazza dei Signori o in Campo Marzo.
La sorella di Galeazzo, Isabetta, era innamoratissima di uno dei figli dei conti Valmarana, Alberto, il quale però non corrispondeva minimamente questo sentimento. Isabetta, pur di riuscire ad avvicinare Alberto (di circa 20 anni più giovane di lei), gli offrì in sposa sua figlia. Quando Alberto rifiutò anche l’offerta di matrimonio della figlia di Isabetta, Galeazzo prese il fatto come un’offesa gravissima rivolta alla sua famiglia e iniziò a spedire lettere con minacce di morte a tutti i componenti della famiglia Valmarana.
Poco dopo iniziò a vendere gradualmente tutte le sue proprietà (compresa la propria abitazione, che vendette allo zio, il quale pretese un risarcimento quando la demolirono) e quando si trovò a non possedere quasi più niente, il 3 luglio 1548, assieme al fratello Leonardo, al pluriomicida Iseppo Almerico e ad altri briganti (nei documenti viene nominato un certo Cecone) fece irruzione in casa Valmarana uccidendo Alberto, due suoi fratelli e due servitori accorsi in aiuto. Poi (si pensa per non avere troppi problemi legali) fece irruzione anche in casa del notaio Monza (amico dei Valmarana) uccidendolo. Dopo la strage, il gruppo fuggì dalla città in preda al panico. Galeazzo da Roma si rifugiò a Como dove fondò una famiglia che, con gli anni, divenne nobile. Leonardo da Roma (che le cronache dell’epoca tratteggiano come un personaggio molto violento, per il quale uccidere era quasi una sorta di insana passione) per i suoi crimini fu espulso per la seconda volta dalla Serenissima e si arruolò nell’esercito. Iseppo Almerico, invece, fu l’unico a pagare per i suoi delitti, in quanto fu processato e impiccato a Firenze. Della strage, esiste un ricordo nella lapide posta alla fine di Corso Palla- dio, sotto il portico della attuale libreria Traverso.
Questa lapide è una colonna infame, ovvero un monumento eretto in memoria (con disprezzo) di atti criminali commessi da varie persone. Detta colonna fu fatta costruire sul sito della casa di Galeazzo Da Roma, la quale venne appositamente rasa al suolo come tentativo di cancellare qualsiasi resto fisico della vita di Galeazzo in questa città.
Da Storie Vicentine n. 6 gennaio-febbraio 2022