(Articolo di Mauro Brusarosco da VicenzaPiù Viva n. 303, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
La nostra città è al secondo posto in Italia e solo dopo Roma per numero di compagnie tesserate FITA-Federazione Italiana Teatro Amatori. Qual è la ragione di questo record? La parola a Renato Poli, presidente del comitato vicentino di FITA.
Nel Veneto batte un cuore votato al teatro. E a Vicenza in particolare. Stando ai numeri esposti da FITA Vicenza – comitato vicentino facente parte di FITA Veneto, là dove l’acronimo sta per Federazione Italiana Teatro Amatori – la nostra città è quella che vanta il maggior numero di compagnie tesserate (attualmente 59) della regione, confermandosi al secondo posto, dopo Roma, nell’ambito di FITA nazionale. Ci sono, a Vicenza e provincia, quindi, centinaia e centinaia di attori non professionisti che, nel tempo libero e con l’obbligo statutario di non trarne profitto, sono accesi dal sacro fuoco del palcoscenico. E sono migliaia gli spettatori che in un anno si recano a teatro per assistere ai tanti spettacoli in cartellone delle compagnie FITA e delle rassegne da essa organizzate o promosse in collaborazione con qualche illuminato Comune.

Per comprendere più approfonditamente una situazione numericamente e, lo vedremo, qualitativamente così significativa ma non abbastanza conosciuta se non dagli appassionati, iniziamo da questo numero un percorso accanto al mondo FITA Vicenza intervistano Renato Poli, presidente del direttivo vicentino. Renato, qual è lo scopo che si prefigge FITA Vicenza?
Animare Vicenza e provincia con l’estro, la passione, l’originalità e il talento delle tante compagnie che costituiscono la nostra ossatura. Il teatro può essere molte cose diverse a seconda di chi ne fruisce in base alle proprie esigenze. C’è chi cerca la mera evasione, chi un divertimento ruspante, chi invece segue con attenzione la programmazione di quei soggetti specializzati nel contemporaneo.
Per ognuna di queste richieste e per molte altre c’è una compagnia FITA attiva nel territorio in grado di fornire un intrattenimento ad hoc.
Amatoriale, nel pensiero dei più, è qualcosa di scarso valore, una serie B rispetto al mondo del professionismo.
Se analizziamo la cosa sotto un profilo tecnico, beh, posso affermare che, negli ultimi decenni, la qualità delle compagnie è andata decisamente affinandosi: oggi l’amatoriale, non facendo dell’arte teatrale il suo mestiere, può permettersi il lusso di un repertorio che molti professionisti, per ragioni di riscontro di pubblico e, dunque, di ritorno economico, non si azzardano più a fare. Ci sono compagnie che portano in scena fino a 20 attori, altre che cesellano con abilità artigiana complesse scenografie costruite nei ritagli di tempo. Altri ancora portano in scena titoli di nicchia, sapendo di poter contare sulla fidelizzazione del proprio pubblico.

Qual è l’intenzione principale della sua presidenza?
In primis, consolidare quanto già costruito con amore e dedizione da chi mi ha preceduto.
In secondo luogo, il direttivo FITA Vicenza – e dunque, insieme a me, il vicepresidente Stefano Chiolo, il segretario Alberto Trevisan, il tesoriere Davide Berna e il consigliere Silvia Ada Filippi – lavora in sinergia su diversi obiettivi. Uno dei più ambiziosi riguarda le rassegne di cui ci occupiamo a vari livelli, capaci di abbracciare l’intero arco temporale di un anno e dunque Teatro Popolare Veneto – giunta quest’anno alla trentesima edizione – Invito a Teatro, Teatro in Giardino e Teatro Sotto le Stelle. Ma c’è una questione fondamentale. Il problema dei giovani.
Mancano forse attori tra le nuove generazioni?
Affatto. Le nostre compagnie possono fregiarsi di talenti freschi e motivati. Il problema è semmai il cambio generazionale del pubblico. È qui che bisogna lavorare, su più livelli. Innanzitutto, attribuendo maggior peso alle nuove generazioni all’interno delle nostre iniziative. È stato il caso della conduzione della tappa vicentina del concorso regionale di FITA Veneto “Pillole di Teatro”: la serata di selezione provinciale vicentina quest’anno è stata affidata a una coppia di ragazzi imprevedibile e assolutamente centrata. Questa semplice scelta ha portato al Teatro Roi di Monticello Conte Otto un buon numero di giovani spettatori, intrigati all’idea di seguire una manifestazione in cui sul palcoscenico si parlava un linguaggio simile al loro.

E poi ancora, nell’ambito del concorso nazionale di FITA Veneto “Maschera d’Oro”, durante l’edizione 2025 abbiamo lanciato l’iniziativa “Giornalisti per un giorno”, in cui un manipolo di ragazzi e ragazze hanno intervistato gli attori protagonisti dei sei spettacoli in gara mettendosi alla prova davanti alla telecamera. Sui nostri social l’iniziativa ha ottenuto ottimi riscontri.
Un altro pensiero ricorrente è che il teatro amatoriale abbia un carattere prevalentemente dialettale.
Altro luogo comune che possiamo tranquillamente sfatare. Senza nulla togliere alla nostra blasonata tradizione dialettale veneta, attualmente la maggioranza delle nostre compagnie investiga con coraggio autori che dialettali non sono.
Quando, poi, sono scelti i grandi Classici, molto spesso il linguaggio impiegato è decisamente innovativo, con scelte nette riguardo alla regia, ai costumi, alla selezione musicale. A ciò si aggiunga un ventaglio di compagnie decisamente variegato: si va dal teatro drammatico a quello per i bambini, dalla commedia in ogni sua declinazione al musical e fino al teatro delle marionette e a compagnie radicate in un repertorio originale scritto in proprio. Spesso, nell’ambito delle molte rassegne teatrali nazionali sparse lungo
il Bel Paese, queste ultime sono quelle che raccolgono il maggior numero di premi e riconoscimenti.
Qual è il vostro messaggio a chi non vi conosce?
Al prezzo di pochi euro l’amatoriale offre a un pubblico eterogeneo un intrattenimento di qualità. Il nostro lavoro come direttivo è, invece, quello di far sentire la nostra presenza a ogni singola compagnia associata, accompagnandola nei talvolta complessi iter burocratici ma anche creando un dialogo attivo, che procuri un interscambio di idee utile a tutta la nostra grande famiglia.

Ai Comuni che scelgono di affidarci le loro rassegne teatrali va un plauso speciale: in questi tempi, in cui arte e cultura paiono a molti accessori sacrificabili, credere nel teatro significa dar voce a quelle tante realtà locali le quali, armate di talento e di un’inestinguibile passione per il palcoscenico, contribuiscono a vivacizzare le nostre vite, raccontandoci storie capaci di rivelare, con la forza di un sorriso e di una battuta arguta, quelle piccole e grandi saggezze utili ad alleggerire lo spettatore dal carico della quotidianità. Anche questo è welfare.
E allora da oggi partiamo ogni mese alla scoperta di questo teatro fatto per passione e amore. E amiamolo.


