giovedì, Novembre 21, 2024
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“Arte culi ‘n aria”, la prima delle ricette di Umberto Riva raccolte nel suo libro: ’e verse in tecia ‘e spusa, ma ’e xe tanto bone

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Arte culi 'n aria
Arte culi ‘n aria

“Arte culi ‘n aria“ è il titolo di una serie di.. articuli così come li ha scritti (la prima pubblicazione di quello che ripubblichiamo oggi è del 30 giugno 2019, ndr) Umberto Riva per te che nel piacere della tavola, vedi qualcosa di più: gli articoli sono raccolti insieme alla “biografia” tutta particolare del “maestro” vicentino Umberto Riva nel libro “Arte culi ‘n aria”, le cui ultime copie sono acquistabili anche comodamente nel nostro shop di e-commerce o su Amazon)

Prima di “gustarti” la prima ricetta fuori dal normale di Umberto Riva rileggi la Prefazione e il glossario di “arte culi ‘n aria“, una nuova serie di.. articuli così come li ha scritti il “nostro” Umberto per te che nel piacere della tavola, vedi qualcosa di più.

Arte culi ‘n aria: n. 1

Verze, profumo in paradiso.

“’e verse in tecia ‘e spusa”, ma “’e xe tanto bone”.

Che piatto: “verse sofega’ co ‘l coesin”.

Le verze migliori? quelle che “ga ciapa’ ‘a brosema”.

Il tempo delle brinate e’ anche il tempo del maiale, il tempo “de far su ‘l mascio”.

Il menu: Osi de mascio col cren

Costesioe ai feri

Verse sofega’ co ‘l coesin

Poenta fresca e brustola’

Vin fato co ‘a mescola

Cafe fato co ‘l bacheto

Graspa de contrabando

voendo, un toco de putana ge staria ben

Un attentato al fegato.

Ma di qualcosa si deve pur morire, e quanto sarebbe bello morire con le gambe sotto la tavola! (c’e’ un altro tipo di morte auspicato, ma quello e’ scritto in un altro libro).

Quando si “fa su el mascio” a lavoro ultimato si fa festa.

Umberto Riva
Umberto Riva

“’a sena del mascio”. Si consumano gli avanzi della lavorazione e qualcosa in piu’. Le ossa per il primo piatto, e poi le costole con qualche fetta di carne ed un po’ di fegato, il cotechino. Solo un po’ di fegato che buona parte, tagliato a grossi pezzi, viene avvolto nel “radeseo” per completare lo spiedo di uccelli di qualche giorno dopo.

La siora Vittoria gestiva le operazioni. “’a sparagagna” tagliata a meta’ per il lungo, veniva messa sulla griglia, dove, un po’ piu’ tardi, trovavano posto le fette di carne e di fegato.

Profumi paradisiaci.

Si diceva che la siora Vittoria, dalla goduria e dall’estasi, si facesse la pipi’ addosso. Le mutande di certo non se le bagnava e quando si spostava, spesso, il pavimento era bagnato da una “poceta”. Lei diceva fosse sudore.

Le ossa della carcassa e degli arti venivano bollite.

Cren sottaceto, ma, piu’ spesso, grattato al momento in maniera grossolana.

Sale grosso.

C’erano stati tentativi anche con la salsa verde ed addirittura con la “peara’”, ma, da noi, non avevano trovato spazi.

Le ossa venivano servite bollenti ed i nervetti, con dei residui di carne, dovevano essere morbidi e nello stesso tempo consistenti, ma, fondamentalmente, “tacaisi”. Gli ossicini dei piedi dovevano appiccicarsi alle dita, e quella pattina appiccicosa, seccandosi, ti dovevano incrostare le dita. Chi mangiava, meglio ciucciava, le ossa della testa si trovava il boccone della delizia “‘l ocio”.

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