venerdì, Novembre 22, 2024
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Il giovane Andrea di Pietro e il suo mentore Giangiorgio Trissino: all’origine del mito 

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Villa Trissino non è sicuramente opera di Palladio, ma è uno dei luoghi del suo mito, anzi ne è l’origine. La tradizione vuole infatti che proprio qui, nella seconda metà degli Anni ’30, il nobile vicentino Giangiorgio Trissino (1478-1550) incontri il giovane scalpellino Andrea di Pietro impegnato nel cantiere della villa. Intuendone in qualche modo le potenzialità e il talento, Trissino ne cura la formazione, lo introduce all’aristocrazia vicentina e, nel giro di pochi anni, lo trasforma in un architetto cui impone l’aulico nome di Palladio.

Giangiorgio Trissino era un letterato, autore di opere teatrali e di grammatica. Abile dilettante di architettura e responsabile in prima persona della ristrutturazione della villa di famiglia a Cricoli, appena fuori Vicenza, Trissino guida Palladio alla conoscenza di Vitruvio, il filosofo latino vissuto nel I sec. d.C. che per primo codifica gli ordini dell’architettura greca e detta le regole dell’armonia universale esistente da una singola parte dell’edificio con il tutto, prendendo come modello le proporzioni esistenti nel corpo umano.

Non è semplice comporre in architettura le forme geometriche archetipiche quali il cerchio, il quadrato, la sfera mantenendo il senso della proporzione tra le diverse parti dell’edificio da strutturare sia in pianta che nel prospetto.

Il senso della proporzione è il principio fondativo della bellezza estetica, ed è innegabile che Palladio sia riuscito nell’operazione di recuperare il linguaggio dell’architettura classica, di adattarlo alle nuove esigenze funzionali mantenendo, e forse andando oltre, quell’immagine di perfezione tramandata dalla civiltà greca e romana.

Non è privo di significato il commento che espresse Wolfang Goethe, il massimo esperto della percezione sensoriale-estetica dell’Ottocento, ammirando le opere palladiane a Vicenza: «Sono qua da poche ore e ho già percorso la città, ho visto il teatro Olimpico e gli edifici del Palladio. (…) Se queste opere non si vedono di persona, uno non può farsene un’dea.

Il Palladio è stato un uomo del tutto interiore, che ha saputo esternare la grandezza della propria interiorità. Nell’architettura civile la maggior difficoltà sta sempre nella disposizione degli ordini di colonne..(…). Ma con quale perizia egli ha saputo associare il tutto, com’è riuscito ad imporsi con l’immanenza delle sue opere, facendo dimenticare quanto c’è in loro di spropositato. C’è veramente qualcosa di divino nelle sue strutture, c’è tutta la forza del grande poeta che dalla verità e dalla menzogna ricava un terzo elemento, che ci affascina»

(Viaggio in Italia 1786 – 1788).

Da Storie Vicentine n. 4 Settembre-Ottobre 2021


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