venerdì, Maggio 9, 2025

Andrea De Pasquale: “la carta vincente sei tu”

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(Articolo su Andrea De Pasquale di Federica Zanini da L’AltraVicenza n. 3- aprile 2025, allegato a Vicenza PiùViva n. 297, sul web per gli abbonati).

L’analisi biografica a orientamento filosofico: a Vicenza un analista “fuori schema”, uno dei 4 in Veneto, guida gli “analizzanti” a guardarsi dentro, tra filosofia, biografia e tarocchi.

Sul tavolino di un bar, manuali scientifici e tarocchi. Il fiuto (e la curiosità) del giornalista ed ecco catturata la preda. Prima di scoprire che la preda, felice, saremmo stati noi, abbiamo avvicinato uno dei quattro analisti biologici a orientamento filosofico del Veneto.
Le carte esoteriche non ingannino: niente sortilegi, solo connessione e complicità immediate. Attraverso cui questa analisi insegna a smettere di incolpare gli altri per il nostro disagio, a imparare che cosa dice di noi la nostra rabbia e a ricostruire la nostra narrazione (e la nostra vita).
Quello che cerchiamo di raccontare con i nostri ritratti sono i personaggi.
Questa volta, ho incontrato semplicemente una PERSONA. Una gran bella persona, la cui forza – insieme alla passione – è proprio la semplicità. Intesa come naturalezza.
Niente titoli roboanti, niente curriculum altisonanti, niente politica e, parole sue, niente “eccessivi narcisismi”.
Andrea De Pasquale, vicentino amante dei viaggi non solo interiori, è un analista biografico a orientamento filosofico.
Dopo aver incontrato i miei vari interlocutori nel brusio dei bar (dove appunto il nostro direttore ha scovato Andrea, immerso tra le sue carte, intese come documenti ma anche come tarocchi) o nell’intimità delle loro case, eccomi completamente avvolta e accolta dalla serena pace del suo studio di analisi. Il lettino c’è, ma serve agli altri operatori di questa “casetta del benessere”, preannunciata da un giardinetto e un favoloso glicine, dove si praticano anche olistica, shiatsu, ayurveda, fisioterapia, riflessologia, osteopatia e psicoterapia. Ma soprattutto, qui non si parla di quell’analisi lì, quella che si vede nei film e che alimenta l’antico pregiudizio sui cosiddetti strizzacervelli. Andrea i cervelli non li strizza, li stimola.
Scalzi (regola lasciata in eredità dal Covid, in realtà estremamente liberatoria), Andrea e io ce ne stiamo comodamente seduti, anche un po’ sbracati a dire il vero, in due poltrone, una di fronte all’altra. Sul tavolino, rieccoli, un mazzo di tarocchi e altre carte. Andrea è persino un po’ in imbarazzo. Forse, anche lui vittima dell’immaginario collettivo, ha pensato (con timore) all’intervista classica e confessa: “Non sono abituato a essere ascoltato, io sono più bravo ad ascoltare”. E qui, lo scoprirò a brevissimo, sta l’intera chiave della sua analisi.
Gli pongo un paio di domande per sciogliere il ghiaccio (anche se in questa stanza, in un gioco di silenzio, luce e serenità, di tutto si può parlare, tranne che di ghiaccio) e poi lo lascio andare a briglia sciolta.

I tarocchi di Andrea
I tarocchi di Andrea

Come sei arrivato a trovare il tuo posto nella vita? Il tuo curriculum si recupera facilmente in internet ma quei paroloni anche un po’ criptici stridono con la persona semplice, genuina che ho davanti…

(sorride) Mi sono laureato a Padova in scienze della formazione (ndr: e anche oggi tiene corsi), a Mestre in psicologia e poi la vera svolta è venuta con Sabof (ndr: Società di Analisi Biografica a Orientamento Filosofico, che riunisce analisti biografici a orientamento filosofico già attivi, psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, psicoanalisti e altri professionisti della cura che abbiano comunque svolto una approfondita esperienza di analisi personale) a Milano. Ci sono arrivato “per affetto”, perché un caro amico ne faceva parte e ho avuto la conferma di un percorso che era già in atto in me, un modo diverso di concepire la cura: andare oltre il dato clinico, in favore di un lavoro su di sé. Non la fuorviante ricerca di una “colpa” esterna al nostro disagio, ma imparare a viverlo e gestirlo per dare un senso e un’opportunità alla propria vita.

Dici poco. Sembrerebbe una ricetta semplice e invece siamo bravissimi a complicarci la vita…

Sbagliamo prospettiva. Siamo proiettati verso l’esterno, guardiamo a come gli altri ci vorrebbero, riteniamo gli altri responsabili di quello che siamo e montiamo rabbia, la voglia di farla pagare a qualcuno.
L’altro non deve essere un capro espiatorio, semmai qualcuno con cui condividere il nostro percorso interiore, pur mantenendo la propria individualità.
Nell’era dei social tutti si sentono in diritto di propinare ricette, che non guastano, per carità, ma sono una scorciatoia.
Nessuno si concentra mai sul processo, perché è faticoso. Guardarsi dentro non è facile, in due invece scatta un processo alchemico.

È questa l’analisi biografica a orientamento filosofico?

A chiamarla così è stato il mio grande maestro, Romano Màdera (ndr: fondatore di Sabof), grande promotore della filosofica come stile di vita, sulle orme di Pierre Hadot. In questa declinazione la filosofia diviene non tanto uno studio accademico, bensì una pratica di consapevolezza continua, un esercizio spirituale volto a scorgere le pretese dell’io, a smascherare la ricerca spesso inesausta del capro espiatorio. L’obiettivo dell’Abof è quello di ricostruire una narrazione di sé, che non può prescindere dalla propria biografia, in cui cercare i nessi, creare connessioni, individuare il cardine con la storia, non solo la propria. La possibilità, o meglio il tentativo, di fare convivere i sensi, non-sensi e controsensi che si intrecciano nell’esperienza umana. Prima di raccontarci, insomma, dobbiamo fare i conti con il modo in cui siamo stati raccontati, finché alla fine tutto torna.

Adesso vai libero, spiega tu come funziona il tuo lavoro nel concreto…

(sollievo sul volto) Innanzitutto non è un lavoro, ma una sorta di arte. Gli studi sono stati essenziali, ma è qualcosa che avevo dentro, una forte propensione, un bisogno. Il bisogno di trovare (e aiutare a trovare) la risposta giusta, che appunto è dentro di noi, non all’esterno. Come dicevo prima, la relazione è indispensabile per potersi narrare. Ecco perché qui non esistono pazienti, ma analizzanti. L’analista è un compagno di analisi. Il suo presunto sapere è funzionale all’analizzante, perché si apra e riesca a sentire la vita. Qui non si interpreta, non si influenza, si aiuta a schiudersi. Il nostro tipo di analisi diventa trascendente: si va oltre l’io per accedere a un’esperienza dell’io più ampia, che possa contemplare anche i cosiddetti doppi impresentabili, ovvero gli aspetti temuti e non accettati di sé. Insomma, il nostro compito è semplicemente, si fa per dire, agevolare il pensiero altro, aiutare ad aprire gli interstizi.

Tu la racconti così, con naturalezza, ma non credo sia una passeggiata… A fine giornata ti porterai dentro un bagaglio ingombrante di emozioni!

Esatto. L’introspezione è una cosa seria e passa attraverso un’esperienza di dolore profondo. Un dolore che è contagioso. Io però mi ritengo fortunato, perché – come diceva Terenzio – nulla di ciò che è umano mi è estraneo. Di fatto il mondo non gira così, ma in un certo senso dovrei quasi essere io a pagare chi si rivolge a me… Quello che faccio mi accresce e in effetti, dagli esordi come analista una quindicina d’anni fa, l’esperienza mi ha portato non solo a vincere l’ansia da prestazione iniziale, ma a trovare la mia via, il mio modus e oggi sono libero da schemi, non ho le maschere della convenzione e con i miei compagni di analisi riesco a ridere, piangere e un sacco di altre cose che sui manuali non ci sono. Faccio quello in cui credo, senza scorciatoie né per l’analizzante né per me, e coltivo l’utopia – sempre meglio puntare in alto coi sogni, che smettere di sognare- di un mondo migliore. Quello in cui viviamo oggi è fatto di brama, velocità, bulimia di accesso. L’analisi è come un viaggio, che si fa da sé ma non da soli. Oggi siamo indotti a confrontare il nostro dentro con il fuori degli altri, ma il viaggio dell’eroe prevede il confronto con le proprie parti non con quelle altrui, non credo ci siano alternative.

Come arriva la gente a te?

In modo naturale, con il passaparola. Non sfrutto internet né i social per farmi pubblicità.
Chi si sente in linea con l’analisi biografica a orientamento filosofico prima o poi mi trova. Senza contare che in Veneto siamo solo in quattro a praticarla, di cui due a Vicenza e una a Schio (ndr: l’altro è a Venezia). Il fatto poi di avere casa in uno studio di pratiche integrate fa da calamita per chi è in cerca di un certo tipo di benessere, che coinvolge mente, corpo e anima.

E i tarocchi che c’azzeccano, come direbbero dalle parti di tuo padre, a Napoli?

Anche qui abbattiamo gli stereotipi: io non sono una cartomante e non predìco il futuro. Lo studio delle carte mi permette di utilizzarle in analisi come spunto per l’analizzante.

Che cosa racconta di te quella specifica carta?

Ed ecco che crollano le resistenze a un pensiero creativo, nutriente. Come già detto, qui non si interpreta nulla e i tarocchi, ben lontani dalla sfera di cristallo, tornano a essere quello che sono per definizione: uno strumento esoterico che può aiutare a comprendere se stessi. Infatti uso anche le carte degli animali sacri, oggetti vari e il gioco della sabbia (ndr: rinomato e accreditato strumento di psicoterapia di intuizione junghiana sviluppato da Dora Maria Kalff, che si basa su una forma di lavoro pratico e creativo).

Faccio uno scambio di ruoli (ora sorrido io) e ti chiedo: qual è il tuo rapporto con Vicenza?

Oggi ho posato le armi, ma la nostra è decisamente una relazione conflittuale, quella di due che si amano ma non possono stare insieme.
Vicenza è la mia città ed è bellissima, ma la vicentinità è faticosa. Io ho bisogno di aprire le prospettive. Ecco perché amo le lingue straniere, il greco sopra di tutto, e i viaggi, che mi permettono di entrare in altre culture.

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