(Articolo di Jonathan Gabrieletto da Vicenza In Centro n. 10-2025).
Ricordo ancora quando lessi “Achille piè veloce”, romanzo del compianto Stefano Benni. Una sua frase, come un tarlo nel legno, iniziò subito a scavarmi dentro: «La vita di un puntuale è un inferno di solitudini immeritate». Poche parole che sentii, dolorosamente, mie. Solitudini immeritate. Già, perché chi si sforza di domare il tempo, di imbrigliarlo in orari precisi, di rispettare scadenze e appuntamenti, non lo fa certo per autoinfliggersi una qualche punizione. È spinto da un ideale di efficienza, di rispetto per il prossimo e la vaga speranza che il mondo intero, prima o poi, si allinei al suo orologio interiore.
Che illusione continuare a credere in un mondo in cui la puntualità è ancora considerata una virtù, e non una stravaganza anacronistica. E intanto, continuare ad aspettare… con la pazienza infinita dei santi e la sottile frustrazione dei martiri. Il puntuale vive in un perpetuo stato di anticipo, precursore di ogni evento sociale, pioniere di ogni riunione, esploratore solitario di ristoranti deserti prima dell’orda famelica dei commensali
ritardatari; potrebbe scrivere un trattato filosofico sull’arte di ammazzare il tempo, divenuto ormai esperto nella contemplazione delle lancette dell’orologio, nell’ascolto del ticchettio ipnotico dei minuti che si susseguono lenti come lumache. I puntuali sono un’avanguardia solitaria che si ritrova regolarmente a camminare in tondo, fissare porte chiuse e sedie vuote, mentre il resto dell’umanità vaga beatamente in un fuso orario a sé stante, un universo parallelo. Riunione importante alle 9:00? Alle 8:55 sei già seduto, blocco e penna pronti, mentre gli altri partecipanti fanno il loro ingresso scaglionato fino alle 9:30 inoltrate, portando con sé il profumo del caffè appena preso al bar e una vaga scusa sulla difficoltà di trovare parcheggio (difficoltà che, ovviamente, il puntuale non ha mai sperimentato, essendo arrivato quando i parcheggi sono ancora deserti). E le amicizie? Il puntuale è quel compagno affidabile, sì, ma anche un po’ prevedibile, quasi noioso. Chi mai vorrebbe uscire con qualcuno che arriva sempre in orario? Meglio l’amico “creativo” che ti fa aspettare un’ora o due, che ti tiene sulle spine, che rende ogni incontro un’avventura. Cari puntuali, la prossima volta che vi sentirete in colpa per essere in anticipo, ricordate: non siete soli, ma in ottima compagnia di voi stessi! E consolatevi, almeno avrete avuto il tempo di riprendere quel buon libro e magari, chissà, anche fare un pisolino ristoratore. Perché, in fondo, in quell’inferno di solitudini, un piccolo paradiso di tempo libero si nasconde sempre. Sfruttiamolo.
Jonathan Gabrieletto