(Articolo di Federica Zanini su Victoria Karam da VicenzaPiù n. 300, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Un impegno: conservare il sorriso “incazzato” ma sincero di oggi anche quando sarà protagonista, non solo su queste pagine che raccontano la ventinovenne fondatrice di @Volti.italiani.storie
Chissà se, al momento di andare in stampa, le collettive danze della pioggia avranno sortito qualche effetto… quando però ho in agenda questa intervista si boccheggia ancora. Eppure, lei, la protagonista di questo mese, arriva all’appuntamento impeccabile, bella carica, fresca.
E in effetti quella che porta a Vicenza, in giro per l’Italia e anche a Bruxelles è decisamente una ventata fresca e sorridente.
Vicentina d’adozione, nata in Italia da genitori brasiliani ma riconosciuta italiana solo a 22 anni, oggi fa la pendolare tra la sua città e Bruxelles, dove è assistente europarlamentare. Abbiamo incontrato la giovane e “incazzata”, ma con stile, attivista per la revisione della legge sulla cittadinanza, fondatrice della pagina Instagram @Volti.italiani.storie e già con tante altre qualifiche che ne fanno presagire un futuro da protagonista.

Victoria Karam, assistente prima di Alessandra Moretti e ora di Annalisa Corrado all’Europarlamento, è giovane (29 anni) ma ha già molto da raccontare, soprattutto a partire dalla propria esperienza personale. Come sempre, i nostri ritratti non possono prescindere dal curriculum, ma nel caso di Victoria più che mai sono biografia e vissuto a interessarci e ad averci attratti è in particolare la grinta garbata ma inscalfibile con cui è scesa in campo per difendere il diritto alla cittadinanza (in particolare a un iter burocratico più rapido e snello) per chi è nato in Italia da genitori stranieri.
Elegante, mai fuori dalle righe, amabile ma determinata, è un’attivista di quelle che non hanno bisogno di striscioni e megafoni, slogan urlati, parate a rischio di infiltrazioni facinorose, uscite sguaiate a effetto.
Nulla di tutto questo le appartiene: lei non ha scelto di provocare, ma di insinuare… un nuovo punto di vista nonché il dubbio nelle teste di chi oggi è artefice (o anche solo complice) della non-cultura che, ahinoi, ancora distingue il nostro Paese rispetto ad argomenti di estrema attualità e importanza. Ecco perché noi l’abbiamo avvicinata non solo come giovane protagonista della scena (anche) vicentina, ma soprattutto come fondatrice di Volti Italiani.

Ma andiamo a conoscerla. Victoria, qui sedute nel salotto buono di Vicenza, circondate da parlate straniere ma soprattutto da cadenze e terminologie dialettali, la più italiana di tutti sembreresti proprio tu. Perché questo dovrebbe, ancora, stupirci?
Perché io, complice anche il mio cognome “esotico” Karam, rappresento esattamente quel caso tipo che in Italia di solito suscita curiosità (ndr: magari anche allarme?) nel pubblico pensare e non suscita un bel niente in termini di risposte nelle pubbliche istituzioni.
Sono nata in Italia, ho studiato e poi lavorato in Italia ma sono stata riconosciuta italiana dalla legge soltanto a 22 anni. Si, perché per fare richiesta devi aspettare di aver compiuto 18 anni, ma devi farlo entro 365 giorni e io non lo sapevo… Così è slittata di un anno una procedura che poi ne ha richiesti altri 3 per andare a buon fine.

Spiegaci meglio, perché l’immaginario collettivo a volte è deviato, nel meno peggiore dei casi ignorante, e lo scenario è confuso tra immigrazione clandestina e richiesta di cittadinanza.
I miei genitori sono entrambi brasiliani, di San Paolo. Mio padre, Alan Feres Karam, in quanto hockeista su pista, a 16 anni, nel 1990, viene ingaggiato dal Thiene e si trasferisce.
Le parentesi italiane di una carriera intensa in giro per il mondo lo portano in lungo e in largo per lo Stivale, fino a Salerno, dove lo raggiunge mamma, Ana Lucia Alarcon, e dove, nel 1996, nasco io (ndr: un bel mix di sangue brasiliano e “sentiment” campano nel DNA che, quindi, ne spiega il grande sorriso). Quando ho 6 anni e papà è con il Bassano 54, i miei si separano e io resto con mamma. Nel 2006 ci trasferiamo dalla città del Grappa a Vicenza, dove io frequento sia medie che liceo, prima di iscrivermi a Scienze Politiche all’Alma Mater di Bologna, l’Università più antica del mondo.
Mi laureo nell’atmosfera surreale del periodo Covid e decido di trasferirmi per un anno a Berlino, per poi rientrare a Vicenza e cominciare a lavorare qui (ndr: ha tra l’altro collaborato attivamente e appassionatamente, come in ogni cosa che fa, alla campagna elettorale per Giacomo Possamai sindaco, con cui la ritrae una foto scattata dal nostro direttore durante i festeggiamenti con gli amici in piazza dei Signori dopo la sua elezione). Un perfetto percorso italiano, da italiana no? Peccato che per la legge io lo sia soltanto da quando ho compiuto 22 anni!
Chissà quante persone si sono trovate o si trovano nella tua stessa situazione…
Una volta gli immigrati eravamo noi e ora il popol(in)o distratto ed esasperato da ben altri flussi migratori, irregolari, male o per nulla gestiti, sembra aver dimenticato sia la nostra stessa storia, sia la responsabilità morale di approfondire e distinguere.

È stata proprio la consapevolezza dell’esistenza di una realtà diffusa, e ignorata, insieme all’avvicinarsi di un appuntamento importante come il referendum dell’8 e 9 giugno scorsi, a stimolarmi a scendere in campo. È così che lo scorso aprile è nata @Volti.italiani. storie, la mia pagina Instagram che raccoglie le testimonianze di italiani e italiane con background migratorio e ne mostra appunto volti e risvolti. Un modo per dare loro voce, per combattere le fake news, per scollegare il tema cittadinanza ai figli di stranieri dal tema dell’immigrazione clandestina e soprattutto per fare rete. E anche un modo per tradurre positivamente l’incazzatura che ho dentro. In un’Italia che ha il peggior tasso di natalità nel mondo dopo il Brasile e i cui giovani fuggono sempre più all’estero, l’iter attuale non è solo ingiusto, ma stupido.
Le testimonianze raccolte, già una quarantina ma in continuo aumento, raccontano non solo il disagio morale di sentirsi italiani e non esserlo davanti alla legge, ma anche i tanti, inaccettabili limiti a condurre una vita normale: dall’impossibilità di votare alla carta d’identità che non è valida per l’espatrio, dal veto a partecipare a concorsi pubblici alla difficoltà nell’ottenere un contratto di lavoro o di affitto e così via…
Sebbene con i ritmi del Parlamento Europeo mi ci debba dedicare nel poco tempo libero, quella di Volti Italiani è un’esperienza bellissima, carica di varia umanità a conferma di un’unica verità: la legge sulla cittadinanza italiana, ferma dal 1992, così com’è non è più accettabile. Per questo creo eventi di sensibilizzazione in giro per l’Italia.
A proposito di referendum, tasto dolente, sappiamo tutti come è andata. Tu come l’hai vissuto?
Ho puntato tanto sulla consultazione di inizio giugno perché era un’occasione unica, ma non mi sono mai illusa che potesse andare diversamente. Il problema oggi, ancor prima di quello della non-cultura contro cui stiamo combattendo, è la piaga dell’astensionismo e mantenere il quorum al 50% è sicuramente anacronistico. Detto questo, è inutile girarci
intorno, l’affluenza al 30% è stata una sconfitta come anche una percentuale consistente di votanti per il “no” a questo che considero un diritto, ma personalmente dagli insuccessi prendo nuovi stimoli a fare di più e a fare meglio. Senza contare che, comunque, il referendum e tutto il rumore attorno a esso hanno smosso, se non le coscienze, almeno le acque: oggi abbiamo molti più attivisti e quasi 10 milioni di italiani che hanno votato SI. È proprio adesso il momento di mettercela tutta.

Avanti tutta, quindi. Ma ti sembra che dei progressi siano davvero possibili?
La strada è ancora lunga, ma di recente qualcosina si è mosso. Antonio Tajani – vicepremier, ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia – ha dichiarato pubblicamente che il suo partito è pronto a presentare una proposta di ius scholae, che prevede la cittadinanza per chi ha completato almeno dieci anni di studi in Italia con profitto, e a discuterla con tutti. Stiamo a vedere, la politica estiva è sempre a rischio evaporazione… (ndr: e non a caso, poco dopo questa intervista, Pier Silvio Berlusconi è entrato a gamba tesa sul leader del partito del padre). Sta di fatto che sono circa 900.000 gli studenti con cittadinanza non italiana che frequentano le nostre scuole, circa il 12% del totale degli alunni. Bambini e ragazzi che sono cresciuti tra gli stessi banchi dei coetanei con genitori italiani, tra compagni e compagne con cui hanno condiviso tutto. Ma non sono cittadini. Non ancora. E soprattutto, chissà quando lo saranno… La cittadinanza non è un premio né una concessione. È un riconoscimento. Un atto civile, e civico, che dà voce a una realtà già esistente. Non riguarda l’immigrazione irregolare, non ha nulla a che fare con la retorica dell’emergenza. Riguarda ragazze e ragazzi che vivono, parlano, pensano e sognano in italiano.
Tu di lingue ne parli addirittura cinque, vivi nel cuore istituzionale dell’Unione Europea, fai la spola tra Bruxelles e Strasburgo e hai girato il mondo. Che rapporto hai con Vicenza e soprattutto che cosa ne pensi di quel certo provincialismo di cui ancora troppo spesso viene tacciata?
In realtà trovo personalmente che oggi la scuota un bel fermento. Credo che a livello internazionale abbia tutto il potenziale per essere sempre più attrattiva.
Proprio perché sono andata parecchio in giro, riesco a vederne la bellezza, la storia, la cultura. In ogni caso, Vicenza è la città che mi ha accolta, che mi ha cresciuta.
Quando ci torno, il più spesso possibile perché tutti i miei affetti sono qui, mi sento a casa. Anche a livello di dimensione, la trovo perfetta: ti offre tutti i vantaggi di una città non troppo piccola, senza i disagi delle grandi metropoli. Il lavoro mi ha portata all’estero, ma mi sento molto legata (e collegata) a Vicenza.
Non abbiamo parlato con Victoria, tutta immersa nel suo impegno civile dopo un’esperienza giovanile non tutta rose e fiori, dei suoi progetti più strettamente personali, ma a 29 anni una ragazza che ama la città in cui vive può legittimamente aspettarsi di trovarvi, oltre a tutti gli affetti attuali, anche quelli futuri. Magari con gli umani e, perciò, emozionanti alti e bassi ma rimanendo sinceramente sorridente anche se pronta a incazzarsi. È il nostro migliore augurio a questa “italiana dentro”.