lunedì, Marzo 17, 2025

Mannaggia a quella cavolo di verza! Adesso la riempio io. Di bontà

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(Articolo di Federica Zanini da Vicenza Più n. 295sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).

Che cavolo vi propongo questo mese? Il cavolo, giusto. Si, proprio lui, che è di stagione e fa tanto bene. Meglio ancora sua cugina la verza, che ormai -come consigliavano i nostri vecchi- ha preso la prima gelata, pare indispensabile a garantirne dolcezza e tenerezza.
Anche solo per un fatto estetico, in inverno non riesco a resistere alla tentazione di acquistare la verza, magari di quella varietà violetta (agli intenditori, consiglio la Moretta di Veronella) che ultimamente si affaccia sempre più sui banchi del mercato e sembra arrossire timidamente perché la sto guardando con ammirazione, meraviglia e bramosia…
E infatti, almeno in questo caso, parte dall’occhio la mia spesa. Allo stomaco ci penserò. C’è tempo: prima quel grande bozzolo solo apparentemente tenace deve impreziosire il mio cesto in cucina, formare una composizione vegetale che -con patate, cipolle, porri, zucca, carote e carciofi- almeno per un paio di giorni trasformi la mia madia antica in una natura tutt’altro che morta, dalle presuntuose ispirazioni alle opere di Arcimboldo.
Prendo la mia verza, le allargo delicatamente le foglie esterne costringendola a vincere la sua timidezza e prepararsi all’abbraccio degli altri ortaggi. La spruzzo leggermente di acqua per inumidirla, la contemplo, posso persino arrivare a dirle due parole di benvenuto e poi… me la dimentico vergognosamente!

Verze
Verze

Giorno dopo giorno, l’arricciatura delle prime foglie ingiallisce e si secca. Sembra implorarmi, ma io “Sì, ok, domani ti salvo e ti cucino”. Domani e dopodomani. E poi domani ancora. Il senso di colpa monta e alla fine cedo, quasi chiedendo scusa. Sì ok, ma ora come mi faccio perdonare?
Non posso semplicemente lessarla o stufarla in padella. Merita una fine, ops una resurrezione degna del suo sacrificio e della sua pazienza. Apro il frigo in cerca di ispirazione. C’è solo quella ciotola di anonimo riso bianco bollito, avanzato ieri sera. Operazione ciuc(c)a matta!
Precedenza alla nostra trascurata: prendo la verza, elimino senza pietà le foglie esterne che ancora mi guardano male e allargo piano piano quelle degli strati successivi, fino ad
arrivare al cuore, che taglio via con cura e metto da parte. Sotto il getto d’acqua non troppo violento e facendo attenzione a non compromettere la struttura concentrica che natura le ha donato, sciacquo per bene la verza, quindi la ripongo a testa in giù in una pentola adatta alla cottura a vapore. Solo pochi minuti, giusto per intenerire le foglie e poterle lavorare.
Intanto in una padella soffriggo con olio evo una bella cipolla bianca tagliata a brunoise, e non lesino nemmeno i getti verdi che cominciavano a germogliare. Aggiungo il cuore della verza a crudo, tagliato a striscioline sottili, e pomodorini a fettine e faccio sfumare il tutto con un goccio di vino bianco. Verso il riso avanzato, condisco con abbondante grana grattugiato, sale, pepe, aglio in polvere e mescolo bene, completo con mini-cubetti di formaggio tipo latteria e con le mie irrinunciabili briciole di cipolle crisp (prima o poi vi convincerete a comprarle!). Potete rinunciare a quel po’ di salsiccia che ho usato io ma, una volta rosolato bene il tutto, non alle uova (e quel giusto di farina) necessarie a legare l’impasto.

Verze
Verze

A questo punto ho disposto la mia vittima in una teglia adatta a contenerla (nel senso proprio che non trasbordi) e rivestita di carta forno e, con le mani inumidite, ho formato una bella palla di ripieno, della quantità necessaria a ricostruire il cuore asportato (cielo, sono proprio una persona orribile!). Con garbo, quasi a farmi perdonare, ho richiuso sulla sfera il primo giro di foglie, quindi ho applicato un nuovo strato di riso, premendolo senza esagerare contro la sfera centrale. E così via, strato dopo strato. E rieccola la mia verza, scampata a morte vana, ancora più bella di prima e sicuramente più gustosa.
Qualche puff di olio sulla superficie e la affido alla friggitrice ad aria, 150° per 30 minuti. Controllando sempre che faccia la crosticina ma non bruci (all’inferno).

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