(Articolo su Giuseppe Apolloni da Vicenza Più Viva n. 295, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Tra successi e difficoltà, il compositore brillò con L’Ebreo, applaudito venti volte alla prima. Nervoso dietro le quinte, trovò il coraggio di uscire solo dopo un’ovazione.
Giuseppe Apolloni, nato a Vicenza nel 1822, è una figura musicale di spicco del XIX secolo, nonostante il suo nome sia spesso meno conosciuto rispetto a quello di altri compositori dell’epoca. La sua carriera, tuttavia, è ricca di successi nel panorama operistico e orchestrale, con opere che testimoniano un talento compositivo raffinato e una sensibilità drammatica degna di nota.
Gli esordi di un talento vicentino
Figlio di una famiglia borghese, Apolloni mostrò sin da giovane un interesse per la musica. Studiò con maestri locali prima di trasferirsi in città italiane di maggiore rilievo per affinare la sua formazione.
La sua passione per l’opera lirica si manifestò presto, portandolo a comporre lavori che avrebbero trovato spazio nei teatri italiani e oltre.
Dopo la sua partecipazione ai moti politici del 1848 Apolloni fu costretto a lasciare Vicenza e a trasferirsi a Firenze, dove continuò i suoi studi musicali. Questo esilio forzato influenzò profondamente la sua vita e la sua carriera, ma gli permise anche di entrare in contatto con ambienti musicali fiorentini che arricchirono la sua formazione.
Carriera e riconoscimenti
Apolloni si affermò come compositore e direttore d’orchestra, dividendo la sua carriera tra l’Italia e l’estero. Sebbene non abbia raggiunto la notorietà di altri grandi nomi come Verdi o Donizetti, fu rispettato e ammirato dai contemporanei per la sua maestria tecnica e la capacità di creare melodie avvincenti.
Uno dei suoi primi successi fu l’opera L’Ebreo, presentata per la prima volta nel 1855 a Ferrara. L’opera riscosse un buon successo di pubblico e critica, tanto da essere rappresentata in diverse città italiane e a Parigi. L’Ebreo si distingue per una scrittura musicale intensa e un libretto drammatico che affronta temi universali come l’amore e il sacrificio. In quest’opera si nota l’influenza di compositori come Verdi, ma Apolloni, pur lontano dalla sua potenza musicale, riesce a mantenere una sua originalità che lo caratterizza.

Gli aneddoti su L’Ebreo
Un aneddoto affascinante su Giuseppe Apolloni riguarda la prima rappresentazione della sua opera L’Ebreo, avvenuta al Teatro La Fenice di Venezia il 25 gennaio 1855. Si narra che il compositore, visibilmente nervoso per il debutto, decise di non prendere posto in sala, come di consueto avveniva per i compositori, ma preferì restare nascosto dietro le quinte.
Apolloni, con il cuore in gola, ascoltava con attenzione ogni nota, cercando di cogliere le reazioni del pubblico dai rumori che filtravano dalla platea. Ogni applauso, ogni risata o silenzio veniva interpretato come un segno del gradimento o del possibile fallimento. Quando arrivò l’aria principale dell’opera, eseguita dal celebre soprano Marianna Barbieri Nini, Apolloni trattenne il fiato. Al termine dell’aria, il teatro esplose in un’ovazione tale che richiese il bis immediato.
Solo allora, incoraggiato da questo clamoroso successo, il compositore trovò il coraggio di uscire dalla sua postazione nascosta. Fu accolto con un entusiasmo travolgente, chiamato alla ribalta ben venti volte dal pubblico in estasi, un riconoscimento che pochi compositori dell’epoca potevano vantare.
Questo episodio segna uno dei momenti più felici e memorabili della sua carriera, dimostrando quanto fosse importante per lui il giudizio del pubblico e quanto la sua musica sapesse toccare il cuore degli ascoltatori.
Un altro aneddoto curioso riguarda sempre una rappresentazione de L’Ebreo a Parigi. Si narra che durante le prove, un cantante insistesse per modificare alcune parti vocali ritenute troppo impegnative.
Apolloni, noto per il suo carattere gentile ma fermo, rispose con diplomazia, dicendo: «Se è troppo difficile, vorrà dire che la prossima volta la scriverò per me stesso!».
Questo episodio dimostra non solo il suo senso dell’umorismo, ma anche la fiducia nelle sue capacità.
Tuttavia, il successo de L’Ebreo”, considerata da alcuni contemporanei all’altezza delle opere verdiane, sebbene oggi sia ritenuta più vicina a uno stile di impatto teatrale che di profondità musicale, non si ripeté con le sue opere successive. Ad esempio, Pietro d’Abano, rappresentata alla Fenice l’8 marzo 1856, non riuscì a suscitare lo stesso entusiasmo nel pubblico, lasciando Apolloni deluso.
Un’eredità musicale poco valorizzata
Nonostante i suoi meriti, Giuseppe Apolloni rimase spesso all’ombra di compositori più celebri. Dopo la sua morte nel 1889, molte delle sue opere caddero nell’oblio, e il suo nome non trovò spazio nei grandi repertori del XX secolo.
Tuttavia, negli ultimi anni, si è registrato un rinnovato interesse per la sua produzione, con alcune rappresentazioni delle sue opere e l’analisi dei suoi spartiti da parte di studiosi e musicologi.
La sua vicenda umana e artistica è un tassello significativo della storia musicale vicentina e italiana, capace di ispirare ancora oggi chi si avvicina alla composizione o alla direzione d’orchestra. Ricordarlo non significa solo omaggiare un artista, ma anche riaffermare l’importanza di riscoprire voci che il tempo ha, forse troppo ingiustamente, relegato ai margini.