(Articolo sulle 4 De.Co. della Valle dell’Agno da Vicenza Più Viva n. 295, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Alla scoperta dei prodotti a Denominazione Comunale nel segno della tradizione da Recoaro a Trissino, in attesa della nuova legge regionale.
Sono tutte estive o primaverili, alcune rosse, alcune bianche, altre verdi; due di loro hanno anche un re (gnocco). Sono le regine De.Co. della Valle dell’Agno: selvatiche, naturali e spontanee. La corniola di Cornedo Vicentino, la fioretta di Recoaro Terme, la maresina di Valdagno e la patata del monte Faldo (sovracomunale), rappresentano in pieno i sapori e le tradizioni gastronomiche della vallata a nord ovest di Vicenza.
Il comune denominatore che le unisce è l’essere state riconosciute ufficialmente dalle amministrazioni pubbliche del loro territorio secondo lo spirito e i principi del fondatore delle Denominazioni Comunali Luigi Veronelli, il visionario gastronomo che intendeva legare un prodotto alla sua terra cercando di promuovere e valorizzare la sua tipicità. In moltissimi casi, l’idea si è rivelata vincente.
La corniola di Cornedo Vicentino, una bacca selvatica diventata gourmet.
Sfatare il tabù di un frutto tacciato di essere aspro e allappante trasformandolo in un prodotto buonissimo e di alta qualità!
È la scommessa, ormai vinta, fatta dalla decennale Confraternita della corniola cornedese De.Co. che è riuscita a rilanciare l’antica e quasi dimenticata bacca rossa che dà il nome a Cornedo, dando vita a produzioni d’eccellenza, soprattutto dolci ma anche salate.
Si va dalla confettura (per la colazione ma anche per torte e crostate) alla mostarda (ideale se accompagnata ai formaggi o ai bolliti di carne e pesce), dallo sciroppo concentrato (ottimo anche per stuzzicanti aperitivi) alla purea (adatta a cuochi e pasticceri), ma anche la birra, il gelato, i ghiaccioli e pure in salamoia a mò di olivetta.
Insomma, un prodotto multitasking che lo chef Amedeo Sandri non ha esitato ad utilizzare creando un menù completo, dall’antipasto al dolce chiudendo con la tradizionale grappa aromatizzata o il distillato. Molti fanno l’errore di vederla rossa sulla pianta e di mangiarla ma, in realtà, quelle commestibili devono essere scure, di colore amaranto e che cadono con un lieve tocco del ramo.
Da vituperata e dimenticata la corniola sta conoscendo, nella sua terra ma anche a livello provinciale e regionale, una nuova gloria che viene celebrata ogni anno con la tradizionale festa giunta alla settima edizione, contando due anni persi causa pandemia. Si tiene solitamente a fine agosto perché il frutto cresce nei mesi estivi, tra la fine di giugno e i primi di settembre dalla pianta del corniolo presente, secondo un recente censimento, in almeno mille esemplari sui due versanti collinari che sovrastano Cornedo, facilmente identificabile a marzo grazie a vistosi fiori gialli o durante la passeggiata sui sentieri collinari che viene organizzata in concomitanza con la festa. La corniola ha anche molte proprietà salutistiche, merito di un alto contenuto in vitamina C; essendo ricca di caroteni, pectine e tannini, è particolarmente consigliata ai diabetici per contrastare l’iperglicemia e per la cura della cardiologia come protezione del sistema cardiovascolare in ambito pediatrico.

Gnocchi con la fioretta di Recoaro Terme, la tradizione che attira i turisti
Alzi la mano chi non è mai andato a Recoaro Terme per mangiare un buon piatto di “gnochi coa fioreta”, in qualsiasi stagione dell’anno e come principale pretesto per poi visitare la Conca di Smeraldo delle Piccole Dolomiti.
Turisticamente parlando, è indubbiamente uno dei punti di forza anche a livello nazionale, il piatto per eccellenza che unisce la regina fioretta (in sostanza la ricotta liquida, prodotto della prima lavorazione del latte che si ricava per affioramento, da qui il nome) al re gnocco, solitamente presentato con la classica ricetta con burro, salvia e una grattugiata finale di ricotta affumicata, o con alcune varianti a seconda delle proposte dei vari cuochi.
Nel 2007 è stata ufficialmente riconosciuta dal comune come prodotto De.Co. ed è stato adottato un preciso disciplinare per la realizzazione del piatto tipico, profondamente legato al suo territorio.
Numerosi ristoranti e alberghi lo hanno condiviso e questa adesione è testimoniata da una apposita targa che garantisce il cliente sulla qualità degli ingredienti e sulla correttezza della lavorazione.
Anche a Recoaro è attiva la “Venerabile Confraternita” che organizza tra la fine di agosto e l’inizio di settembre la propria festa capace di attirare migliaia di persone, celebrando storia e tradizioni locali portate avanti da secoli con protagonisti i malgari ancora presenti sulle montagne delle Piccole Dolomiti.
Un esempio virtuoso di collaborazione tra amministrazione pubblica e associazioni in nome del nuovo concetto di turismo agroalimentare come opportunità per dare al turismo una nuova linfa nel solco della promozione del territorio attraverso il cibo.
La maresina di Valdagno, un’erba spontanea dal gusto speciale.
Ha un sapore unico e molto particolare, è leggermente amarognola ma (proprio per questo) è molto apprezzata e utilizzata in tutta la vallata, mangiata soprattutto con la tradizionale “frìtola coa maresina”, una frittella salata in uso da sempre. E’ un’erba selvatica, il cui nome originale è “Panaceto Partenio”, i suoi fiori sono molti simili a quelli della camomilla e cresce
spontaneamente in siti esposti al sole, nei contesti rigogliosi delle Piccole Dolomiti ma anche in campagna, lungo le strade o nei giardini; ultimamente viene molto usata in cucina e può vantare anche proprietà farmacologiche e mediche importanti.
Fiore all’occhiello del Comune (che l’ha riconosciuta ufficialmente come De.Co. nel 2011), della pro loco locale e della Confraternita (sorta più di dieci anni fa) viene festeggiata in primavera, a metà aprile, con eventi che mirano a valorizzare il prodotto che fa parte della cultura locale fatta di tradizioni, usanze e sapori che possono incentivare il cosiddetto turismo di prossimità.
Questa pianta aromatica tipica della vallata dell’Agno con l’andare del tempo ha dato vita a ricette, piatti e prodotti sempre più raffinati e ricercati: la troviamo nei cioccolatini, nei grissini, crostini, focacce; nei formaggi, come marmellata e perfino come gelato, per non parlare ovviamente di liquori e grappe.
In erboristeria la proprietà più nota è quella purificante e lenitiva per cui compare spesso come ingrediente nei colluttori ma è utilizzata anche nella preparazione di infusi utili per lenire infiammazioni cutanee. In campo medico le applicazioni della maresina sono piuttosto recenti e sfruttano le proprietà benefiche per malattie invalidanti come alcuni tipi di eritemi e l’artrite reumatoide, grazie ad un suo componente, il “partenolide”, dalla potente azione antinfiammatoria.

La patata del Monte Faldo, un prodotto che unisce cinque Comuni.
È l’unica De.Co. del territorio capace di fregiarsi della denominazione sovra comunale riuscendo a collegare le valli dell’Agno e del Chiampo attraverso la dorsale lessinea del monte Faldo che si trova sul fronte sinistro verso nord.
Si parte da Trissino, con epicentro la località di Selva, per poi proseguire nel territorio di Brogliano (in particolare la frazione di Quargnenta), poi in quel di Cornedo fino a toccare l’alta Valchiampo nel Comune di Nogarole e concludere il percorso nelle colline di Valdagno.
Si possono trovare le Bintjie, la Desirèe, le Kennebec e la Kurova, la Monalisa e pure Vivaldi, tutte varietà in grado di rispondere alle diverse esigenze di ricette e piatti che gli chef locali propongono, a partire ovviamente da sua maestà lo gnocco, celebrato con la festa che solitamente si svolge ad inizio settembre a Selva di Trissino e che lo propone con una varietà di condimenti che possono superare anche dieci versioni diverse.
Favorita da un territorio sito a circa 800 metri d’altitudine di origine vulcanica (quindi molto mineralizzato), la patata del monte Faldo cresce in un clima reso fresco dalle correnti che discendono dalle Piccole Dolomiti, con adeguata piovosità estiva.
La produzione può raggiungere anche i 1.500/2.000 quintali l’anno e vanta una tradizione ultracentenaria visto che è stata documentata fin dai primi dell’Ottocento e ancora oggi è affidata ad aziende a carattere familiare, che praticano un’attività di tipo popolare, con concimazioni naturali e ricorso alla rotazione delle colture per ottenere sempre il meglio dal terreno. Le patate vengono vendute in pezzatura comprese tra i 4,5 e i 15 cm in sacchi che riportano l’etichetta con il logo della Denominazione Comunale.
