lunedì, Settembre 15, 2025

Produzione di castagne in Italia: dati e previsioni

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Le castagne non sono soltanto il profumo dell’autunno: per l’Italia rappresentano cibo-energia senza glutine, un presidio economico delle aree montane e una filiera che intreccia agricoltura, forestazione, turismo locale e trasformazione agroalimentare.

Dal punto di vista nutrizionale spiccano per carboidrati complessi, fibre e minerali come il potassio, con un apporto di circa 165 kcal per 100 g e una composizione che le rende un sostituto “naturale” dei cereali in molti piatti tradizionali. Anche i marroni, frutti selezionati di qualità superiore, hanno una forte identità commerciale. Questi elementi spiegano perché il castagno continui a contare nella dieta e nell’economia rurale italiana.

Perché le castagne contano

Sul piano alimentare le castagne offrono carboidrati a basso contenuto di grassi, fibre utili al benessere intestinale e micronutrienti preziosi. Sono naturalmente senza glutine, qualità che amplia la platea dei consumatori. In cucina si traducono in farina, creme, dolci e preparazioni salate, sostenendo un indotto artigianale diffuso. A scaffale, la distinzione tra castagne e marroni incide su prezzo e utilizzo: i marroni, spesso IGP o DOP, valgono di più grazie a pezzatura e pelabilità della pellicina interna. Tutto ciò alimenta una domanda stabile, specie nei mesi autunnali.

C’è poi un valore economico-territoriale: sagre, agriturismi e percorsi nei castagneti attraggono visitatori, mentre il comparto italiano resta paradossalmente forte importatore per soddisfare il fabbisogno nei picchi stagionali, pur difendendo nicchie di export di valore. Nel 2023 l’Italia è stata indicata come primo importatore mondiale e, per l’export, seconda al mondo per valore dopo la Cina, segno di un posizionamento premium del prodotto nazionale.

Produzione in Italia e confronto internazionale

L’andamento recente è altalenante ma leggibile. Le stime raccolte sul mercato indicano circa 46.400 tonnellate nel 2021, seguite da circa 57.000 tonnellate nel 2022 su oltre 36.000 ettari; per il 2023 varie analisi convergono su intorno a 55.000 tonnellate, in un contesto produttivo comunque sensibile al meteo. La leadership regionale spetta alla Campania, seguita da Piemonte, Calabria, Toscana e Lazio; insieme coprono gran parte delle superfici e dei volumi nazionali.

Nel 2024 il quadro è risultato a macchia di leopardo: in Toscana la produzione stimata è salita di circa +20% sul 2023, mentre in Puglia si sono registrati crolli fino al -90% per combinazione di siccità, umidità in fioritura e patologie fogliari. Segnali utili per comprendere la variabilità climatica che caratterizza il comparto.

Sul fronte mondiale, la produzione ha raggiunto circa 2,1 milioni di tonnellate nel 2022. La Cina domina con circa il 73% del totale, davanti a Spagna e a un gruppo che comprende Bolivia e Turchia; l’Italia pesa per circa il 2,7%, ma detiene quote di mercato elevate nei segmenti di qualità. In Europa i volumi complessivi si aggirano su ~220.000 tonnellate, con Italia tra i primi player insieme a Spagna, Turchia, Grecia e Portogallo.

Da cosa dipende un buon raccolto in Italia

La produttività del castagno italiano è il risultato di un equilibrio delicato tra clima, sanità del bosco-frutteto e gestione agronomica.

  • Clima: la fioritura avviene tra fine giugno e metà luglio. Servono piogge ben distribuite, assenza di gelate tardive e estate non eccessivamente siccitosa per assicurare allegagione e riempimento dei frutti. Periodi prolungati di siccità o eventi estremi possono svuotare i ricci o ridurre nettamente le rese.

  • Fitopatie e parassiti: il cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus) ha provocato il minimo storico di produzione nel 2014. La lotta biologica con il parassitoide Torymus sinensis ha consentito un recupero, ma il monitoraggio resta indispensabile.

  • Età e struttura degli impianti: molti castagneti da frutto sono storici. Rinnovo, potature funzionali e gestione della chioma migliorano efficienza e sanità; in areali aridi l’irrigazione di soccorso fa la differenza, specie nei giovani impianti.

  • Scelta varietale: l’inserimento mirato di ibridi euro-giapponesi tolleranti e precoci, accanto alle cultivar tradizionali di pregio, può stabilizzare rese e calendario di raccolta, senza perdere identità territoriale.

In sintesi, gestione agronomica moderna + resilienza climatica sono la chiave per consolidare i progressi degli ultimi cicli produttivi.

Prospettive e previsioni

Le prospettive per l’Italia nei prossimi anni sono moderatamente positive ma condizionate dal clima. Alcuni modelli previsionali sul comparto segnalano la possibilità di una crescita graduale dei volumi a fronte di investimenti in rinnovo degli impianti, controllo biologico stabile del cinipide e una maggiore disponibilità di acqua irrigua nelle aree vocate. All’opposto, scenari di estati più calde e irregolari potrebbero riportare volatilità marcata da regione a regione.

Per orientarsi, vale la pena tenere a fuoco alcuni punti operativi:

  • Riallineare gli impianti: dove possibile, favorire sesti e forme di allevamento che facilitino potatura e difesa, senza snaturare i castagneti storici di pregio.

  • Acqua e suolo: adottare irrigazione di soccorso e pratiche di conservazione dell’umidità del suolo, soprattutto nei giovani impianti e nei versanti più esposti.

  • Biodiversità produttiva: combinare varietà tradizionali tipiche con ibridi per distribuire i rischi produttivi e allungare la finestra di raccolta.

  • Mercato e valore: puntare su IGP/DOP e trasformati di qualità, sfruttando il posizionamento premium dell’offerta italiana e l’interesse estero per i prodotti a indicazione geografica.

Guardando al 2025-2028, la traiettoria più probabile è quella di volumi stabili o in lieve crescita laddove si integrano innovazione colturale, gestione fitosanitaria e investimenti idrici. Se queste condizioni si consolidano, l’Italia potrà ridurre la dipendenza da import nei picchi stagionali e difendere un export di valore fondato su qualità, origine e trasformazioni ad alto contenuto artigianale.

Nota metodologica: i dati più recenti disponibili convergono su ordini di grandezza 2021-2023 pari a 46-57-~55 mila tonnellate in Italia, con forti differenze regionali nel 2024. A livello globale, FAOSTAT indica circa 2,1 milioni di tonnellate nel 2022, con la Cina al 73%

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