Storie Vicentine ci spiega le antiche incisioni su pilastri di Palazzo Zanovello a Montecchio Maggiore.
Modalità di ritrovamento e descrizione dei pilastri
Il 16 giugno 2019, percorrendo il breve tratto di strada privata che in contra’ Valle di Montecchio Maggiore conduce al cortile del settecentesco palazzo Zanovello, la mia attenzione fu attratta da alcuni segni incisi sui pilastri in pietra posti in corrispondenza dell’accesso carraio. I due elementi lapidei, di probabile estrazione locale, risultano entrambi composti da una base, da un fusto a sezione trapezoidale e da un capitello sommitale.
Sulla faccia laterale di ciascun fusto è presente una risega che in origine alloggiava i cardini e i montanti del portone antico. Il fusto del pilastro destro, strutturalmente solidale con le grosse pietre angolari della casa confinante, è monolitico e le sue superfici si presentano ben conservate, accuratamente rifinite con martellina, salvo la parte inferiore che risulta molto deteriorata per l’umidità di risalita e lacunosa probabilmente a causa del secolare transito veicolare.
Il fusto del pilastro sinistro, trattenuto da una lunga staffa in ferro ancorata all’adiacente muro d’appoggio, risulta spezzato
in corrispondenza della parte mediana e i quattro frammenti sono rinsaldati tra loro mediante due grappe metalliche. Sulla parte mediana e superiore della faccia frontale appaiono tracce di intonaco bianco, probabilmente grassello di calce, in gran parte
scomparso per la prolungata esposizione agli agenti atmosferici. I due capitelli presentano un identico profilo delle modanature che risultano ben conservate in quello destro, molto logorate e lacunose in quello sinistro. Le basi dei due pilastri, molto deteriorate e in massima parte interrate al si sotto dell’attuale piano stradale, presentano una sezione orizzontale che in origine doveva essere poligonale, successivamente adattata a quella dei fusti soprastanti per necessità funzionali mediante una grossolana asportazione del loro volume originario.
Descrizione delle incisioni
La maggior parte delle incisioni attualmente visibili è costituita da almeno un centinaio di numerose piccole coppelle e puntuazioni, con diametro e profondità variabili da qualche millimetro a qualche centimetro. Generalmente tali elementi sono disposti in ordine sparso su entrambi i pilastri, senza un apparente criterio posizionale, con una prevalenza numerica e tipologica su quello di destra. In alcuni casi, tuttavia, tutti riscontrabili sul pilastro destro, le incisioni a coppella appaiono invece organizzate e strutturalmente ben caratterizzate. In particolare, alcune di esse concorrono a formare due distinte figure circolari, con diametro di circa 8 cm, contornate da sottili solchi tracciati in andamento. Da una coppella centrale
si dipartono a raggiera alcuni brevi tratti filiformi orientati, in modo approssimativo, verso le coppelle periferiche. Nel loro insieme, le due composizioni appaiono come due ruote o dischi raggiati internamente (dischi/ruote solari?). Una grossa coppella, del diametro di 5 cm e profonda 1 cm, con bordi molto irregolari e usurati, contiene a sua volta altre piccole coppelle, disposte internamente in ordine sparso, di cui una, più profonda e di diametro maggiore, è posizionata al centro. Quattro coppelle, allineate con andamento verticale per un tratto di circa 9 cm, sono associate ad altre quattordici più piccole che formano un compatto graticolato quadrangolare.
All’interno di una cavità sub-rettangolare, di circa 9×2,5 cm, con bordi irregolari e usurati, sono rilevabili dieci piccole coppelle di diverso diametro disposte orizzontalmente. Due coppelle perfettamente cilindriche, con diametro di circa 2 cm, sono contornate, l’una da quattro puntuazioni disposte in corrispondenza del bordo sinistro, l’altra da alcuni brevi tratti disposti radialmente (figurazioni cosmologiche?). In una coppella, con diametro di circa 2 cm, è inserito un materiale di colore grigio, parzialmente sporgente dal piano lapideo. Su entrambi i pilastri si osservano numerose incisioni lineari filiformi tracciate a graffio semplice o, più spesso, a graffio ripetuto (tecnica à polissoir), con lunghezze da qualche centimetro a circa 10-30 cm, variamente orientate e combinate fra loro. In particolare, alcune di esse formano una figurazione costituita da tre archetti connessi ad un tratto lineare verticale: l’insieme sembra rappresentare un albero stilizzato.
Su entrambi i pilastri appaiono altre due figurazioni sicuramente alberiformi.
Nella parte mediana della faccia frontale del pilastro sinistro è visibile un piccolo albero alto circa 2 cm, costituito dal tronco, realizzato tramite una marcata incisione a V, da una piccola base convessa e da alcuni rami leggermente arcuati che si dipartono simmetricamente dal tronco medesimo: tre verso destra e due verso sinistra; una labile traccia sul supporto lapideo suggerisce la probabile esistenza originaria di un terzo ramo anche sul lato sinistro. Sulla figurazione descritta si osservano alcune graffiature verticali ed orizzontali, verosimilmente tracciate in segno di spregio o con intendimento esorcizzante. Nella parte superiore della faccia frontale del pilastro destro si osserva una seconda figurazione arborea, alta 59 cm, tracciata a graffio semplice: un lungo segno verticale, leggermente obliquo, costituisce il tronco dal quale si dipartono, verso l’alto una chioma formata da numerosi rami e, verso il basso, alcune lunghe radici divergenti tra loro.
Nella parte mediana della risega del pilastro destro è riconoscibile una labile incisione, alta circa 4 cm, costituita da un segno ricurvo aperto superiormente, associato ad un breve tratto verticale, a sua volta rinforzato alla base da una piccola coppella (figura stilizzata di orante?). Su entrambi i pilastri appaiono anche alcune lettere alfabetiche. Sulla faccia frontale del pilastro sinistro, in corrispondenza della zona mediana, sono leggibili: una lettera maiuscola P (h = 9,5 cm), associata ad una probabile X maiuscola, mancante del tratto inferiore destro (abbozzo di monogramma del Cristo Chi-Rho?); un segno arcuato simile alla lettera maiuscola C (h = 7 cm), marcato con preciso solco a V (sigma lunato?); quattro piccole lettere (2,5×1,5 cm), in carattere corsivo: Lazz o Sazz, e altre di lettura incerta, probabilmente tracciate in epoca recente. Sul pilastro destro sono inoltre visibili due lettere maiuscole A, con traversa orizzontale a gomito: una è associata alla figura arborea sopradescritta, all’interno delle radici; l’altra è grossolanamente incisa sullo spigolo smussato del pilastro (Lettera Alfa, simbolo cristologico di dottrina antiariana?).
Sul pilastro destro – e, dettaglio significativo, solo su quello – si osservano una ventina di croci del tipo latina-immissa, con dimensioni da 2 a 25 cm, per lo più incise in modo approssimativo a graffio semplice o a graffio ripetuto. Alcune di esse si caratterizzano per l’accenno della base o per il potenziamento delle estremità mediante coppelle; in un caso le traverse risultano ricrociate.
Sul pilastro destro si osservano inoltre tre croci, rispettivamente di 9-7-6 cm, eseguite da esperta mano di lapicida, con preciso taglio a V, ben delineate e proporzionate. Una di esse presenta gli aspetti formali della cosiddetta Croce del Golgota: base piramidale a tre gradini, monticello stilizzato, croce del tipo latina-immissa, con tre raggi divergenti in ciascuno dei quadranti. Una quarta croce, alta 9 cm, è stata scolpita incidendo profondamente la pietra in corrispondenza dello spigolo smussato del pilastro. Una quinta croce (3×3 cm), a forma di Tau capovolta, grossolanamente incisa, presenta le estremità
potenziate mediante coppelle.
Osservazioni conclusive
Le incoerenze strutturali e funzionali dei pilastri descritti e, soprattutto, il complesso sistema di incisioni rilevate, indicano che l’attuale collocazione di detti pilastri nell’area di un settecentesco edificio civile, per una utilizzazione del tutto marginale, non possa corrispondere alla loro sede originaria. Si tratta pertanto di elementi di spoglio edilizio, recuperati da altro sito, sommariamente ricomposti per realizzare i piedritti dell’accesso carraio di palazzo Zanovello, verosimilmente al momento della sua costruzione (1770) o in altra occasione non meglio precisabile.
A mio modesto parere, l’insieme dei segni tracciati sui pilastri descritti rappresenta una netta contrapposizione ideologica di carattere religioso da parte di un cristianesimo, ormai dominante, nei confronti di espressioni iconografiche connesse a culti non ortodossi, forse paganeggianti, ancora praticati in ambito rurale e periferico.
Se l’interpretazione è corretta, le incisioni di palazzo Zanovello rappresenterebbero una pratica di cristianizzazione, connessa al recupero e riconversione di un antico edificio di culto (esaugurazione), attuata mediante l’apposizione sui pilastri descritti di segni cruciformi e di simbologie cristologiche, al fine di esorcizzare pregresse espressioni
cultuali costituite dal complesso di coppelle, puntuazioni, lineazioni, dischi raggiati/coppellati e figurazioni alberiformi.
La croce su podio a tre gradini, la cosiddetta Croce del Golgota, iconografia di matrice culturale greco-orientale, ovvero bizantina1, incisione eseguita a regola d’arte, probabilmente commissionata ad un lapicida con preciso intento didascalico, permetterebbe di individuare i probabili attori della prassi esaugurale sopradescritta. Nel 698, il re cattolico longobardo Cuniperto convoca a Pavia, in accordo col papa di origine siriaca Sergio I, il sinodo a seguito del quale si ebbe la formale conversione del popolo longobardo, con la ricomposizione dello scisma ariano e l’abbandono delle persistenti credenze e ritualità di matrice pagana, comprese anche quelle della popolazione autoctona romanica, il cui livello culturale e religioso era gravemente decaduto a seguito del lungo periodo di separazione dalla chiesa di Roma (autocefalia tricapitolina aquileiese).
Pertanto, l’insieme dei segni cristologici impressi sui pilastri di palazzo Zanovello potrebbe costituire una traccia dell’opera di quegli “oscuri missionari di origine orientale”, di lingua e cultura greca, inviati dai papi di Roma tra i Longobardi della Langobardia Major, per ricondurli ai canoni del cattolicesimo romano, citati da Giovanni Mantese in Memorie storiche della chiesa vicentina, vol. I, Dalle origini al Mille, 1952 e da Attilio Previtali in Longobardi a Vicenza, 1983. Per quanto riguarda l’edificio di culto originario e la zona da cui i pilastri descritti sarebbero stati recuperati, è verosimile ipotizzare che possa trattarsi della Pieve di Santa Maria, chiesa matrice delle valli dell’Agno-Guà e del Chiampo, il cui nucleo originario risale a prima del X secolo, inserita nell’area archeologica ospedaliera di San Vitale, distante poche centinaia di metri da palazzo Zanovello, nella quale è stata messa in luce nel 1990 una necropoli longobarda di “pieno VII secolo”2, in un contesto di strutture rurali di epoca romana, cronologicamente riferibili al I-IV secolo3.
Di Gianni Peltrin da Storie Vicentine n. 15-2023.
Note:
1. Vedi: Monetazione imperiale bizantina, da Tiberio II (VI sec.) a Basile II (X-XI sec.) e altri, in particolare le emissioni monetali di Eraclio (VII sec.); Mosaico della basilica ‘Hagia Eirene’ in Costantinopoli (Istanbul): Croce su gradini nella volta absidale (IX sec.); Salterio di Ludovico il Tedesco (IX secolo, ora a Berlino); Stauroteca di Limburg
(X sec.); Fiasca di cristallo di rocca (X-XII sec.) e, in generale, iconografia connessa al rito della ‘Esaltazione della Croce’ nelle Icone greco-ortodosse.
2. E. Possenti, in M. Rigoni e A. Bruttomesso, Materiali di età longobarda nel Museo “G. Zannato” di Montecchio Maggiore. La necropoli dell’Ospedale di Montecchio Maggiore, Nuova Grafica Fiorentina, Firenze, 2011, pp. 17-45.
3. M. Rigoni e A. Bruttomesso, opera citata , pp. 13-16. Figura 4 – Pilastro destro: Croce del Golgota (6,5×7,5 cm).