Il vicentino illustre di oggi viene da tempi molto lontani: parliamo di Quinto Remmio Palemone, liberto, grammatico e maestro del famoso Marco Fabio Quintiliano e dell’autore di satire Aulo Persio Flacco. Il letterato (probabilmente) nacque e visse buona parte della sua vita nell’antica Vicetia romana.
Palemone nacque a Vicenza nel I secolo d.C. in condizioni di schiavitù. Le poche notizie sulla sua vita, forniteci principalmente da Svetonio, raccontano di un servo fidato e dotato di grande intelletto. Iniziò come tessitore, ma ben presto gli fu affidato l’incarico di accompagnare a scuola il figlio della sua padrona. Sembra che proprio in questa circostanza il futuro grammatico scoprì la sua vocazione, alla quale poté dedicarsi a tempo pieno dopo la sua liberazione: si trasferì quindi a Roma, dove insegnò grammatica.
Qui si arricchì e divenne molto conosciuto. Svetonio e Plinio il Vecchio raccontano per esempio della sua vigna di 15 ettari nell’Ager Nomentanus. Questa sua posizione privilegiata, ancor di più date le sue umili origini, attirò l’invidia e la diffidenza di molti. I contemporanei lo descrivevano come un uomo dedito ai vizi e profondamente arrogante:
Scarse notizie invero […] ed insufficienti a porvi innanzi disegnato con giustezza l’intero corso della sua vita; nè però tali che non bastino a farvi vedere in Palemone un misto curiosissimo di ottimo ingegno e di ciarlatanesca iattanza; […] un uomo insomma che anche a suoi tempi, i quali videro ogni estremo del vizio e della virtù, si fece grandemente notare pel contrasto della rara eccellenza del suo intelletto colla sconcia turpidine della sua vita.
G. Zanella, Memoria letta nell’Accademia Olimpica di Vicenza
22 febbraio 1855
In effetti, Palemone è ricordato anche per i suoi giudizi spietati su alcuni colleghi grammatici, come Varrone, che arrivò a definire “maiale”. Quest’ultimo era infatti esponente di una scuola considerata ormai antica, in modo particolare dai grammatici come Palemone, che si ispiravano a idee più moderne.
Il vicentino fu autore di una Ars Grammatica. In questo suo lavoro teorizzò una divisione delle coniugazioni verbali latine in base alla vocale della seconda persona singolare dell’indicativo presente. Trattò anche di barbarismi, solecismi e di corretta dizione. L’opera, oggi in grandissima parte perduta, fu a lungo utilizzata dai maestri di scuola e presa come base per opere successive.