Che la pandemia abbia ristretto gli orizzonti quotidiani di ciascuno di noi e per molti mesi è un’affermazione più che ovvia. Ma come ha reagito il nostro immaginario, rimasto a lungo a digiuno di quelle piacevoli escursioni visive di cui era costellata l’esistenza precedente?
Qualcuno ha tentato di focalizzare lo sguardo sul volto interiore di persone, cose e ambienti che hanno continuato a circondarci malgrado le restrizioni. Attivando in diversi modi quella sensibilità di toccare il “noumeno”, ossia la realtà profonda e invisibile che sta alla base dell’espressione creativa capace di aprirsi alla dimensione spirituale.
Ecco allora che per diversi artisti, tra cui fra Giovan Battista Pesci, questo tempo di prova è diventato un’occasione per esplorare in modo ancora più intenso il paesaggio fuori porta. Abile ritrattista di volti del mondo, memore di grandi esperienze di viaggio nei paesi latinoamericani, negli ultimi anni si è dedicato con particolare impegno a cogliere “istantanee” attraversando con passione il territorio vicentino. Istantanee perché realizzate nel desiderio di “fermare” l’istante nel suo mutevole e sempre rapido transito.
Di certo non in modo fotografico, ma attraverso il vibrato interiore del ductus pittorico, capace di svelare il sentimento dell’artista, il suo continuo meravigliarsi di fronte allo spettacolo del mondo.
Dipingendo ad olio su tavole di vario formato, fra Giovan Battista ha trovato modo di immortalare tanti angoli panoramici della provincia, più o meno noti, soffermandosi sovente nei pressi del lago di Fimon e nei colli circostanti, col desiderio di raccontare il ciclo delle stagioni e il variare continuo delle ore, segnato da giochi imprevedibili di luce e ombra.
“Laudato sì, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento”, sembrano acclamare le opere di questo frate Servo di Maria, entusiasta della pittura “en plein air” e pronto ad armarsi di pennelli, della tavolozza e di un ombrello parasole nel tentativo di ghermire rapidamente l’attimo fuggente.
I versi del Cantico delle creature rimangono nella filigrana di tutta la produzione grafico-pittorica, assai feconda, del frate artista legato al convento di Monte Berico, dove sono custodite molte sue opere e dove periodicamente vengono esposte. Animate da un forte temperamento cromatico, queste “impressioni d’artista” diventano sentinelle di un sentimento religioso e civico da cui prende slancio il concetto di ecologia integrale, in grado di ricercare accordi e interazioni tra natura, cultura ed economia dell’uomo, nella prospettiva del suo dialogo ininterrotto con Dio.
Ritornando al tema della pandemia, la suggestiva serie dei paesaggi vicentini – concepita come lode quotidiana alla creazione – si ricollega idealmente ai versi di un caposaldo della tradizione biblica, ossia dell’antico cantico di Daniele, pronunciato in origine da tre giovani gettati dal re Nabucodònosor nella fornace ardente: “Benedite, monti e colline, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli. Benedite, creature tutte che germinate sulla terra, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli” (Dn 3, 75-76).
Le parole del cantico, intrise di gratitudine verso il Signore della vita, il cui riflesso si mostra attraverso la bellezza della natura, svelano la potenzialità dell’espressione umana di farsi ponte tra il cielo e la terra, di diventare il punto di congiunzione tra il visibile e l’invisibile.
Fra Giovan Battista Pesci nasce a Rovato, in Lombardia, nel 1952. Nella città natale frequenta la scuola di decorazione, ornato e figura “Francesco Ricchino”, sotto la guida dei maestri Marte Morselli e Silvio Meisso. Si perfeziona ai corsi di disegno presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e poi a Roma. Missionario per vent’anni in Bolivia, si appassiona alla cultura popolare andina e inizia a sviluppare una personale poetica visiva che pone al centro la figura umana inserita nel suo contesto sociale e ambientale. Nasce così uno straordinario ciclo di dipinti dedicato alle persone del luogo, ritratte spesso nei momenti conviviali e di comunità. Dopo il ritorno in Italia, nel convento di Monte Berico, pur continuando a dipingere i ritratti, la sua attenzione si concentra in particolare verso il paesaggio. Fondatore e membro attivo del “Cenacolo Artisti Monte Berico”, nel corso degli anni ha realizzato molteplici esposizioni personali e collettive, dando anche un suo contributo alla realizzazione di mostre di carattere storico-artistico ospitate nel santuario mariano.
Di Agata Keran da Storie Vicentine n. 3 Luglio-Agosto 2021